Un fattorino suona al campanello della villetta di un tranquillo villaggio tedesco. Risponde alla chiamata un anziano e mite signore, che ipotizza il pacco possa contenere del materiale pornografico per il fratello, in libertà vigilata a causa di una passata predilezione per i pacchi bomba. Di fronte al fattorino sbigottito, l'uomo si accomiata, solo per presentarsi l'attimo successivo, munito di occhiali da sole e denti finti, nei panni del suddetto fratello. Quando lo scherzo mostra ormai la corda, si schernisce: "mi scusi, ero sempre io, l'aveva capito?".
Inizia così, con uno sciocco e giocoso travestimento, "Vi presento Toni Erdmann", la commedia che ha illuminato l'ultimo Festival di Cannes e che, forte di cinque EFA e una nomination ai Golden Globes, si è guadagnato una candidatura come migliore film straniero agli Oscar. E in effetti, la pellicola è una lunga rincorsa di equivoci, inganni, maschere e travestimenti. Winifred, l'anziano uomo che apre alla porta, è un placido ed eccentrico insegnante privato di musica. Morto l'amato cane e ritiratosi l'ultimo studente, decide di partire alla volta di Bucarest per fare una sorpresa alla figlia Ines, ambiziosa consulente per aziende che vogliono delocalizzare e riorganizzare la propria forza lavoro. Attempato sognatore lui, glaciale tagliateste lei, i due non riescono a infrangere la barriera di imbarazzo e diffidenza che li separa. L'uomo però si rifiuta di rinunciare al legame con la figlia e, uscito di scena come Winifred, è pronto a ripresentarsi come Toni Erdmann: dentiera di plastica e improbabile parrucca sintetica, rientra nella routine della ragazza giocando all'occorrenza la parte di manager di successo, di life coach o persino di ambasciatore tedesco in Romania. La sua comparsa innesca una girandola di gag esilaranti e di situazioni sempre più irresistibilmente grottesche e paradossali.
Si ride molto in "Vi presento Toni Erdmann", ma è un riso amaro, a tratti crudele, frutto del disagio e della sofferenza, che scaturisce dalla costante tensione sottesa al rapporto tra i due protagonisti. Risolutamente votata a una professionalità che richiede più durezza di quanto (forse) è capace, Ines sembra aver abdicato al suo ruolo filiale e guarda con irritazione all'irriverente naïveté del genitore. Dal canto suo, Winifred, ambivalentemente in bilico tra affetto e risentimento, è costretto a constatare il suo fallimento di padre, che è anche un fallimento generazionale, e colma la figlia di attenzioni e cortesie impacciate, fuori luogo e dolentemente superflue.
L'ingresso in scena di Toni Erdmann rappresenta così il tentativo estremo di un padre di recuperare il rapporto con la propria figlia, di spezzare le consuetudini di una relazione asfittica e inaridita da troppi anni di rancorosi silenzi, di colmare una distanza emotiva prima ancora che geografica. Un tentativo fuori tempo massimo, dettato dalla disperazione e dall'incapacità di entrambi di affrontare le proprie emozioni, di trasgredire i ruoli e i rituali ai quali si sono consegnati ormai da tempo. In questo senso, "Vi presento Toni Erdmann" si rivela dunque un film di maschere, all'interno del quale la nudità del nackt-party finale è solo la maschera ultima che permette ai personaggi di scardinare la consuetudine del loro rapporto, di smentire le convenzioni sociali alle quali devono obbedire e, forse, di avere una più intima esperienza di se stessi e dell'altro.
Maren Ade, tra le voci più brillanti del cinema europeo contemporaneo, costruisce questo toccante percorso di scoperta appellandosi a una profondità di sguardo e a una finezza di analisi non asservibili ai paradigmi del cinema mainstream. Per questo espande i tempi del racconto e mette la sua scrittura, dilatata e precisissima, e la sua regia, assai mobile ma mai confusa, al servizio di due interpreti cangianti e di ammirevole misura. Soprattutto, con intelligenza e sensibilità, Ade rifiuta di approdare a soluzioni semplici o rassicuranti. Alla fine di questa straniante ed emozionante esperienza, i due protagonisti imparano a conoscere e accettare se stessi e l'altro un po' meglio, un po' più intimamente di prima. Ma nulla di più. Il film infatti, nella sua briosa asciuttezza, evita ogni scivolone retorico e nega ogni tentazione consolatoria. "Vi presento Toni Erdmann" non ha lezione da impartire: se viene condannata l'asettica brutalità del capitalismo rampante di Ines, vengono denunciate anche le ingenuità e le colpe dell'idealismo sessantottardo di Winifred. E in ogni caso, alla fine, è lecito sospettare che entrambi i personaggi continueranno imperterriti con le loro vite.
Piuttosto, "Vi presento Toni Erdmann" rinuncia a ogni facile certezza per ritrarre, con sguardo partecipe ma non empatico, l'indecifrabilità dei rapporti, le zone grigie delle relazioni, la sincerità tanto dell'affetto quanto del disagio, del distacco, dell'imbarazzo, del risentimento. Una sincerità che, si spera, non verrà tradita nel remake hollywoodiano recentemente annunciato, che schiererà Jack Nicholson e Kristen Wiig nei ruoli principali.
15/02/2017