Ondacinema

recensione di Matteo Luppi
7.0/10

Come hell or high water è un'espressione tipicamente statunitense, traducibile in italiano con le locuzioni "qualunque cosa accada" o "a qualunque costo"; è, infatti, "a qualunque costo" che i fratelli Toby e Tanner Howard sono disposti ad agire pur di salvare il ranch di famiglia.

Più che al regista David Mackenzie, al nono lungometraggio di una carriera altalenante, il film appartiene allo sceneggiatore Taylor Sheridan, inserendosi a pieno titolo nella riflessione sulla frontiera americana odierna che caratterizza le sue opere precedenti e successive (anche televisive, come la serie "Yellowstone"). La critica, in linea di massima, ha identificato in "Hell or High Water" (2016) il secondo titolo di un'ideale trilogia, con "Sicario" (2015) e "I segreti di Wind River" (2017), che va a ritrarre le problematiche delle aree ai margini degli Stati Uniti.

Se nella prima opera il focus era incentrato sul traffico di droga ai confini con il Messico ed in quella seguente si soffermerà sul tema delle riserve indiane, "Hell or High Water" decide di concentrarsi sugli effetti della crisi economica in quella parte di America un tempo teatro del mito del West, ma oramai in preda ai debiti e agli istituti finanziari. Risulta, perciò, particolarmente significativa una riflessione del Texas Ranger interpretato da Gil Birmingham, nella quale viene messo in luce come "l’uomo bianco", dopo aver usurpato le terre ai nativi (questione sempre centrale nelle opere di Sheridan), stia subendo un analogo furto ad opera delle banche "per una firma su un pezzo di carta".

Il registro stilistico scelto è quella di un ibrido tra western contemporaneo e action movie. In un interessante lavoro sui topoi del genere western, situazioni e personaggi dell’età passata vengono fatti rivivere attraverso un costante processo di attualizzazione. I fuorilegge sono un uomo che ha perso il lavoro e che, nell’illegalità, cerca di garantire un futuro ai propri figli, e suo fratello, diventato un balordo di poco conto dopo aver ucciso in giovane età un padre violento. La legge viene rappresentata da un anziano Texas Ranger vedovo, che, dietro a una dissacrante vena umoristica, cela una profonda solitudine e un sincero affetto nei confronti del suo collega di origini native americane. I nativi stessi, un tempo signori delle praterie, sono diventati "signori del niente", relegati in casinò tanto folkloristici quanto kitsch.

In uno scenario in cui le auto hanno preso il posto dei cavalli (fa specie incontrarne fugacemente uno ad un distributore) e in cui cowboy amareggiati faticano a trovare un senso nel portare in salvo una mandria da un incendio, le rapine perdono, nella messinscena, il fascino proibito della sfida alla legge che le caratterizzava nell’immaginario del western classico. I colpi dei fratelli Howard sono rapidi, mediocri, sbrigativamente congegnati per racimolare somme tutt’altro che ingenti.

Senza dubbio il lavoro di rielaborazione degli stilemi del genere, realizzato specialmente nella prima ora della pellicola, è l’elemento più riuscito della sceneggiatura e dell’opera stessa. La seconda parte purtroppo risulta più debole e convenzionale. Sparatorie e inseguimenti prendono il posto del tono elegiaco sin lì adottato e se il film ne guadagna in spettacolarità, ne perde altrettanto in profondità. Il ritmo sincopato che la narrazione acquisisce nella virata verso l’action stride con l’atmosfera dimessa che caratterizza il primo atto. L’esplosione di violenza che si origina dalla rapina finale andata male sembra, infatti, collidere con il timbro stilistico della pellicola, decisamente più improntato alla riflessione e alla sottrazione, anche della violenza stessa, piuttosto che ai caratteri tipici del cinema d’azione. Così, anche il discorso sugli effetti della recessione sulla frontiera, vero nucleo tematico dell'opera, viene parzialmente messo sullo sfondo.

In ogni caso, "Hell or High Water" rimane una valida fotografia di un'America che nello stesso 2016, anno di uscita del film, avrebbe votato in massa Trump alle elezioni presidenziali. La pellicola, infatti, pur priva di un taglio propriamente sociologico, restituisce con efficacia allo spettatore l'immagine di un Texas impoverito e sfiduciato dalla crisi economica, in cui le banche incombono minacciose sulle vite dei cittadini. È certamente suggestivo imbattersi a più riprese in cartelloni pubblicitari, che, in un paesaggio di polvere e rottami, promettono prestiti a condizioni favorevoli.

Nota di merito per le interpretazioni attoriali; accanto a un Jeff Bridges in ottima forma (e candidato all'Oscar), spiccano Ben Foster, che arricchisce con un nuovo ritratto la sua galleria di personaggi borderline, e Chris Pine, in quella che, ad oggi, risulta la sua prova più matura e completa.

Musiche di Nick Cave e Warren Ellis, ormai specializzati nella realizzazione di colonne sonore di western e neo-western, tra "La proposta" e "Lawless" di John Hillcoat e "L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford" di Andrew Dominik.


25/03/2021

Cast e credits

cast:
Chris Pine, Ben Foster, Jeff Bridges, Gil Birmingham


regia:
David Mackenzie


distribuzione:
Netflix


durata:
102'


produzione:
Film 44, Sidney Kimmel Entertainment


sceneggiatura:
Taylor Sheridan


fotografia:
Giles Nuttgens


scenografie:
Tom Duffield


montaggio:
Jake Roberts


costumi:
Malgosia Turzanska


musiche:
Nick Cave, Warren Ellis


Trama
Due fratelli, un disoccupato e un ex-galeotto, decidono di compiere una serie di rapine in banca per cancellare l'ipoteca pendente sul ranch della madre recentemente scomparsa. Un Texas Ranger ormai prossimo alla pensione e il suo partner di origini native americane si mettono sulle loro tracce