Ci sono opposti che si fanno evidenti durante la visione di "Wind River". La contrapposizione centrale, oltre quella cromatica (neve-sangue), inerisce i rapporti di forza e debolezza fra individui. Cosa rende forti e cosa deboli? È forte un uomo che per rispondere a un ideale di virilità stupra una ragazza? È debole una ragazza che percorre sei miglia a piedi nudi nella neve, a meno venti gradi, per fuggire allo stupro? La detection che ha inizio al ritrovamento del cadavere di una diciottenne pellerossa ai piedi dei monti del Wyoming, ai margini di una riserva indiana, pone la questione così come pone in antitesi legge giuridica e legge morale, fortuna e sfortuna. "I lupi non uccidono i cervi sfortunati; uccidono i più deboli", si dice verso l'epilogo, chiudendo un cerchio che si era aperto con la prima scena del film, dopo una corsa notturna disperata. Prede e predatori barcollano su un confine etico e pratico labile nell'opera seconda di Taylor Sheridan, perciò il lupo che punta la mandria di pecore è ucciso dal cacciatore Cory Lambert, e la storia si replica fino alla fine, tra conflitti a fuoco, cadaveri che sbucano dalla neve, l'identità opaca di una comunità che non avendo molte buone ragioni per vivere neanche ne ha molte per morire.
cast:
Jeremy Renner, Elizabeth Olsen, Jon Bernthal, Kelsey Asbile, Julia Jones
regia:
Taylor Sheridan
titolo originale:
Wind River
distribuzione:
Eagle Pictures, Leone Film Group
durata:
111'
produzione:
Voltage Pictures, Insiders Mad River, The Weinstein Company
sceneggiatura:
Taylor Sheridan
fotografia:
Ben Richardson
scenografie:
Neil Spisak
montaggio:
Gary Roach
costumi:
Keri Perkins
musiche:
Nick Cave, Warren Ellis