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recensione di Alberto Mazzoni
7.5/10

La prima scena del primo film di Margherita Vicario "dal multiforme ingegno" è un manifesto. Omnia vincit musica. Teresa, la serva muta di un istituto musicale per educande, vede e soprattutto sente le giovani fare esercizi e la musica tracima, esonda, riempie tutto il mondo attorno a lei. Regia, montaggio, gestione del suono - la musica è nella realtà, poi nella testa della ragazza poi diventa vera e propria colonna sonora esterna in un crescendo - sono altresì una dichiarazione di intenti formale: sappiamo come costruire un film attorno alla musica.

Lo spunto iniziale non può non ricordare il più bel libro di Tiziano Scarpa, "Stabat Mater", vincitore del premio Strega nel 2009: l'ambientazione è la stessa ma in quel caso la storia si svolge circa un secolo prima e il maestro dell'istituto è un giovane Vivaldi, mentre qui Paolo Rossi interpreta un meschino maestro che ha ormai perso ogni ispirazione e speranza... Di riferimenti per la storia se ne possono trovare tanti, dal mitico Masetto da Lamporecchio che nel Decameron si finge muto per andare a lavorare in un convento, al recente "Chiara"di Susanna Nicchiarelli con cui condivide molte cose tra cui la scelta di protagoniste botticelliane - lì Margherita Mazzucco, qua Galatea Bellugi e Carlotta Gamba. Ma quello che conta è l'energia che eccede dalla storia in ogni momento, grazie alla regista, alla musica, alle attrici tutte in parte  - citiamo almeno una sorprendente Veronica Lucchesi - La rappresentante di lista che non a caso tira fuori un pezzo da brividi. La contaminazione tra ambientazione storica e musica pop non è una mossa ardita - la usa persino il massimo incasso italiano del 2023 - ma quello che conta è come qui viene usata, in modo molto più integrato e sensato che nel film sopracitato. Non solo è efficace dal punto di vista emotivo, ma mostra il divario tra la formazione e l'istintività che riflette il divario di classe fra la serva e le educande, e i possibili modi in cui il divario viene superato.

Il film ha molteplici punti di forza - ad esempio, si riesce a trasmettere l'atmosfera di quelle zone del Veneto pur usando pochissime scene di esterni - e alcuni punti deboli - il procedere della storia è a volte meccanico - ma ritorniamo sulla recitazione. Questa è classicamente un punto debole del cinema italiano drammatico. C'è gente che recita male persino nei film di Bellocchio. Ma un casting azzeccato, una bella gestione degli attori e delle attrici, e la loro bravura, danno in "Gloria!" la sensazione di un film corale e ci coinvolgono nella storia emozionandoci. Permea il film una sensazione di eccedenza, di energia che circola e non riesce a essere ingabbiata nel rispetto delle regole della verosimiglianza storica o narrativa, di ricchezza della creatività che supera tutto così come sognano di fare le protagoniste.
Un bell'esordio che ci fa aspettare con curiosità i prossimi film della regista.


18/05/2024

Cast e credits

cast:
Galatéa Bellugi, Natalino Balasso, Paolo Rossi, Veronica Lucchesi, Carlotta Gamba


regia:
Margherita Vicario


distribuzione:
01 Distribution


durata:
105'


produzione:
Tempesta


sceneggiatura:
Margherita Vicario


fotografia:
Gianluca Palma


scenografie:
Susanna Abenavoli


montaggio:
Christian Marsiglia


costumi:
Mary Montalto


musiche:
Margherita Vicario


Trama
Veneto, 1800. Teresa, soprannominata "la muta", lavora come domestica al Sant'Ignazio, un decrepito istituto musicale per educande. L'imminente visita del nuovo Papa, Pio VII, getta l'istituto in fermento e, mentre il maestro del coro fatica a comporre qualcosa per l'occasione, Teresa scopre uno strumento musicale di nuova invenzione: il pianoforte.