Ondacinema

recensione di Antonio Pettierre
7.5/10

Ternarietà

Con “Glass”, “Unbreakable” e “SplitM. Night Shymalan definisce un sistema ternario dell’immaginario cinematografico sia di contenuti sia di forma.
“Glass” è il terzo elemento che va a comporre una ripetizione visiva e simbolica che si conferma all’interno di ogni singola pellicola e nel suo complesso ne fanno un’opera-mondo compiuta e ritmata.
Nell’ultimo film arriviamo alla messa in scena dei protagonisti dei film precedenti: Elijah Price (Samuel L. Jackson), Mister Glass, l’uomo di vetro; David Dunn (Bruce Willis), il “sorvegliante” indistruttibile; Kevin Wendell Crumb (James McAvoy) lo psicopatico con 23 personalità differenti che producono la Bestia, personalità con una forza sovrumana. La ternarietà dei personaggi è ripetuta costantemente nei tre film di Shyamalan e in “Glass” sussiste poi una seconda terna di personaggi di supporto che sono a tutti gli effetti co-protagonisti e determinanti per lo sviluppo e il finale di Glass: il figlio di Dunn, Joseph (Spencer Treat Clark), ormai adulto rispetto alla prima apparizione in “Unbreakable” e controparte del padre nella caccia ai “cattivi”; la madre di Elijah (Charlayne Woodard) invecchiata che continua a credere nelle potenzialità del figlio; Casey Cooke (Anya Taylor-Joy) adolescente che riesce a relazionarsi con la Bestia e soprattutto con Kevin.
Anche la struttura narrativa di “Glass” ripete questa ternarietà con una prima parte in cui c’è un collegamento con “Split” con l’incontro-scontro tra Dunn e la Bestia, una seconda parte con l’entrata in scena della dottoressa Ellie Staple (Sarah Paulson), psichiatra del Raven Hill Hospital dove i tre protagonisti sono rinchiusi insieme a Elijah dopo la loro cattura da parte della polizia e l’ultima parte in cui, all’esterno dell’ospedale, si mette in scena il redde rationem tra Mr. Glass, Dunn e la Bestia. La simbologia ternaria mistico-religiosa e psicoanalitica è ripetuta e rafforzata, già ampiamente illustrata in “Split”.
In “Glass” abbiamo l’aggiunta di una società segreta con a capo la dottoressa Staple, i cui appartenenti s’identificano con un trifoglio tatuato sul polso. Il trifoglio non fa che consolidare la ternarietà come tema e il suo significato simbolico è quello dell’equilibrio, stato a cui ispira la congrega segreta e che lo attua con un controllo millenario.
Il ritmo della narrazione va di pari passo con il continuo elemento ternario che si esplicita sia nella messa in scena che nella messa in quadro. A titolo di esempio, possiamo citare la sequenza all’interno della sala della clinica dove i tre sono posizionati seduti di fronte alla dottoressa Staple oppure in quella girata in esterni, durante lo scontro finale, in cui i movimenti dei tre protagonisti sono incastonati con quelli delle tre controparti – Joseph, Casey e la madre di Elijah – che svolgono il ruolo di spettatori intradiegetici e diventano alter ego dello spettatore, a sua volta personaggio extradiegetico di “Glass” egli stesso sineddoche del pubblico che assiste alla nascita del superuomo all’interno della società di massa.
Per quanto riguarda, invece le inquadrature, Shyamalan più volte alterna campi lunghi, primi piani e totali in una ternarietà della forma che racchiude il contenuto in un perimetro visivo dove l’equilibrio estetico lotta continuamente con il disequilibrio emotivo provocato dai tre personaggi.
La ternarietà di “Glass” diventa così il nucleo fondante dell’opera nella sua singolarità e nel complesso della trilogia di Shyamalan come emblema numerologico della perfezione matematica della realtà.

Mitopoiesi

La creazione di una nuova Storia è l’altro elemento fondante di “Glass” e della trilogia. Il limite della pellicola è forse proprio qui: nell’essere un tassello la cui realizzazione si compie all’interno della trilogia sulla mitopoiesi del superuomo, l’atto finale della disvelazione di una realtà altra, ma che la comprensione finale non può prescindere dalla conoscenza di “Unbreakable” e di “Split” (che invece si autosostengono anche come opere singole). Se la nuova mitologia che viene tradotta dai fumetti dei supereroi era già esplicitata in “Unbreakable”, in “Glass” si traduce nella sua diffusione alle masse, si rende trasparente – come il vetro, appunto – allo sguardo di un pubblico generalista, molto ben messo in scena nell’ultima sequenza del film con Joseph, Casey e la madre di Elijah che assistono alla diffusione del video dello scontro finale dei tre supereroi fuori dalla clinica in tutti i terminali delle persone comuni.
Con la trilogia Shyamalan compie una creazione alternativa rispetto alla mitologia superomistica dei fumetti, eliminando tutti gli orpelli e le esagerazioni, trasformando il romanzesco in una realtà comprensibile e verosimile. E ciò avviene all’interno della clinica attraverso la figura della Staple che, nel suo cercare di “curare” tre persone affette da psicosi, presenta al contrario gli elementi fisico-psichici dello sviluppo dei poteri dei tre uomini. E la ternarietà si ripete ancora una volta con le prove scientifiche della dottoressa e nel tempo a sua disposizione per “curare” i tre uomini (ha tre giorni a disposizione prima di rinchiuderli per sempre nella clinica). Così la forza di Dunn e il suo sesto senso viene spiegato con un’area del cervello modificato che si vede in una risonanza magnetica; la Bestia non è altro che il risultato della forza psichica liberata dalla frantumazione della mente di Kevin; la mente superiore di Elijah è il naturale sviluppo di un uomo il cui corpo è fragile come il vetro. E alla base di tutto sussiste l’esperienza del dolore estremo subito e provocato, dove il limite umano viene superato da alcuni individui posti in situazioni di estremo disagio psico-fisico. Il talento del superuomo è insito in alcuni individui e può essere espresso solo dopo aver attraversato esperienze dolorose. Il nome della clinica Raven – il Corvo di poeiana memoria – è l’espressione spaziale della trasmutazione. Il corvo è uccello simbolo del trapasso, della morte e della rinascita, del passaggio da uno stato a un altro, da una dimensione terrena a una metafisica. E la clinica psichiatrica è anche la quintessenza di quella scienza che studia la mente dell’uomo e delle sue perversioni rispetto a un equilibrio mentale riconosciuto dalla società degli uomini. La creazione è quindi interiore, psichica e il controllo della mente diventa anche vigilanza dell’immaginario individuale e collettivo la cui potenza non è valutabile aprioristicamente e in cui la razionalizzazione diventa il processo cognitivo per la sorveglianza dell’individuo. Così “Glass” apre nuove possibilità future a sviluppi narrativi infiniti, alla nascita di un nuovo genere o semplicemente a una rielaborazione di temi e stilemi adeguata a una narrazione contemporanea.

Sguardo

“Glass” è un film di sguardi. Quello dei bambini cresciuti, quello dei tre personaggi nella macchina da presa direttamente al proprio pubblico invisibile, quello della dottoressa Staple nell’osservazione dei tre uomini. Shyamalan utilizza primi e primissimi piani sui personaggi in questo contesto. Lo sguardo è un riflesso scopico tra i protagonisti e lo spettatore in un continuo rimbalzo visivo tra immagine proiettata e funzionalità ottica dello spettatore. Lo sguardo diventa onnicomprensivo: quello di Shyamalan, quello dei personaggi e quello dello spettatore in sala. Il cinema diventa così la fornace di produzione di sguardi che tracima la quinta (in questo caso lo schermo).
Del resto, lo sguardo è anche quello delle centinaia di telecamere poste nella clinica Raven per controllare i pazienti, in un meccanismo scopico che da tecnologico si trasforma in diffusione umanistica della visione dell’evento. L’esistenza del superuomo avviene attraverso lo sguardo eterodiretto, attraverso la trasparenza dell’obiettivo meccanico. Glass, il vetro, è anche quello dell’obiettivo delle telecamere, della cinepresa, degli schermi dei televisori, dei cellulari. E in ultima analisi della loro ricerca di “luce” come le differenti personalità di Kevin che vogliono continuamente venire alla “luce”, cioè vedere attraverso gli occhi del personaggio. E così il cinema di Shyamalan ribadisce la centralità dello sguardo non solo come comprensione della realtà del mondo ma, soprattutto, come sua creazione.


19/01/2019

Cast e credits

cast:
James McAvoy, Bruce Willis, Samuel L. Jackson, Sarah Paulson, Anya Taylor-Joy, Spencer Treat Clark, Charlayne Woodard


regia:
M. Night Shyamalan


titolo originale:
Glass


distribuzione:
Universal Pictures


durata:
129'


produzione:
Blinding Edge Pictures, Blumhouse Productions, Universal Pictures, Buena Vista International, Perfec


sceneggiatura:
M. Night Shyamalan


fotografia:
Mike Gioulakis


scenografie:
Chris Trujillo


montaggio:
Luke Ciarrocchi, Blu Murray


costumi:
Paco Delgado


musiche:
West Dylan Thordson


Trama
David Dunn insegue la personalità sovrumana di Kevin Wendell Crumb, nota come la Bestia, in una serie di scontri sempre più violenti che li porteranno alla Clinica psichiatrica di Raven Hill dove è rinchiuso da anni Elijah Price, Mister Glass. Elijah appare spento sottoposto a pesanti dosi di calmanti, ma in realtà è in attesa di mettere in atto il suo piano finale di rivelazione al pubblico dell’esistenza di uomini superdotati. Ma dovrà fare i conti con il suo passato e con la misteriosa dottoressa Ellie Staple, psichiatra che cercherà di curarli dalle loro illusioni mentali.
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