Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
7.0/10

Docufiction, road movie e racconto di formazione. Queste le coordinate in cui iscrivere la parabola narrativa di "Gasoline Rainbow", il nuovo film del duo registico dei fratelli Bill e Turner Ross. Realizzata con pochi mezzi eppure sorretta dalla padronanza di uno stile espressivo singolare ed efficace, l’opera ha la freschezza del vasto, e forse mai sufficientemente esplorato, panorama del cinema indie a stelle e strisce. "Gasoline Rainbow" è da un lato tributario di tante pellicole, prima fra tutte "Easy Rider", che hanno fatto del viaggio innanzitutto una metafora dell’anelito alla conoscenza, del bisogno di approdare a un luogo dell’anima alternativo alla lasca quotidianità. In seconda battuta i road movie hanno spesso posto l’accento sul valore esperienziale del viaggio più che sulla meta finale dello stesso. Considerato in una prospettiva pedagogica si può dire che il viaggio dei protagonisti del film dei Ross da valore al processo anche più che alla destinazione. Come nipotini di Jack Kerouac che abbiano smarrito carte geografiche e itinerari prefissati, essi si muovono sorretti dall’unica molla che scattando li ha indotti lasciare Wiley, assonnata cittadina dell’Oregon, per giungere sulla costa del Pacifico.

Sul piano della scrittura, il fatto di girare il film senza una back story in apertura e di nominare solo a sprazzi la meta finale del viaggio stesso, sommato alla tecnica di ripresa improntata al senso di libertà e improvvisazione, conferisce alla pellicola una narrazione immediata e coinvolgente. I cinque protagonisti si fanno riprendere ma si riprendono a loro volta, variando in tal modo la prospettiva da cui lo spettatore fruisce il momento filmico. Non mancano inoltre alcuni fermo immagine che sollecitano la dimensione fotografica, mnestica, affettiva del viaggio, tutte frecce all’arco di un’opera rotonda e riuscita.

La trama del film è semplice quanto tortuosa allo stesso tempo: semplice perché dettata dal proposito di raggiungere il Pacifico, tortuosa perché l’inconveniente di rimanere privi del loro minivan li costringe a spostarsi a piedi o con mezzi di fortuna, come all’interno di treni merci sui quali salgono nottetempo, alla maniera degli hobo, i vagabondi di tanta tradizione letteraria e fumettistica. Il contesto sociale di provenienza di Tony, Micah, Makai, Nathaly e Nicole è degradato: famiglie con problemi legati all’alcol, alle droghe o ad affettività mancate. Nonostante ciò, tuttavia, i cinque adolescenti non smarriscono l’orizzontalità dello sguardo verso il mondo: bevono e fumano, ma non rinchiudono le loro esistenze nello spazio angusto dei display dei cellulari. Il mondo nel quale amano proiettarsi è fuori e non dentro i social. Pur consapevoli dei rischi connaturati a ogni fase di passaggio, non smarriscono l’ottimismo e la fiducia in sé stessi, tanto da fare amicizia facilmente con sconosciuti che narratologicamente fungono da mentori. La differente indole dei cinque protagonisti non mira a caratterizzarli come attanti nettamente distinti uno dall’altro, bensì a delineare un puzzle emotivo e affettivo che si estrinseca nella dimensione della collettività.

Il vero protagonista è perciò lo spirito che li anima e dal quale emerge quella positività così esistenzialista, così tipica dell’America profonda, che si trova nei contesti della marginalità, come ad esempio in "Nomadland" (2020). Anche qui, nel rifiuto di ciò che è canonico, di ciò che è comodo, perfino del progresso, trasuda l’essenza del pioniere. Il contatto con l’ambiente esterno, vissuto nella ambivalente dimensione panica ed estatica, viene restituito con campi lunghi o lunghissimi ed è una delle cifre della poetica del film. Per il resto le inquadrature tallonano i personaggi e ci rivelano il loro senso di libertà insistendo sulle multiformi capigliature, sui piercing, ma anche sugli abbracci e il senso di complicità.

Fondamentale l’apporto delle musiche: si va da John Lennon ai Guns and Roses, da Enya a Casey McAllister. Tutte insieme da un lato contribuiscono a scolpire ulteriormente l’animo dei personaggi, dall’altro delineano una generazione che sembra andare agli antipodi di quella dei fruitori passivi della musica attraverso i social. Il film stesso, per esplicita dichiarazione dei registi, è il frutto di un lavoro a cavallo tra due lockdown e gli attori (non professionisti) si sono volitivamente prestati ad interpretare sé stessi e a esprimere il piacere della ritrovata libertà.

Come in "Bloody Nose, Empty Pockets" (2020) i fratelli Ross si muovono contaminando con scioltezza documentario e finzione restituendoci un affresco vivido e coinvolgente dell’America profonda. Lo stile documentaristico emerge con più evidenza laddove i protagonisti guardano in macchina e ammiccano compiaciuti in pose quasi fotografiche, mentre quando la cinepresa li lascia ai loro dialoghi, ai loro frizzi e lazzi, è più difficile distinguere quanto l’improvvisazione si allontani dall’impianto della sceneggiatura. In conclusione, una notazione merita anche il titolo del film: il carburante e l'arcobaleno hanno il fatto di essere entrambi elementi volatili, eterei, quasi inafferrabili. Come la giovinezza descritta da Lorenzo il Magnifico. Il titolo è dunque la traduzione verbale della necessità di vivere a pieno tale età.    


10/07/2024

Cast e credits

cast:
Makai Garza, Nathaly Garcia, Nichole Dukes, Micah Bunch, Tony Aburto


regia:
Turner Ross, Bill Ross IV


titolo originale:
Gasoline Rainbow


distribuzione:
MUBI


durata:
110'


produzione:
Department of Motion Pictures, MUBI, XTR


sceneggiatura:
Bill Ross IV, Turner Ross


fotografia:
Bill Ross IV, Turner Ross


scenografie:
Erin Staub


montaggio:
Bill Ross IV, Turner Ross


costumi:
Erin Staub


musiche:
Casey Wayne McAllister


Trama
Conseguito il diploma, cinque adolescenti, prima di decidere del proprio futuro, affrontano un lungo viaggio di 800 km che li porterà dall'Oregon alla California. Durante il tragitto conosceranno meglio sè stessi e il mondo.