Prima di essere toccati dagli effetti della recente pandemia, i reietti della società statunitense subiscono ancora le conseguenze della crisi finanziaria del 2008. "Nomadland" si apre con un cartello iniziale che ci informa di una piccola cittadina del Nevada che, dopo il fallimento delle aziende su cui gli abitanti basavano il proprio sostentamento, si è rapidamente spopolata, lasciando tutti nella miseria. L'anziana e vedova Fern carica i bagagli nel suo furgone e si mette sulla strada alla ricerca di una vita al di fuori della società convenzionale, come una nomade dei tempi moderni. Dopo "The Rider - Il sogno di un cowboy" (e nell'attesa di vederla alle prese con il blockbuster Marvel "Gli Eterni"), la regista di origini cinesi Chloé Zhao torna a raccontare la frontiera americana, questa volta adottando una prospettiva femminile.
"Ammiro Fern, perché è come una pioniera, va all'avventura", la elogia, con emblematiche parole, una ragazza incontrata nel suo peregrinare. Essere sempre in viaggio, rinunciare e lasciarsi alle spalle gli affetti, i legami, una dimora stabile per non accomodarsi e restare fermi. Il van come fido cavallo, unico compagno d'avventure da accudire con amore e impossibile da abbandonare. Manifeste scenografie di villaggi abbandonati, di cui vediamo solo la facciata, simbolo dei ruderi di una società e di un immaginario. Sono limpide e riconoscibili dinamiche da western classico, aggiornate e ancorate alla contemporaneità, riversate di segno applicando un gender swap, ma di cui sono assunti i connotati e l'essenza alla radice.
Ugualmente, la critica verso il capitalismo americano, la celebrazione di un'altra vita possibile, aderisce su misura alla mitologia dei padri fondatori e all’ancestrale tradizione letteraria e culturale americana scolpita dalle celebri parole di Henry Thoreau, per cui vivere nei boschi era il modo per "trascorrere profondamente la vita, succhiarne tutto il midollo". Esplicita fascinazione della natura sconfinata e incontaminata: deserti, acqua, alberi che si innalzano al cielo, desiderio di puntare in alto, pur restando coi piedi ben piantati per terra. Fuga da un alienante lavoro presso una sede di Amazon, espressione di una società soggiogata dal dio Denaro, per vivere in una comunità dove "conta la collettività e non il singolo", in cui si vive alla giornata con lo stretto necessario aiutandosi a vicenda. Fugaci amicizie femminili, con cui scherzare e sognare di arrivare alle Hawaii. Per poi non legare veramente con nessuno, e ritornare, sempre soli, sulla strada.
Ancora un ruolo di donna indomita e resiliente per Frances McDormand, qui in lotta con se stessa per superare le avversità implicate nella sua scelta (di cui rimarca più volte la volontarietà), dopo aver combattuto per ottenere giustizia a favore della figlia brutalmente assassinata in "Tre manifesti a Ebbing, Missouri". Tutta la narrazione è indirizzata dalle direttrici del suo itinerario e del suo volto. Il girovagare verso nessuna meta precisa, le lente camminate, i momenti più privati. Gli attimi di felicità, le parentesi più sofferte, che si superano non appena si assapora l'odore dell'asfalto. Di fronte alla maestosità dei paesaggi e alla statura dell'attrice, due volte premio Oscar, Zhao quasi scompare, mettendosi devotamente al suo servizio e dell'ideale che vuole trasmettere.
Focalizzata nel raccontare accuratamente le vita dei nomadi, a partire dal libro di Jessica Bruder "Nomadland. Un racconto d'inchiesta" e dalle testimonianze raccolte durante le riprese (incarnate sullo schermo dai veri Linda May, Swankie e Bob Wells), dimentica per strada (appunto) l'importanza di dare spessore drammaturgico alla materia, che rimane asettica, e ai personaggi, per cui perfino l'empatizzare con Fern risulta forzato, lasciando vagare inconsistenti nell'aria le riflessioni esistenziali che la crucciano.
Le lenti attraverso cui veniamo a conoscenza di una realtà finora poco rappresentata, piuttosto che a un grande romanzo americano (il cui ampio respiro, per la regista, costituiva l'orizzonte a cui tendere) appaiono essere più attinenti a un reportage d'inchiesta giornalistica. Alle forme di un diario intimo di uno sconosciuto, verso il quale, leggendone le pagine, restiamo freddi e mai convolti dalle vicende narrate, non riuscendo mai a "entrare" veramente nel loro cuore.
cast:
David Strathairn, Frances McDormand
regia:
Chloé Zhao
titolo originale:
Nomadland
distribuzione:
Searchlight Pictures
durata:
108'
produzione:
Highwayman Films, Hear/Say Productions , Cor Cordium Productions
sceneggiatura:
Chloé Zhao
fotografia:
Joshua James Richards
scenografie:
Joshua James Richards
montaggio:
Chloé Zhao
costumi:
Hannah Logan Perterson
musiche:
Ludovico Einaudi