Viviamo in un periodo particolarmente interessante per quanto riguarda il rapporto tra documentario e musica: in pochi mesi, infatti, sono stati distribuiti il lungometraggio "Per Lucio" (Id., 2021) di Petro Marcello, la serie "The Beatles: Get Back" (Id., 2021) di Peter Jackson e il film "Ennio" (Id., 2022) di Giuseppe Tornatore. In tutti questi casi viene compiuta un’importante riflessione sul ruolo che la musica ha svolto dagli anni Cinquanta in poi: l’affermazione del pop e della musica leggera, la sua applicazione alle colonne sonore dei film e, più in generale, il ruolo che queste manifestazioni hanno svolto nell’influenzare tanto l’immaginario collettivo dell’Occidente, quanto nel determinare sia la Storia collettiva di quest’area geografica che le singole storie individuali di ognuno di noi.
Tanto in "Per Lucio" che in "Ennio" il soggetto latente del film è la Storia dal Secondo dopogerra ad oggi, raccontata in entrambi i casi tramite la commistione di immagini di repertorio e di musiche. Ciò che emerge alla fine della visione non è solo la vita dei due importanti e diversi autori, quanto e soprattutto i cambiamenti sociali e culturali che hanno interessato sia la nazione italiana che l’intero Occidente: l’avvento del consumismo e della cultura di massa [1], coincidente con il passaggio da uno zeitgeist modernista, caratterizzato da una forte contrapposizione tra cultura alta e bassa, ad uno postmodernista o tardo modernista, dove questa contrapposizione oramai non ha più senso di esistere. In "Ennio" questo passaggio culturale viene raccontato attraverso la vita di Morricone che, dopo essersi diplomato in composizione presso il conservatorio di Santa Cecilia a Roma, vive una doppia vita fatta di musica sperimentale e di una carriera sempre più consistente come autore di colonne sonore e di arrangiatore per il nascente pop italiano. Tutto ciò è vissuto con sofferenza dal maestro, tanto da firmare con uno pseudonimo la musica per i capolavori di Sergio Leone e da pronunciarsi a sfavore della melodia anche in età avanzata. Il dissidio e la frattura fra cultura alta e bassa viene ricucito e superato nel finale del lungometraggio, in cui Nicola Piovani chiede a Morricone se non sia il caso di considerare le colonne sonore una nuova forma di musica classica contemporanea.
La Storia viene quindi raccontata attraverso il caso esemplare di un singolo e straordinario protagonista di questa epoca: Morricone. "Ennio", infatti, è un documentario estremamente classico, che si basa interamente sulle caratteristiche più usuali del genere biografico: la vita del maestro è ripercorsa dalla nascita alla morte, seguendo un iter cronologico lineare privo di fratture e riflessioni autoriali; il suo percorso esistenziale viene trattato identificando una serie di opposizioni basilari, in particolare le origini svantaggiate e poco abbienti contrapposte alla innegabile genialità, oltre alla già citata frattura tra cultura alta e bassa in cui Morricone si trova impossibilitato a districarsi, a causa del dissidio personale tra la necessità di guadagnarsi il pane e le proprie aspirazioni artistiche. Queste opposizioni esistenziali vengono altresì incarnate da figure realmente esistite, in modo da favorire la comprensione e l’immedesimazione da parte del pubblico: il padre, che lo costrinse a iscriversi al conservatorio e a diplomarsi in tromba, e Goffredo Petrassi, l’insegnante di composizione presso Santa Cecilia che viene identificato come l’alfiere della musica alta e pura, scevra da compromessi con il mercato. "Ennio", in tal modo, si basa su una purtroppo banale e trita opposizione con una duplice figura paterna, da una parte idolatrata ma anche osteggiata, come motore drammatico per innestare il racconto su binari emotivi e personali.
Ripetitivo e logoro è anche l’uso delle cosiddette talking heads, ovvero delle interviste ai numerosissimi personaggi di enorme importanza per la storia del cinema che hanno collaborato con il maestro italiano. Purtroppo, le loro dichiarazioni sono spesso e volentieri completamente prive di utilità, limitandosi a ripetere stancamente quanto il protagonista del documentario sia stato importante, cioè a esprimere elogi che non aggiungono nulla alla comprensione del personaggio. Il nocciolo duro del film, oltre che il vero elemento di interesse di questi, è la lunga intervista a Morricone che il regista, Giuseppe Tornatore, ha realizzato poco prima della sua dipartita e che, quindi, si pone come un documento di estrema importanza perché costituisce l’ultima profonda riflessione e bilancio del maestro sulla sua carriera. Quest’ultimo si rivela un personaggio di grande fascino: sia per l’emotività che riesce a trasmettere, combattuto tra una forte timidezza corroborata da un grande auto-controllo e l’enorme sensibilità che a tratti esplode in brevi momenti di commozione; sia per il valore delle riflessioni sul proprio lavoro. Morricone, infatti, si mostra perfettamente lucido tanto nell’analizzare quanto, e soprattutto, nello spiegare in termini comprensibili al grande pubblico le caratteristiche musicologiche delle proprie composizioni, oltre alle influenze e alle citazioni tratte dalla grande tradizione della musica classica che il maestro ha inserito in numerose realizzazioni.
"Ennio" è quindi un lungometraggio curioso: composto tanto da elementi ripetitivi e formalmente logori, quanto caratterizzato da due fattori di straordinario interesse. Oltre alla lunga intervista al maestro, come detto di grande importanza, ciò che rende vivo e piacevole questo documentario di oltre due ore e mezza di durata è la presenza delle musiche di Morricone, montate su stralci di filmati tratti da documenti d’epoca e da parti dei film per cui sono state scritte. Lo spettatore, in tal modo, può assistere alla Storia degli ultimi sessant’anni di cinema e, al contempo, può ripercorrere la propria storia personale di fruitore di immagini in movimento: le musiche del maestro, infatti, sono entrate nel patrimonio culturale collettivo e fanno ormai parte dell’immaginario di ogni spettatore di cinema.
[1] A. Mecacci, L’estetica del pop, Donzelli editore, Roma, 2011.
cast:
Carlo Verdone, Bernardo Bertolucci, Dario Argento, Clint Eastwood, Giuseppe Tornatore, Ennio Morricone
regia:
Giuseppe Tornatore
distribuzione:
Lucky Red
durata:
152'
produzione:
Piano B Produzioni
sceneggiatura:
Giuseppe Tornatore
fotografia:
Giancarlo Leggeri, Fabio Zamarion
montaggio:
Massimo Quaglia, Annalisa Schillaci
musiche:
Ennio Morricone