Il recupero dal lutto è un sottogenere tra i più popolari del film drammatico, in chiave esplicita ("La stanza del figlio") o implicita ("Gravity"), ma Jean Marc Vallée non teme la sfida e, così Demolition racconta di come DaviD affronta il lutto della moglie e (spoiler?) ritorna a vivere.
Se la trama fosse riassunta in 14 parole sembrerebbe alquanto scontata ma in realtà le variazioni sul tema sono più d'una e abbastanza interessanti. In particolare viene giocata la carta della metafora (il protagonista, tra le altre cose, demolisce la casa del matrimonio), ma in modo curiosamente scoperto ("sto diventando una metafora" scrive in una lettera). Dal punto di vista formale la metafora viene percorsa con l'uso non banale del montaggio analogico (l'iguana, il cavalluccio marino) e del flashback, che non cade mai nello stereotipo dell'immagine di "lei che corre davanti a lui tirandolo per mano e poi si volta" o in altri trucchetti da pubblicità del gelato. Il montaggio rapido ed ellittico inoltre tiene alta l'attenzione dello spettatore, cosa sempre utile in un dramma, ma ha anche la funzione narrativa di riflettere l'attenzione maniacale al dettaglio che il protagonista sviluppa, probabilmente in compensazione del fatto di non aver avuto abbastanza attenzione per la moglie quando era viva. Interessante anche l'uso delle musiche non originali, alternativamente mozzate o lasciate svilupparsi in lunghi assoli, e mai usate come sottofondo ma sempre integrate con la vita dei personaggi.
Jake Gyllenhaal è il centro del film, la sua ragion d'essere e anche una corretta chiave per classificarlo. Infatti Jake, interprete duttile e interessante, è fin dal primo successo (con "Donnie Darko") uno dei volti caratteristici di un certo tipo di film nordamericani, mainstream ma con registi bravi, sufficientemente pop da essere accessibili a tutti ma con sufficienti spunti da interessare anche spettatori più festivalieri. Film come "Zodiac" o "Prisoners" contribuiscono a tracciare un percorso che al netto di qualche cedimento commerciale e di qualche prova più estrema ("Nightcrawler") è ben delineato e in cui "Demolition" rientra pienamente.
C'è da dire che le trappole, gli stereotipi del genere drammatico sono tali e tanti che, pur sorprendendoci in più punti, Vallée non riesce ad evitarli proprio tutti, e alla fine qualche rivelazione e qualche bel pianto toccano anche qui, e senza la maestria di un Leigh a dominare la materia. Ma guardando questo film ci si trova a pensare che quello che distingue un prodotto di puro calcolo da un opera sincera sono probabilmente i personaggi secondari. Il regista integra, giustamente ed efficacemente, il dramma e la commedia - la mania di smontare in primis - quindi avrebbe potuto utilizzare qualche personaggio stereotipato per qualche risata (o lacrima) in più e sveltire la narrazione. L'unico personaggio interessante di per sé ma forse un pò stonato nel contesto del film è invece il figlio glam di Naomi Watts, il quale forse serve anche come firma per l'autore creando una connessione col suo film d'esordio ("C.R.A.Z.Y"). Ma a parte lui, dal padre alla madre della moglie (ma Chris Cooper ha mai fatto il protagonista in qualche film?), da Naomi Watts mamma imbranata al compagno di lei, ci troviamo davanti a persone che sono quello che sono senza nessun chiaro profilo psicologico e giustappunto ci ricordano più gli sconosciuti con cui parliamo ogni mattina in treno andando al lavoro che i personaggi di altri film. Questo fa sì che anche un film che non è un capolavoro sia sincero ed interessante.
cast:
Jake Gyllenhaal, Chris Cooper, Naomi Watts
regia:
Jean-Marc Vallée
titolo originale:
Demolition
distribuzione:
Good Films
durata:
101'
produzione:
Black Label Media
sceneggiatura:
Bryan Sipe
fotografia:
Yves Belanger
montaggio:
Jay M. Glen