Sempre attento a narrare la storia e la cultura afroamericana, il cinema di Spike Lee è un modello in cui impegno civile e ricerca autoriale vanno di pari passo fin dalle sue prime pellicole. Il regista americano utilizza il cinema di genere pro domo sua e anche in questo caso “Da 5 Bloods – Come fratelli” non fa eccezione annoverandosi in quel sottogenere bellico – il filone sulla guerra del Vietnam che ha tra le massime espressioni “Il cacciatore” di Michael Cimino e “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola – caratterizzato e personalizzato dai temi a lui cari.
Quattro anziani reduci tornano nella capitale Hanoi, ormai simile nel mondo globalizzato a qualsiasi metropoli con tutti i suoi simboli consumistici e commerciali, per un’ultima missione: ritornare nella giungla per recuperare il corpo del loro caposquadra morto in combattimento, ma, soprattutto, per ritrovare una cassa di lingotti d’oro. Il tesoro era un contributo della Cia che doveva essere consegnato alle milizie locali anti-vietcong e che avrebbero dovuto recuperare dopo che l’areo che lo trasportava era stato abbattuto. Ma arrivati sul posto decidono insieme di sotterrarlo per poi recuperarlo in un secondo momento e consegnarlo ai movimenti per la lotta dei diritti civili della popolazione di colore.
Il tema politico principale resta questo e “Da 5 Bloods – Come fratelli” è una sorta di continuazione del precedente “BlacKkKlansman” in cui appare come la situazione della comunità di colore negli Usa non sia cambiata nei secoli per soprusi e mancanza di diritti e di uguaglianza con la classe Wasp che detiene il potere politico-culturale-finanziario. La diegesi si sviluppa su due piani temporali paralleli: il tempo presente, dove i quattro uomini ripercorrono il territorio che li aveva visti protagonisti, e il tempo passato, con continui flashback, durante i fatti bellici. Dagli anni 60 ai giorni nostri Lee ci dice che non è cambiato nulla per la popolazione di colore. E i continui inserti di fotografie dell’epoca di personaggi reali della cultura afroamericana e di decorati della guerra fanno da corollario al suo discorso politico così come il collegamento diretto nel finale con il movimento antirazzista “Black Lives Matter” che ha avuto una sua ribalta internazionale dopo la recente uccisione di George Floyd da parte di poliziotti di Minneapolis e le relative rivolte e dimostrazioni che si sono avute non solo sul territorio americano, ma in tutto il mondo.
Approdato sulla piattaforma Netflix, Lee non ha rinunciato al suo stile e ai suoi stretti collaboratori – come l’autore della colonna sonora Terence Blanchard e allo scenografo Wynn Thomas – partecipando alla produzione con la sua “40 Acres & a Mule Filmworks” che gli ha permesso di portare a termine un’opera secondo la sua volontà. Il lavoro sulla fotografia, ad esempio, è molto particolare con l’utilizzo di colori caldi e pastosi oppure l’utilizzo di un formato 4:3 per la messa in scena del passato che danno un sapore di reportage televisivo da documento storico. E, infine, viene anche utilizzata la videocamera a mano di uno dei componenti per registrare i momenti del viaggio lungo il fiume che li porta sui luoghi del passato. Del resto, Lee cita a modo suo i due capolavori sopra indicati: l’utilizzo della musica de “La cavalcata delle Valchirie”, mentre il battello s’insinua lungo il fiume serpeggiante nella giungla vietnamita, con una ripresa panoramica plongée, è un esplicito omaggio a Coppola, così come l’amicizia virile e la ricerca del compagno scomparso ricorda le atmosfere de “Il cacciatore”.
“Da 5 Bloods – Come fratelli” parla anche di ossessioni più profonde. La principale quella di un passato doloroso con cui i conti non sono mai stati chiusi. Allegoricamente, il dramma vissuto dai personaggi durante la guerra è quello storico dal popolo afroamericano. Lee sceglie di non far ringiovanire (se non in una immagine nel finale) i quattro protagonisti quando vengono rappresentati nelle scene di guerra del passato, facendo ancora più risaltare la loro immobilità psicologica con la presenza giovanile del loro caposquadra Norman "Stormin' Norm" Holloway (interpretato da Chadwick Boseman, assurto a icona di una certa cultura afroamericana anche nel mondo dei cine fumetti con “Black Panther”). Così per Paul, Otis, Eddie e Melvin il passato è sempre un presente che non li ha mai lasciati, morti che camminano e che non riescono a sfuggire a un destino che li ha segnati per sempre. L’inserimento di personaggi come il figlio di Paul, David, e di una giovane francese appartenente a un’organizzazione umanitaria per la ricerca delle mine antiuomo, iterano e ribadiscono il blocco personale dei personaggi. In particolare, il rapporto tra Paul e David diventa una sottotrama dei traumi indiretti sia della guerra sia del mancato reinserimento dei reduci di qualsiasi guerra.
L’ulteriore ossessione è quella per l’oro che colpisce in particolare Paul e che lo farà deragliare e, in qualche modo, tradire la fratellanza e il figlio, fino al sacrificio finale, tormentato dal fantasma dell’amico morto e dalla rabbia che lo ha travolto. L’avidità e la paranoia che pervade il personaggio è un’altra citazione a “Rapacità” di Erich von Stroheim, dove, se il protagonista del capolavoro del muto si riduce a perdersi nel deserto, Paul scompare in quella foresta da cui spiritualmente non si è mai allontanato.
Il cinema di Lee o lo si ama o lo si odia. Il regista riconduce il suo mondo a una precisa estetica che riafferma di pellicola in pellicola sempre per raccontare la condizione della comunità afroamericana protagonista della storia del proprio paese. Se pur a tratti Spike Lee fatica a tenere sotto controllo le diverse linee narrative e i molteplici innesti e citazioni cinematografiche, “Da 5 Bloods – Come fratelli” risulta essere, comunque, un’opera che riesce a rappresentare una visione personale in modo encomiabile e senza scendere a patti con lo spettatore.
cast:
Delroy Lindo, Chadwick Boseman, Jonathan Majors, Clarke Peters, Norm Lewis, Isiah Whitlock Jr, Melanie Thierry, Jean Reno
regia:
Spike Lee
titolo originale:
Da 5 Bloods
distribuzione:
Netflix
durata:
154'
produzione:
Lloyd Levin/Beatriz Levin Productions, 40 Acres & a Mule Filmworks, Rahway Road Productions, Netflix
sceneggiatura:
Danny Bilson, Paul De Meo, Kevin Willmott, Spike Lee
fotografia:
Newton Thomas Sigel
scenografie:
Wynn Thomas
montaggio:
Adam Gough
costumi:
Donna Berwick
musiche:
Terence Blanchard