Che Rian Johnson prenda delle strutture classiche e le ribalti lo aveva confermato "Gli ultimi Jedi": l'ottavo capitolo di Star Wars, da lui scritto oltreché diretto, evita il calco e il film riesce alternativo, quasi fastidioso, se non fosse per le unità di senso tipiche mantenute inalterate dell'universo sci-fi della serie.
Confortante eppure inventivo, rispettoso quanto clamorosamente invettivo verso il passatismo. La formula filmica di questo "Cena con delitto" si esprime come autore volle per l'"Episodio VIII". Presa la mystery story di stampo giallo, la sceneggiatura riproduce fedele il canovaccio, intrecciandosi a elementi dissacranti sulla contemporaneità americana.
Giallo all'inglese
La prima scena ci introduce al genere con voluto accento ironico. La cameriera di una evidentemente ricca famiglia si muove verso le stanze del padrone di casa, scoperchia un passaggio nascosto nel muro e trova il cadavere sgozzato del proprietario; il vassoio coi viveri le cade e segue una bisclacca imprecazione. Johnson ci trasporta immediatamente nella commedia per applicarla alle dinamiche del thriller. Infatti, la progressione da mystery story procede con forti spinte grottesche, piacevolmente autodissacranti, incasellate nel conosciuto del genere.
Nella trionfante villa gotica della famiglia Trombey si è apparentemente consumato un delitto ai danni dell'anziano padrone di casa Harlan (Christopher Plummer), leggendario e rinomato scrittore di romanzi gialli. La famiglia si era riunita la sera prima per una festa, dunque diviene un affare privato: chi vorrebbe impossessarsi dell'eredità del capofamiglia? Sulle tracce del colpevole il detective Benoît Blanc, letteralmente autodefinitosi discernitore della verità (e in questo caso il nomen omen è d'obbligo).
Blanc sembrerebbe essere il mattatore della vicenda, eppure Johnson non si prende il tempo di adornarlo di un passato o caratterizzarlo al di là di un improbabile nome e un incisivo accento del sud (irrimediabilmente perduto in adattamento). La sua funzione è meramente descrittiva e informativa dei passaggi logici che tingono gli accadimenti da sciogliersi. Ad accompagnarlo nell'indagine c'è la vera protagonista, Marta Cabrera, infermiera e amica fidata di Harlan, il cui ruolo viene sovvertito sistematicamente.
In questo fluido rimestarsi di ruoli, il personaggio di Marta permette alla regia di mettere in discussione gli elementi di scena (passaggi nascosti poco segreti), di ribaltare i punti di vista sulle dinamiche da caso irrisolvibile (svelare le tracce per poi occultarle), di ricollocare continuamente tutti i personaggi nella tela pur preservandone l'indole morale di partenza ("queste persone sono esattamente come sembrano", confida Marta al detective).
Eppure il whodunit non perde mai di senso. Rimane intatta la ricerca al colpevole e rimangono fermi i decorsi narrativi del poliziesco d'inchiesta da capo a coda: l'interrogatorio ai sospettati sotto la tenuta ritmica di Bob Ducsay il cui straordinario montaggio parallelo svela e decostruisce invece di descrivere pedissequamente (e siamo solo all'incipit); in coda l'agnizione finale da showdown che acquieta la contorsione interrogativa.
Il giallo originale scritto dallo stesso Johnson, che con la pista di trappole narrative ci sa fare (vedere "Brick" e "Looper"), è dunque perfettamente classico, cautamente inserito nella contemporaneità da cui però si allontana (nessuna traccia di strumenti digitali, meglio ricorrere alle Vhs). Villa-delitto-detective, il giallo è servito. Ma non finisce qui.
Usa parade
La villa dei Trombey raffigura la contemporaneità politica e sociale degli Stati Uniti. Microcosmo metaforico per raccontarci l'oggi in ampolla. Se le figurine umane da Cluedo (come si fa notare nel film) rientrano nei canoni stereotipici atti alla progressione, la rappresentazione politica si riferisce concretamente e realisticamente all'America trumpiana.
I famigliari di Harlan si muovono attorno al suo patrimonio, pomo della discordia, come le tante facce del medagliere americano: dallo sciacallo nazionalista all'imprenditore squalo dei diritti commericali, fino alla la gioventù antipodica filo-nazista e filo-democratica. Realistiche espressioni da leggersi per quello che rappresentano. In mezzo a loro si muove Marta, famiglia uruguaiana, rappresentante di tutti i popoli ai quali si sta impedendo l'accesso in terra statunitense.
Marta è accolta come parte della famiglia, protetta finché non avrebbe sovvertito l'ordine dei ruoli. Spetta a lei farsi portavoce di un'America che dovrebbe cambiare, destinata inevitabilmente a ciò come inalterabili sono i paletti del giallo di Johnson (e il finale ci suggerisce questa speranza).
E così, mentre la trama progredisce e alletta lo spettatore, la parabola politica costruisce un film intelligente, parodico e attuale in una cornice d'antan.
"Knives Out" non ha nulla da nascondere, non serve scavare per trarne la metafora. I coltelli sono "fuori dal fodero", tanto nel profilmico con quella raggera di lame a vista, quanto nel metafilmico che cita a piene mani senza perdere di vista le sue particolarità.
A Kenneth Branagh in "Assassinio sull'Orient Express" era sfuggita proprio questa stabilità tra renovatio e speculum, esaurendosi in uno sforzo visivo da superfetazione produttiva (nulla aggiunge, anzi deteriora rispetto al classico di Sydney Lumet e prima ancora della sua scrittrice). "Knives Out" perfeziona il tiro, ribalta gli schemi e riconferma Rian Johnson artista che spezza la tradizione senza ammazzarla. His rules, his home, his movie.
cast:
Daniel Craig, Chris Evans, Ana de Armas, Jamie Lee Curtis, Michael Shannon, Don Johnson, Toni Collette, Christopher Plummer
regia:
Rian Johnson
titolo originale:
Knives Out
distribuzione:
01 Distribution
durata:
130'
produzione:
Media Rights Capital, T-Street
sceneggiatura:
Rian Johnson
fotografia:
Steve Yedlin
scenografie:
David Crank
montaggio:
Bob Ducsay
costumi:
Jenny Eagan
musiche:
Nathan Johnson
Muore un anziano scrittore di romanzi gialli in circostanze misteriose. Al detective Benoît Blanc spetta indagare poiché ogni membro della famiglia del defunto ha un movente che potrebbe averli mossi a delitto.