La maggior parte delle numerose dittature del XX secolo erano sostenute da sistemi economici molto diversi dal nostro. L’economia di Pol Pot o quella assai europea dei nazisti e dei fascisti erano decisamente diverse dall’economia neoliberista all’interno della quale lavoriamo e viviamo oggi in Europa. L’eccezione principale è data dai regimi dittatoriali che si instaurarono in Sudamerica nel contesto dell’operazione Condor, come il regime di Videla in Argentina che è il soggetto del film. Le sanguinarie dittature di Videla e di Pinochet in Cile sono state invece tra le prime occasioni per testare elementi chiave dell’economia neoliberista - come le privatizzazioni dei servizi pubblici (ospedali, scuole) - con contribuiti diretti alla stesura dei piani economici da parte dei Chicago Boys guidati da Milton Friedman. Sono quindi perfettamente compatibili con l'attuale organizzazione della società, e per questo particolarmente inquietanti.
Di tutto questo, però, in "Argentina, 1985" non c’è traccia. Certo, non deve essere facile parlare dell'operazione Condor dopo che ne ha già parlato – in ben quattro film eccezionali: "Tony Manero", "Post Mortem", "No" e "Neruda" – un grande del cinema contemporaneo come Pablo Larrain. Il fenomenale finale di “No” fa riflettere sulla portata di una vittoria (la fine del regime di Pinochet) in cui la violenza militare viene accantonata ma il sistema economico da essa imposto permane. In "Argentina, 1985" invece il finale (noto, cioè la condanna giudiziaria di Videla e compagni di merende per le efferatezze della giunta militare: desaparecidos, torture, sottrazioni di neonati etc.) risolve proprio tutto, ma proprio tutto – l’Argentina da quel momento in poi è una terra del latte e del miele.
Anche la vita quotidiana delle persone non imprigionate e torturate nelle carceri nell’Argentina di Videla non era diversa da quella negli anni 70 (o di adesso) in Europa - un consumismo incentrato sui giovani - a riprova che il nostro modus vivendi è perfettamente compatibile con una dittatura militare. Su questo ci invitano a riflettere le strazianti inquadrature aeree del bel "Garage Olimpo" di Marco Bechis (per non citare sempre Larrain). La questione è invece relegata in un rapido dialogo tra i due protagonisti in "Argentina, 1985" – “tu durante la dittatura continuavi a lavorare come se niente fosse!” “e tu ad andare al mare come se niente fosse!”. Fine.
Di che parla, allora, "Argentina, 1985"? Di due cose. La prima è la violenza del regime militare. Questo è buono e giusto. Non si deve perdere la memoria della tortura degli stupri delle esecuzioni operati su scala industriale dal regime di Videla. La perversione sadica di far sparire le vittime per torturare per sempre i parenti che non si possono riconciliare con la morte degli amati. Queste violenze non vengono messe in scena direttamente, né sono raccontate da voci narranti: sono scoperte dagli spettatori così come le scoprirono gli argentini, dalla viva voce delle vittime che testimoniavano al processo. Questa è una scelta interessante, sottolineata con vari accorgimenti registici – in particolar modo, Mitre riprende lo schermo delle telecamere che riprendono i testimoni, ponendoci così nella prospettiva del popolo argentino che vede per la prima volta la dittatura attraverso queste testimonianze. Non arriva però a giocare con le immagini d’archivio (come aveva fatto Larrain in “No” giustappunto) ma le dispone più canonicamente con i titoli di coda.
Il secondo tema di cui parla "Argentina, 1985" è la storia della potenza del singolo impiegato che crede nella giustizia contro una macchina mortale che si è appena spenta ma i cui pezzi sono al momento sparsi dappertutto nella società, disgiunti ma intatti. La storia della sua paura, della paura di tutta la sua squadra legale e del modo in cui la superano. Questa lotta contro la paura è ben raccontata attraverso l’interpretazione di Ricardo Darin e aggiunge qualche sfumatura thriller a una pellicola altrimenti completamente giudiziaria. Qui il film si fa a tratti emozionante ma di nuovo ci sono passaggi un po’ scontati – come la musica enfatica durante l’arringa finale.
cast:
Ricardo Darín, Peter Lanzani
regia:
Santiago Mitre
titolo originale:
Argentina, 1985
distribuzione:
Prime Video
durata:
140'
produzione:
La union de los rios
sceneggiatura:
Santiago Mitre
fotografia:
Javier Julia
montaggio:
Andres Estrada
musiche:
Pedro Osuna