Ondacinema

recensione di Mario Vannoni
6.5/10

"È la storia di una società che precipita…e che mentre sta precipitando si ripete, per farsi coraggio: «Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene». Il problema non è la caduta. Ma l’atterraggio."

La citazione è tratta dal finale di "L’odio", opera cult del 1995 di Mathieu Kassovitz, che narra delle tensioni in atto – in quegli anni, come oggi – nelle banlieue francesi. È un film in cui si respira dall’inizio alla fine un clima angoscioso, basato su un equilibrio precario che rischia di collassare al minimo urto. "Acid" (2023) di Just Philippot ("Lo sciame", 2020), presentato a Cannes lo scorso anno ed espansione di un cortometraggio dello stesso regista, fa proprie quelle atmosfere e le ricontestualizza alla situazione odierna: lì era lo scontro tra le forze di polizia e i gruppi di adolescenti sbandati a nutrire il nervosismo latente, qui è l’imminenza della catastrofe, l’avvento, più rapido del previsto, di un fenomeno atmosferico cataclismico e destinato a devastare il mondo per come lo conosciamo.

Philippot immagina un futuro distopico (ma non così lontano dalla realtà[1]) in cui è in atto un processo cosiddetto di "acidificazione", per il quale i rifiuti industriali, degradando a causa di un caldo anomalo, producono delle esalazioni acide che, penetrando nell’atmosfera, danno origine a piogge corrosive capaci di consumare tutto: la pelle, il metallo, il suolo, le pareti delle case. Il film si apre su una sequenza girata in stile mockumentary che mostra una protesta operaia in corso nello stabilimento in cui lavora Michal, il protagonista. La furia della contestazione – che vede Michal picchiare insistentemente un poliziotto, condannandosi al carcere prima e alla libertà vigilata poi – eredita la violenza insita in "L’odio", a cui "Acid" si ricollega anche registrando una situazione di collasso del sistema. Una crisi dalla natura duplice, sociale da un lato e climatica dall’altro, ma interconnessa: l’emergenza ambientale è lo specchio del decadimento di un modello produttivo. Siamo perciò immediatamente immersi in un contesto sottoposto a una pressione crescente, pronto ad esplodere.

"Acid" si presenta come un film di genere appartenente alla categoria del disaster movie, un po’ come il precedente film del regista, "Lo sciame". Molti critici, tuttavia, lo hanno ricondotto al filone dell’eco-vengeance, in cui la natura, subita la mancanza di cura da parte degli esseri umani, si ribella e restituisce il favore. A ben vedere, però, "Acid" è contaminato da una matrice melodrammatica che fa da architrave alla narrazione. La storia, infatti, è il presupposto per mostrare il tentativo di ricongiungimento, non affettivo ma fisico, di una famiglia disfunzionale. Michal ed Elise sono i genitori, ormai separati, di Selma: lui ha trovato una nuova compagna, Karin, complice delle sue lotte operaie[2], mentre lei si prende cura della figlia. L’incedere sempre più minaccioso delle piogge acide porta la famiglia a riunirsi per scappare, costringendo i membri a una convivenza forzata. È interessante, in questo senso, l’andamento del film, organizzato su una serie di sequenze febbricitanti che trasformano la rincorsa in fuga. Se infatti in un primo momento i personaggi sembrano inseguirsi (il pessimo rapporto tra Michal ed Elise, costretti a incontrarsi a causa della figlia, la ricerca un po’ vana di quest’ultima della figura paterna, pur osteggiata), gli eventi li portano a convergere in un unico punto per scappare dalla morte certa. In altre parole, passano dall’inseguire (la speranza?) all’essere inseguiti, in quello che diventa uno pseudo-road movie in cui il viaggio assume le fattezze dell’incubo.

Da questo punto di vista il movimento narrativo del film ricorda un po’ quello di "Rumore bianco" (Noah Baumbach, 2022), in cui era una società intera a scappare dalla catastrofe e dalla morte. "Acid", dunque, mette in rapporto il micro al macro, trasponendo l’orrore del reale nella tragedia familiare. All’interno di questa fuga si consumano una serie di fratture. Anzitutto la più traumatica, ovvero la morte di Elise, che in una scena concitata precipita da un ponte e cade in acqua, finendo corrosa dall’acido della pioggia. In secondo luogo quella tra Michal e Selma, lei quindicenne appartenente alla cosiddetta "generazione senza futuro" e frustrata dall’inevitabilità di un avvenire disastroso (eco-ansia), lui esponente della manovalanza impegnato nella lotta per i diritti civili; le loro priorità non combaciano e, anzi, finiscono per collidere in un cortocircuito generazionale: i giovani non raccolgono le lotte dei genitori, ma si trovano a fare i conti con un fardello mostruoso lasciatogli in eredità – che, per metafora, non è solamente climatico, ma economico, strutturale, identitario.

La frattura più grande, tuttavia, è quella tra noi e il nostro senso del pericolo. Philippot descrive una società che non è più in grado di affinare gli strumenti per prevenire il disordine e che affronta l’inevitabile rifuggendo le responsabilità[3]. Michal è realmente preoccupato per le sorti della figlia, ma tenta di metterla in salvo senza mai infrangere le proprie convinzioni ideologiche. Ciò è ben evidente nel dissidio tra lui ed Elise quando devono decidere che direzione prendere per allontanarsi dalle piogge: lui vuole raggiungere Karin per riabbracciarla, mentre la madre è più cauta e suggerisce di andare verso lo zio di Selma. Anche in questo Michal ricorda il Vinz di Vincent Cassel in "L’odio", una testa calda che pur di averla vinta mette a rischio ciò che lo circonda. La vera frattura di "Acid", allora, è con il futuro, e consiste nell’incapacità di organizzare il presente.

L’ansia e la paura generalizzate si traducono in una fotografia a tinte lugubri di una messa in scena cupa, che rifiuta le tipiche connotazioni di genere (i momenti di alleggerimento) e che fa della tensione il suo nucleo nevralgico. È interessante che il disfacimento del mondo per come lo conosciamo avvenga in un contesto urbano, con un immaginario che attinge alle suggestioni di "The Last of Us" (Craig Mazin, Neil Druckmann, 2023-in corso) o del recente "A Quiet Place – Giorno 1" (Michael Sarnoski, 2024), più che al repertorio classico del film apocalittico, quasi a dire che è proprio l’urbanità l’epicentro della catastrofe. Ma "Acid" è anche un film più umano di quanto il genere stesso farebbe presupporre, attento ai legami interpersonali e ai bisogni individuali, la cui tenuta drammaturgica è innervata da un rapporto padre-figlia che ricorda quello di "The Road" (John Hillcoat, 2009), sia per come tratteggia i personaggi che per lo scenario in cui li colloca.

Peccato allora che le ottime premesse cadano un po’ nel vuoto, soprattutto a causa di una tensione che scema gradualmente con l’avanzare del minutaggio, sacrificando la costruzione di un vero discorso etico in favore di uno sviluppo narrativo alquanto prevedibile e farraginoso. Cosa resta del mondo nel finale? Il "sacrificio" di Michal, che in maniera un po’ fortuita perde le gambe per salvare la figlia, rappresenta in qualche modo un riscatto o è solo l’ultimo atto di una concatenazione di eventi? La sensazione di inconcluso a cui siamo abbandonati sui titoli di coda costituisce una sospensione del giudizio o è solo sintomo di una mancanza di idee? La serietà tonale vuole fungere da monito o descrivere una realtà senza via di uscita? Le domande cadono nel vuoto, perché "Acid" non è in grado di raccogliere ciò che aveva ben seminato, azzoppando i suoi stessi esiti e lasciandoci con una conclusione che non significa nulla, se non l’incapacità di colpire nel segno.


[1] Posizione sostenuta anche da Vittorio Renzi nella sua recensione del film: "la minaccia profilata dal film descrive una realtà già in atto […], anche se con il dovuto ridimensionamento (ma neanche troppo: ad esempio, il diossido di zolfo nell’atmosfera, a contatto con la pioggia, dà veramente origine all’acido solforico, per non parlare di quello nitrico, solo che il loro fattore di acidità non è ancora tale da ucciderci. Non direttamente, almeno". https://quinlan.it/2024/07/07/acid-2023/ (consultato il 10/07/24).
[2] In effetti le proteste di inizio film avvengono proprio a causa di un incidente subito da Karin in fabbrica, che è ciò che scatena la reazione violenta di Michal.
[3] In questo iato ricadono gli atteggiamenti negazionisti e il disinteresse della politica nell’occuparsi seriamente di un problema di dimensioni gigantesche.


10/07/2024

Cast e credits

cast:
Clément Bresson, Suliane Brahim, Patience Munchenbach, Laetitia Dosch, Guillaume Canet


regia:
Just Philippot


titolo originale:
Acide


distribuzione:
Notorious Pictures


durata:
99'


produzione:
Bonne Pioche


sceneggiatura:
Just Philippot, Yacine Badday


fotografia:
Pierre Dejon


scenografie:
Nathalie Wartel


montaggio:
Pierre Deschamps


costumi:
Sabrina Riccardi


musiche:
Robin Coudert


Trama
Durante un'ondata di caldo anomalo, un processo noto come acidificazione porta alla formazione di piogge acide. Per mettersi in salvo, due genitori separati e la loro figlia, si ricongiungono e fuggono verso il Belgio.