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Hbo ha adattato per il piccolo schermo "The Last Of Us", celebre videogioco d’avventura e azione edito dalla casa californiana Naughty Dog. Le ambizioni e la riuscita della prima stagione sono all’altezza di quello che per molti è tra i migliori videogame di sempre

Difficile convincere i gamer, habitué di un mondo che, al contrario di quelli audiovisivi puri (l'industria cinematografica, quella discografica e, va da sé, quella delle serie tv e streaming), ha raggiunto proprio in questi anni il suo zenith, una sorta di golden age che vede i videogiochi evolversi e convincere masse sempre più ingenti e multiformi – non soltanto adolescenti e nerd come succedeva una quindicina d'anni fa, per intenderci. Eppure Hbo c'è riuscita, cimentandosi peraltro con un titolo, "The Last Of Us" (Naughty Dog, 2013-2022), che per tantissimi videogiocatori è da ritenersi tra i migliori di sempre, nel campo Adventure & Action, forse, in assoluto. Basta farsi un giro online per ascoltare tra forum e riviste specializzate quello che suona come un plebiscito con pochissime voci fuori dal coro.
Prima di iniziare la visione non è possibile non pensare ai possibili legami con l'iconica "The Walking Dead", il capostipite della serie Tv post-apocalittica di matrice zombie. E in effetti le somiglianze emergono: dagli scenari deserti alle città abbandonate, tanti sono gli elementi comuni tra le due serie, entrambe peraltro ispirate da media differenti da quello seriale: un videogioco nel caso di "The Last Of Us" e un fumetto in quello di "The Walking Dead". "The Last Of Us" mantiene però una sua riconoscibilità grazie a uno stretto legame col videogame, a un richiamo maggiore alla fragilità dei personaggi e meno al loro eroismo, oltre che a una scelta prettamente visiva (già presente nel videogioco) di disegnare paesaggi abbandonati, ma rigogliosi, dominati da una vegetazione che si impossessa nuovamente degli spazi liberati dalla presenza umana.

Un fedele adattamento transmediale

A capo del progetto seriale "The Last Of Us" troviamo lo sceneggiatore, regista e produttore esecutivo Craig Mazin, già pluripremiato per la realizzazione della superba "Chernobyl", sempre targata Hbo. Gli fa però compagnia nel ruolo di co-creatore Neil Alan Druckmann, il programmatore di Tel Aviv passato alla storia dei videogame come direttore creativo proprio del videogioco "The Last Of Us", oltre che di altri titoli celebri quali "Uncharted" o "Jak". La scelta di Hbo è stata dunque quella di affidarsi allo stesso tempo a un autore televisivo scafato, che garantisse un prodotto elegante, in linea dunque con la storia dell'emittente, e a una figura che assicurasse un'aderenza totale allo spirito del videogame.
La fedeltà alla fonte originale non riguarda però soltanto la trama e la narrazione, ma in molti casi anche l'aspetto visuale. Non solo alcuni scenari sono stati creati seguendo pedissequamente le schermate del gioco, ma addirittura alcune riprese, in particolar modo quelle di alcune parti d'azione, sono state effettuate ricalcando esattamente le soggettive e le semi-soggettive del videogame. È il caso, ad esempio, della meravigliosa scena del salvataggio di Ellie nell'ultima puntata, dove la tecnica utilizzata per le riprese riesce a far sentire lo spettatore dentro lo schermo.
Suddivisa in nove episodi che vanno dalla cinquantina di minuti fino a sfiorare l'ora e mezza, "The Last Of Us" è fedelissima al canovaccio del videogioco. Utilizza tuttavia qualche escamotage di sceneggiatura, come, ad esempio, anticipare gli eventi di circa venti anni rispetto al videogioco o l'utilizzo di flash back e flash forward, oltre alla caratura degli interpreti scelti per raccontare la particolare apocalisse zombie nella maniera più avvincente possibile e per approfondire il punto di vista di più personaggi.

Una plausibile apocalisse zombie ai tempi del riscaldamento globale

Come nel videogioco, invece del solito virus zombie, anche nella serie c'è il cordyceps, un genere di fungo effettivamente capace di controllare il sistema nervoso dei suoi ospiti, generalmente insetti, per sostentarsi e diffondersi il più rapidamente possibile. Ovviamente i cordyceps non potrebbero mai prendere il controllo di organismi complessi come gli esseri umani, a meno che, come ci viene svelato nel primo episodio da uno studioso in un dibattito televisivo degli anni Sessanta, un repentino innalzamento delle temperature li spingesse a evolversi in tal direzione. Non ha bisogno d'altro, "The Last Of Us", per innescare le nostre sinapsi e orientarle verso il riscaldamento globale per poi catapultarc - dopo i deliziosi titoli di testa fungini in Cgi - nel mezzo del disastro.
Dopo una breve e potente parentesi ambientata nei giorni in cui il terribile cordyceps comincia a espandersi, conquistando a poco a poco il mondo, la serie compie un deciso salto in avanti e ci mostra un'umanità sfiancata da oltre un decennio di pandemia. È qui che prende vita l'odissea di Ellie (Bella Ramsey) e Joel (Pedro Pascal), tra grattacieli e vecchi hotel di lusso sfondati dalla vegetazione, città sgomberate e controllate da governi locali di chiara matrice fascista (FEDRA) in perenne conflitto con gruppi di ribelli chiamati Fireflies (le luci, nella versione italiana).
Lo scenario post-apocalittico di "The Last Of Us" è imponente e spaventoso, ognuna delle sue numerose ambientazioni è realistica e curata in ogni dettaglio. Questa cura è il frutto di uno sforzo produttivo e scenografico che non ha assolutamente nulla da invidiare ai competitor cinematografici. Del resto, è stato chiamato a occupare la cabina di comando degli effetti visuali un veterano come Alex Wang, già all'opera su scenari apocalittici in "The Day After Tomorrow" di Roland Emmerich, nonché su saghe ad alto tasso di effetti speciali come "Fast And Furious", "Deadpool", "Transformers" e "Terminator".
Lo stesso vale per il make-up degli infetti, totalmente diversi dai minacciosi cadaveri putrefatti di romeriana memoria ai quali siamo abituati, con i volti e i corpi sfigurati da protuberanze e deformazioni di natura micotica. Tutt'altro che lenti o goffi, gli infetti sono peraltro interconnessi da una sorta di sistema nervoso condiviso, proprio come avviene con il vero cordyceps e le formiche di cui si appropria.

Non pago di aver dato la faccia al detective della Dea dai modi poco ortodossi Javer Pena ("Narcos: Colombia") e al Mandaloriano ("The Mandalorian"), praticamente due dei personaggi più iconici del mondo seriale degli ultimi anni, Pedro Pascal è qui Joel, lo scorbutico contrabbandiere incaricato di accompagnare e proteggere Ellie (Bella Ramsey) in un lungo viaggio verso l'ospedale gestito dalle lucciole, dove sarà possibile studiare l'immunità di quest'ultima al cordyceps. In pratica, l'ultima possibilità per un'umanità che però forse non merita di essere salvata. Già insieme in "Game Of Thrones", i due danno vita non soltanto a un'odissea avventurosa costruita a quadri, ma anche a un rapporto intricato, inizialmente difficile, che però progressivamente restituirà ai due quello che è stato tolto loro dall'apocalisse fungina: una famiglia. Questo legame, che diventa puntata dopo puntata più forte, mostra chiari collegamenti con il film "The Road" (tratto dal libro di Cormac McCarthy), pietra di paragone con ogni film post-apocalittico contemporaneo, in cui il rapporto padre-figlio è al centro della storia. In particolare, la situazione della penultima puntata, quando Joel è ferito e Ellie cerca di accudirlo al meglio delle sue possibilità, ricalca da vicinissimo il tragico finale del film con Viggo Mortensen.

Il racconto di "The Last Of Us" presenta uno sviluppo piuttosto semplice e diretto e, pur potendo contare su qualche spunto decisamente originale che lo differenzi da epopee zombie più tradizionali, non è esente da flessioni e cali di ritmo, i quali vengono fatti registrare, come spesso accade in prodotti del genere, nella parte mediana della stagione. Sono invece molto forti sia gli episodi introduttivi che quelli conclusivi. I primi, grazie agli espedienti narrativi già anticipati, risultano feroci ed efficaci nell'inscenare l'incubo del cordyceps; mentre gli ultimi due tolgono il respiro mettendoci di fronte all'efferatezza dell'umanità sopravvissuta – sia essa una comunità di cannibali guidati da un predicatore invasato o un gruppo di presunti salvatori, privi di qualsivoglia scrupolo di fronte alla remota possibilità di una cura.

Love is the answer

La vetta vera e propria di "The Last Of Us" corrisponde però al suo momento più coraggioso: il terzo episodio. Diretto da Peter Roar (già all'opera in "Daredevil" e "The Umbrella Academy", entrambe produzioni Netflix), l'episodio diverge da tutti gli altri sin dalla sua durata monstre di 1 ora 15 minuti, che mette temporaneamente in pausa il peregrinaggio di Joel ed Ellie per raccontarci la struggente storia d'amore queer tra Frank (il Murray Bartlett di "The White Lotus") e Bill (Nick Offerman). Praticamente un film quasi autonomo dalla serie, che, complice la colonna sonora acustica di Gustavo Santaolalla e il suo profumo di amore universale, risulta una specie di "Brokeback Mountain" ai tempi dell'apocalisse fungina.
Questa tragica storia d'amore nata in un mondo dove l'odio e l'egoismo dominano incontrastati rappresenta quindi una parentesi dalla realtà, l'oasi dentro la quale Frank e Bill si rifugiano per non contaminarsi col mondo esterno. Bartlett e Offerman sono straordinari nel costruire in pochi minuti due personaggi memorabili a cui affezionarsi immediatamente e per i quali versare ben più di una lacrima. Una storia nella storia, che spinge lo spettatore a riflettere su temi fondamentali come la tolleranza e l'eutanasia, affrontati senza moralismi nel toccante finale.
Una storia d'amore assoluto raccontata come nessuna altra serie Tv aveva mai avuto il coraggio di fare. Pur sospendendo le vicende portanti della serie, l'episodio è fondamentale per il suo sviluppo, dacché con la sua portata melodrammatica ci mostra l'unico senso possibile della sopravvivenza in un mondo come quello dilaniato dal cordyceps: l'amore.
L'episodio numero 7 prova a fare il pari in quanto a queerness e intenzioni drammatiche con questo mini-film, ma la Ramsey non ha (ancora) la credibilità di un Bartlett per donare le giuste sfumature al pur tenero flashback d'amore.

Al di là della grande qualità e dell'enorme capacità di intrattenere gli spettatori più diversi, e al netto di qualche piccola pesantezza narrativa e momento di stanca, "The Last Of Us" può dunque definirsi una serie riuscita, nonché un enorme successo di pubblico, in grado di richiamare davanti al televisore un numero crescente di spettatori ad ogni episodio. Un incremento che si è rivelato inarrestabile, anche quando l'ultimo episodio ha dovuto competere nientedimeno che con la notte degli Oscar. Hbo ha infatti confermato una media di spettatori che si assesta attorno ai 22 milioni, numero che riguarda peraltro soltanto la messa in onda statunitense e che in televisione non si osservava dai tempi di "The Game Of Thrones", uno dei più grandi successi dell'emittente e della storia del piccolo schermo.

The Last Of Us
Informazioni

titolo:
The Last Of Us

titolo originale:
The Last Of Us

canale originale:
HBO

canale italiano:
Sky Atlantic

creatore:
Craig Mazin, Neil Druckmann

produttori esecutivi:
Craig Mazin, Neil Druckmann, Carolyn Strauss, Rose Lam, Evan Wells, Carter Swan, Asad Qizilbash

cast:

Pedro Pascal, Bella Ramsey, Nico Parker, Gabriel Luna, Murray Bartlett, Anna Torv, Merle Dandrige

anni:
2023 - In corso