Riccardo Scamarcio, Margherita Buy, Roberto Herlitzka e il regista Giuseppe Piccioni raccontano la "loro" scuola de "Il rosso e il blu"
ROMA - La scuola dei destini incrociati. La scuola crocevia di storie e mondi, sogni a perdere e drammi quotidiani. La scuola protagonista perché "ha bisogno di essere raccontata in questi tempi in cui qualcuno deve difenderla, la scuola pubblica, intendo, quella per cui nessuno vuol combattere".
Così dice e così fa nel suo "Il rosso e il blu" Giuseppe Piccioni e lo dice e lo fa come uno che la scuola l'ha capita dopo: "Ha avuto un effetto ritardato su di me, solo ora penso a quel prof che mi ha fatto leggere di Paolo e Francesca per la prima volta o a quell'altro. Vorrei che tutto ritornasse a quella essenzialità, che invece di usare lavagne multimediali si imparasse a comunicare,anche perché gli alunni ormai sono molto più informatizzati dei professori. Volevo che la disperazione e la speranza uscissero fuori dal rapporto tra le persone più che dalla disillusione del vecchio professore che non crede più in nulla".
Girato a Monteverde, nella scuola Manzoni, "Il rosso e il blu" ha una sceneggiatura fiduciosa nel frammento significativamente funzionale a un puzzle complesso, costruita aggregando naturalismo e metafisica, ed è tutto tranne che un ritratto vivo e duro della scuola di oggi. Vuole andare molto oltre. Va molto oltre. Ma partendo dal "rosso e blu" della matita, dei colori primari come i sentimenti dell'adolescenza. Facendo scelte drastiche di esclusione "perché non volevamo mettere a fuoco tutto".
"Nella scuola c'è un dentro e un fuori e noi ci dobbiamo occupare solo di ciò che è dentro", dice la preside con la faccia di Margherita Buy. Però, guarda caso, è fuori, solo fuori che tutto accade. Almeno tutto ciò che conta davvero nella storia (anzi storie) raccontata nel film, liberamente tratto dal libro di Marco Lodoli, e affettuosa circumnavigazione su ciò che avviene (o non avviene) nel mondo della scuola. Più che commedia, un racconto corale che mescola disagio e sentimento, ironia e pensieri disperati.
Ma non è disperato lo Scamarcio in versione supplente che confessa: "La scuola che abbiamo conosciuto e gli insegnanti che abbiamo incontrato mi hanno dato l'impressione che sia ancora quel luogo di aggregazione e di vera interazione tra il mondo degli adulti e quello degli adolescenti,cioè che non sia cambiata affatto. E questa non è una cosa del tutto positiva. Il suo ruolo è ancora fondamentale anche se chi ci governa non vede questa risorsa, non capisce che questo deve essere il luogo da cui ripartire. C'è anche da dire che la scuola soffre di una perdita di autorevolezza e, nel cercare di comprendere, gli insegnanti si avvicinano troppo e sbagliano. Ecco, la scuola dovrebbe essere uno strumento diverso, che non neutralizzi i ruoli di insegnante e studente, che non ceda all'omogeneizzazione dei social network che ci vogliono tutti uguali".
Così Scamarcio, che è pronto a combattere in difesa di questa scuola (l'unica possibile) anche se da studente non l'ha mai amata. Parole sue: "Non ho mai amato la scuola, e tornarci non mi ha fatto cambiare idea. Ma abbiamo girato in un vero istituto e trovarmi in mezzo ai ragazzi mi ha messo una certa nostalgia. Per i ragazzi, ripeto, per l'età, non per la scuola".
E la Buy, preside fintamente algida, che capirà che nulla resta fuori dalla scuola e che tutto il mondo vi si comprime dentro: "Non conosco bene la scuola di oggi ma mi sembra di capire che non è cambiato il fatto orribile di non dare la giusta importanza al lavoro dei professori. Da quando andavo io a scuola ad oggi, tutto è uguale in questo senso, gli alunni che non vogliono studiare, i professori che combattono per insegnare qualcosa, ma ciò che conta non è cambiato".
"Sarà forse colpa - chiosa Herlitza, qui professore cinicamente disilluso - della disciplina che non c'è più, i ragazzi sono troppo liberi di fare ciò che vogliono e sono meno costretti, questa è la parola, ad accorgersi del bello che potrebbero scoprire studiando. Ciò che è cambiato è che oggi imparano molto da Internet e poco delle grandi cose che potrebbero apprendere dai libri".
Come dice Piccioni:"Ho cercato di fare un film che riuscisse a raccontare un mondo che credo valga la pena di proteggere, la scuola". Appunto.