L'incontro con uno dei maestri del cinema contemporaneo ci consegna il ritratto di un uomo concreto, disponibile ma determinato a portare avanti un discorso cinematografico che non può prescindere dal reale
E' impossibile ricavare il minimo compiacimento da un regista sempre pronto a rintuzzare i suoi interlocutori, come avviene quando Mario Sesti lo vorrebbe in qualche modo debitore di John Ford ("My Darling Clementine" è uno dei film preferiti dall'artista) ammirato ma non imitato dal regista americano, che risponde negativamente ad eventuali eredità provenienti da quella direzione, oppure nel rifiutare lo stile quale categoria adatta a riassumere le sue forme cinematografiche. Per Mann tutto si riduce ad una questione di sostanza: dalla scelta degli attori, spesso determinata dalla ricerca di un interpretazione che fosse frutto di una reazione ad un ruolo differente da quelli interpretati in precedenza - fu così per il Russel Crowe appena uscito da "Il gladiatore" e chiamato ad interpretare "Insider" (1999), Daniel Day Lewis, che gli studios ritenevano troppo gracile ed intellettuale per il ruolo di Hawkeye in "L'ultimo dei mohicani" (1992) e per Tom Cruise, il ragazzo della porta accanto trasformato in un killer freddo e spietato in "Collateral" (2004) all'uso del digitale, praticato per le possibilità di allungare la durata delle singole riprese, o per cogliere la profondità della notte losangeliana. E ancora, quando rispondendo a proposito del suo rapporto con i produttori afferma che quelli preferiti sono coloro che mettono a disposizione il budget e poi si tolgono dai piedi. Insomma, prima del regista, la lezione ci consegna un uomo che sa cosa vuole, e se lo prende, anche a costo di diradare la produzione filmica ("oggigiorno realizzare film richiede molto più tempo che nel passato"). E nel profluvio di applausi e di parole, la chiusa con il nuovo lascito del regista, il teaser dell'episodio che farà da apripista per una nuova serie televisiva targata Hbo, "Luck", una specie di "The Sopranos" ambientato nel mondo delle corse, dominato dalla presenza attoriale di due mostri sacri come Dustin Hoffman e Nick Nolte, ed una serie di progetti da realizzare per il cinema, tra cui una storia ambientata in un Medioevo ricostruito secondo una prospettiva interna a quel periodo. La consacrazione è ancora lungi dall'essere un commiato.