Il regista Andrew Dominik, insieme al protagonista Brad Pitt, ci introducono all'America spietata di "Cogan"
Brad che non ama i pestaggi. Lui preferisce uccidere. Dolcemente. Senza troppo rumore ma con molto sangue. Senza troppo torturare, ma anche senza nessun respiro. Più che Brad , l'intrepido killer cui dà muscoli pronti e occhi di gelo, nel durissimo (anche troppo programmaticamente) "Cogan" da domani nei nostri cinema . Ma diciamo Brad (Pitt e chi altro?) perché raramente lo si è visto così convincente in un ruolo. Toglie il fiato anche quando fa ridere (che non è poco) in questo che sembra un gangster movie e, invece, è un film sull'oggi fradicio di miserie e crisi. Sentire per capire di che cosa si parla.
Gli americani? "La maggior parte dei film sugli americani mostrano il popolo degli Stati Uniti come vorrebbe essere visto. Il solo genere che li mostra davvero per quello che sono è quello criminale perché si tratta dell'unico campo dove è accettabile che tutti i personaggi non pensino ad altro che al denaro". È chiaro ed essenziale il regista Andrew Dominik, che mette accanto al Brad Pitt superkiller, Richard Jenkins, James Gandolfini e Sam Shepard, cornice l'ultima campagna elettorale americana.
È essenziale Dominik, nelle parole e anche nelle immagini. E non meno chiaro ed essenziale è il suo killer, con la faccia di Brad Pitt: "Tutto questo parla dell'oggi. Non è bello ma è così, questo è il mondo in cui viviamo. È troppo violento? Lo è, certamente, ma è giusto mostrarlo".
Così eccolo alla sua seconda volta con Dominik, dopo "L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford". E' stata una rimpatriata? "Sì, del tutto. Non c'è stata differenza tra realizzare 'Jesse James' e questo. Con Andrew è come continuare un discorso: ha un radar con cui capisce perfettamente il comportamento umano. Discutiamo e litighiamo, ma sempre con rispetto. E mai sul set, sia chiaro".
Ma che cosa questo film ha a che vedere con la sua carriera in questo momento? "Più di quanto non si creda. Perché non solo come attore ma anche come produttore mi piace focalizzarmi su film che avrebbero difficoltà a essere realizzati e cerco anche storie che dicano qualcosa dei nostri tempi. Mentre leggevo la sceneggiatura, mi venivano in mente quelli che non si possono permettere il mutuo, che vivono per strada. Questo film parla anche di loro. Ma è tutto nel sottotesto. D'altra parte anche il prossimo ‘World War Z' parla di questo. Di zombie che hanno devastato il pianeta, scatenando una guerra e sterminando la popolazione, di un inviato dell'Onu che gira il mondo per intervistare i testimoni-chiave degli eventi e ricostruire la catastrofe che ha quasi portato all'estinzione del genere umano. Un film di zombie, certo, in apparenza, ma alla fine l'argomento è lo stesso".
E rincara la dose il regista: "Del romanzo cui si ispira il film mi piacevano i personaggi. ‘Cogan's Trade', il libro di George V. Higgins da cui il film è tratto, mi è parso perfetto. Mentre lo adattavo mi sono reso conto che, sotto le apparenze, era una storia sulla crisi finanziaria, ambientata nel mondo del gioco d'azzardo e dei regolamenti di conti. I film sul crimine parlano di capitalismo, perché tutti i personaggi sono motivati dai soldi. In un certo senso sono i ritratti più veritieri dell'America. Pensate solo a Hollywood, dove tutti vivono per il denaro".
Come dire, tempo di crisi tempo di antieroi. E, infatti, la colonna sonora del film è l'intreccio di notiziari tv con la musica integrata nella sceneggiatura e anche con i brani scelti, da Johnny Cash a Lou Reed, inseriti nella score in funzione della storia narrata e il finale incornicia il presidente Obama in tv che parla con enfasi a Chicago degli ideali americani mentre il killer professionista Brad Pitt, seduto in un bar con una birra in mano, commenta ironico: "Il nostro paese non è affatto questo, la verità e che si è sempre da soli e che l'America è solo business, violenza, denaro". Dunque anche Obama può essere coinvolto nel deprimente calderone? "No, la citazione del discorso di Obama nel film non voleva essere un fatto cinico. Le sue idee sono condivisibili anche se le cose poi vanno in modo del tutto diverso. E non è un caso se il film è stato concepito all'apice della crisi del mutuo ipotecario, di fatto criminale".
E il regista aggiunge: "Il mondo in cui viviamo è tremendo, ma il film contiene un messaggio positivo. Non comprendo il timore della violenza, perché questa fa parte della nostra cultura, basta leggere le fiabe classiche, come quelle dei fratelli Grimm, che sono necessarie per lo sviluppo dei bambini perché drammatizzano le loro preoccupazioni, insegnando loro a gestirle. È quello che fa anche il mio film, che contiene un insegnamento per cavarsela in un mondo competitivo. Se applichiamo la teoria dell'id, ego e superego, tutti i miei personaggi sono riconducibili a queste specifiche categorie. Il messaggio è di mantenere la lucidità, non nutrire il proprio ego e non indulgere nelle punizioni auto-inflitte. Se riuscirete a mettere in pratica questo consiglio, ve la caverete anche in mondo difficile e arduo come quello del capitalismo".
Inutile azzardare che forse la violenza è troppa e gratuita e che il sangue scorre a litri: "La troppa violenza non viene dai videogiochi, che tra l'altro non amo, ma fa parte del mondo reale".
Anche la filosofia (in realtà piuttosto trita) del killer con la faccia e il biondocapello di Brad: "Hai mai ammazzato qualcuno? È una cosa imbarazzante. Piangono, supplicano, si pisciano addosso, chiamano la mamma. Io preferisco ammazzarli con dolcezza, da lontano".