Michael Cimino sarà omaggiato dal Festival del Cinema di Venezia con il premio "Persol", doveroso e sentito omaggio ad uno dei maggiori cineasti della generazione della cosiddetta "New Hollywood".
La consegna avverrà giovedì 30 Agosto alle 14,30 in Sala Perla e sarà seguita dalla proiezione de "I cancelli del cielo" nella nuova copia restaurata digitalmente sotto la supervisione dell'autore.
A proposito del premio, il direttore della mostra Barbera ha sottolineato come questo voglia essere "un tardivo ma doveroso risarcimento alla grandezza di un cineasta visionario, una delle voci più intense e originali del cinema americano degli ultimi quarant'anni, progressivamente ridotto al silenzio dopo l'insuccesso commerciale di un capolavoro al quale contribuirono gli stessi produttori con tagli insensati. In virtù di un talento immenso, Cimino ha esaltato l'arte della messa in scena e offerto dell'America un ritratto insieme critico e appassionato, lucido e coinvolgente".
Una carriera folgorante, complessa e tormentata quella di Cimino, che ebbe inizio nel 1974 con "Una calibro 20 per lo specialista", sorta di sconnesso gangster-movie con due protagonisti d'eccezione quali Clint Eastwood ed un giovane (ma già incisivo) Jeff Bridges (che ottenne una candidatura all'Oscar).
Non fu solo un'impressione la bravura di questo regista come venne confermato dal successivo "Il Cacciatore", in cui lo stile lucido e disincantato, l'ottima direzione degli attori, la narrazione diseguale e sconnessa si rivelarono essere le principali virtù di un cinema, che già si prefigurava di altissimo livello, capace di intuire la dolorosa realtà di un sogno (quello americano) in disfacimento e di restituirla sullo schermo con travolgente e sofferta partecipazione. Fiammeggianti scorci narrativi alternati a tempi lunghi e dilatati ritmano l'anima tormentata di questo capolavoro, che permise a Cimino di imporsi prepotentemente sulla scena del cinema internazionale.
Il consenso di pubblico che lo aveva accompagnato fino ad allora cessò improvvisamente con "I cancelli del cielo", straordinaria epopea western, i cui scarni incassi (a fronte della faraonica messa in scena) sancirono il fallimento della United Artist e costarono al regista la possibilità di impegnarsi in nuovi progetti negli anni a venire. Vilipeso da gran parte della critica dell'epoca (per il pessimismo di fondo dell'opera) e snobbato dalle case di produzione Cimino fu isolato dallo star-system hollywoodiano, fino a quando non uscì il visionario "L'anno del dragone" (1985), a lungo criticato per l'immagine desolata, violenta e isterica che offriva delle metropoli statunitensi.
Non mancarono mai biasimi, accuse e rimproveri all'opera del regista e il successivo "Il siciliano" (1987) non fece, certo, eccezione, nel suo tentativo di rileggere la storia del bandito Giuliano secondo invenzioni biografiche, tese a proporre in un'insolita (e, a detta di alcuni, troppo conciliante) prospettiva il consueto "mito del criminale".
Il progressivo allontanamento dalle logiche produttive di Hollywood e il radicale disincanto dello sguardo costarono a Cimino un'incomprensione della sua opera talmente radicata in patria, che perfino i successivi "Ore disperate" (1990), remake dell'omonimo film di Wyler, e "Verso il sole" (1996), per quanto caratterizzati da un placido e sottile ottimismo nel raccontare i munifici paesaggi di un'America ancora in cerca della propria identità, non hanno contribuito in alcun modo a lenire l'emarginazione di uno dei maggiori cineasti degli ultimi quarant'anni.