Nella cornice della Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, il 30 agosto, presso la Villa degli Autori, Enrico Ghezzi, Donatello Fumarola, Alessandro Gagliardo e la redazione di Malastradafilm e H12 hanno presentato un progetto a dir poco ambizioso, di cui favoriamo una sinossi: in un arco di tempo lungo quarant’anni, a partire dalla fine del 1970 ai primi 2000, accadono un numero considerevole di cose. Ad esempio cambiano i formati di registrazione dell’immagine elettronica analogica e un uomo può spostarsi tra innumerevoli, anche se finiti, luoghi e attraversare migliaia di situazioni, incontrare centinaia e centinaia e centinaia di volti, condurre le più svariate conversazioni nei momenti più insoliti della giornata o della notte. Può ritrovarsi a cena, o a pranzo, o colazione, tra le rive del Gange o nel bar freddo di una Berlino formicolante di registi, critici e occhi curiosi. Crescono i figli, cambiano gli amori e i governi, escono una quantità spropositata di nuovi film che si possono vedere solitamente negli stessi festival, come a Cannes, o a Venezia, o nelle sale, della provincia o del centro. Capita pure che muoiano gli amici, che se ne perdano altri, che se ne trovino di nuovi. Avviene la vita, insomma, che a raccontarsi è, quasi, la vita di tutti. Per l’uomo con la macchina da presa però è diverso poiché dopo questo incedere senza sosta del tempo ha dalla sua parte una enorme quantità di registrazioni pronte a riavvolgersi per dire di nuovo qualcosa di nuovo. Quell’uomo di questo film è enrico ghezzi, il più geniale e influente autore della televisione italiana, il più pittore e paroliere dei critici cinematografici, l’uomo che in un pomeriggio di una Roma quieta insorse: si chiamerà "Gli ultimi giorni dell’umanità", questo film.
Sul sito ecce.dance si può seguire il percorso intrapreso dalla produzione mentre sulla pagina facebook gli aggiornamenti. Alla pagina denari, invece, le specifiche per partecipare al crowdfunding e aiutare la realizzazione del progetto.
Aggiungiamo ulteriori dettagli sull'operazione e sulla peculiare lavorazione:
Abbiamo iniziato digitalizzando centinaia di ore rilevando un’enormità di immagini, parole, situazioni, persone, luoghi. L’archivio di egh è una cosa rara, dispersa e dispersiva, lo raccontiamo in un testo, il TrattamentoTractatus.
Bastava giusto mettersi in ascolto. Ironia, sarcasmo, maestria del ribaltamento, silenzi, risate. I pomeriggi nel soggiorno di casa Ghezzi si sono disposti a ventaglio. Parole brevi, capriole, scherzo, aperture sconfinate. Facciamo.
Leggeri.
Così la seconda mossa è stata quella di inventarsi una macchina. Una specie di impastatrice per archivi. Si chiama La Macchina che cattura l’eccedenza.
– Enrico, che ne pensi?
– È quello che ho sempre voluto fare.
– Ah! Vieni qualche giorno anche tu?
– Verrei tutti i giorni.
E così è stato.
Era giugno e ci siamo ben divertiti, scoperti, stretti. Analogie, balzi nel tempo.
L’archivio è cresciuto di circa 200 ore (assemblando una macchina con pezzi fermi in magazzini da 20 anni): abbiamo prodotto eccedenza!
Siamo bravi a eccedere, chiosa Enrico.
Quel dispositivo orchestrale e corale e simultaneo che è la Macchina ci ha dato un’indicazione precisa che ha preso a germinare. Da quella bellezza dell’ensemble, da quel tutto e nulla insieme, dal quel «Si può fare, ma si può anche non fare» non si può tornare indietro, non si può più prescindere. Si palesa così l’eccedance, l’idea di mettere in ballo una redazione. La pratica dell’eccedere, nell’ambivalente generare esubero e scarto, ha trovato occasione di suggerire una danza, una nuova urgenza di immediato e di rischio, di errore e tenuta, di abilità e coraggio, di fuori e intimità.