È un'autrice a cui fare attenzione Margherita Ferri, regista di questa produzione a basso budget, realizzata grazie al patrocinio della Biennale di Venezia e in tempi molto ristretti. Se da un lato infatti la limitatezza dei mezzi si fa notare in alcuni aspetti del film che, seppur curati, rimangono nell'alveo dell'amatorialità (a partire dalla capacità di alcuni interpreti che lasciano trasparire una scarsa confidenza con la macchina da presa), dall'altro lato la regia della Ferri è alla continua ricerca di uno stile proprio e di un tocco artistico, con l'accortezza, tra l'altro, di ambientare le vicende in una realtà piccola e locale come quella delle comunità dell'appennino: scelta che giustifica quelli che potrebbero sembrare (e probabilmente sono) difetti dovuti alla mancanza di un budget adeguato, con la scusa di un maggior realismo e di una fedeltà al contesto rurale.
Nell'affrontare la tematica adolescenziale (che in Italia non gode di una schematizzazione definita come nel caso americano, dove il teen-movie rappresenta un genere ormai ben riconoscibile) sotto un punto di vista tutto al femminile, la pellicola ricorda un altro recente film di produzione locale, qual è "L'età imperfetta" di Ulisse Lendaro. Anche questo, per altro, rappresentava il mondo degli adolescenti tramite una vicenda sportiva, e giungeva a conclusioni per alcuni versi simili. Ciò che questo "Zen sul ghiaccio sottile" aggiunge rispetto al film di Lendaro è una ricerca stilistica più marcata e soprattutto la riflessione lgbt, sulla quale tuttavia non viene mai forzata la mano e che non conduce a conclusioni scontate e facili. La sessualità della protagonista è certamente uno degli elementi scatenanti della vicenda e la attraversa fino alla fine, ma la storia rimane legata innanzitutto al mondo adolescenziale, in tutte le sue contraddizioni e la tematica omosessuale non risulta strettamente necessaria al dispiegarsi del plot: a ben vedere questa contingenza dell'elemento lgbt dev'essere considerata come un fattore assai positivo, in quanto contribuisce a far sì che lo spettatore non lo percepisca come un qualcosa di eccezionale, ma come una caratteristica tra le altre della protagonista, come parte di una complessità caratteriale che non può appiattirsi soltanto in questo. Certo l'omosessualità diventa la mira principale dei bulli che aggrediscono Maia, ma questo bullismo nei suoi confronti è scatenato da molti fattori, che non possono essere costretti nello spazio di un singolo attributo.
Nonostante la ristrettezza di mezzi, la Ferri orienta la sua regia verso la ricerca estetica, che investe non solo i movimenti di macchina, con l'utilizzo di numerosi ralenti a evidenziare la centralità di alcune sequenze, ma anche l'utilizzo della musica e del sonoro in generale. È poi interessante l'accostamento di alcune scene che riprendono lo scioglimento dei ghiacci al Polo ad alcuni momenti salienti della narrazione. In generale la natura è una presenza costante all'interno del film, ma è una presenza che rimane ambivalente: se da un lato la natura diventa casa, rifugio (come nel caso del bosco dell'Appennino in cui Maia e Vanessa trovano lo spazio per una reciproca apertura), dall'altro lato abbiamo una natura che inquieta (come quella delle scene succitate), che sembrerebbe avere un richiamo metafisico, come in certo cinema herzoghiano, ma che rimane soprattutto immagine metaforica di uno stato interiore: quello del dolore della protagonista, ragazza intraprendente e appassionatissima di hockey, ma emarginata a causa del suo carattere e costretta a sperimentare la solitudine e la sofferenza, un senso di inadeguatezza sul quale la regista si concentra a lungo. Già dopo il primo allenamento ad esempio, vediamo Maia cambiarsi sola in una stanza vuota, mentre in sottofondo sentiamo il chiasso proveniente dallo spogliatoio maschile, testimone di un cameratismo dal quale Maia è esclusa.
Sono diversi gli spunti interessanti in quest'opera e viene infine da chiedersi come il film avrebbe potuto essere se avesse goduto di un budget appropriato, in ogni caso la pluralità di elementi di interesse ci richiede di mantenere gli occhi puntati su questa regista, nella speranza che possa dare in futuro un prezioso contributo al cinema italiano.
cast:
Eleonora Conti, Susanna Acchiardi, Fabrizia Sacchi, Edoardo Lomazzi, Ruben Nativi
regia:
Margherita Ferri
distribuzione:
Istituto Luce
durata:
90'
produzione:
Articolture
sceneggiatura:
Margherita Ferri
fotografia:
Marco Ferri
scenografie:
Nicola Bruschi
montaggio:
Mauro Rossi
costumi:
Valentina Zizola
musiche:
Alicia Galli, Riccardo Vandelli, Antonello Sabatini, Aldo Dursi