Quentin Dupieux ci ha abituato ai suoi film spiazzanti, grotteschi, con una spruzzata di fantastico. Principalmente, forse, più vicino a un teatro dell’assurdo rielaborato con tic e simbologie contemporanee, in un misto di fonti ispiratrici, a volte vincente, tra Ionesco e Beckett, tra il romanzo grafico francese e le serie televisive giapponesi anni 80, tra i racconti horror anni 70 e il trash. Il suo massimo esempio – e anche il migliore – risulta essere “Doppia pelle”, con un Jean Dujardin ossessionato da una giacca di pelle e del rapporto feticistico con l’oggetto del desiderio, mentre quando fallisce ci ritroviamo ad assistere a “Fumer fait tousser”, uno sgangherato omaggio ai “Power Rangers” con protagonisti impossibili i supereroi della “Forza del Tabacco” con poteri collegati alle sostanze cancerogene della sigaretta per combattere strampalati supercriminali che vogliono distruggere il mondo.
“Yannick – La rivincita dello spettatore” si inserisce tra questi due estremi. In un teatro di Parigi un gruppo di spettatori sta assistendo alla commedia “Le cocu” (“Il cornuto”): in scena ci sono un uomo e una donna che stanno battibeccando su un ospite che entra poco dopo. La rappresentazione è interrotta improvvisamente da uno spettatore che si presenta e protesta perché si sta annoiando. Viene da lontano, ha chiesto un giorno di ferie apposta per assistere a uno spettacolo per divertirsi e si scaglia contro i tre attori rei di recitare male su un testo noioso. L’assurdo interviene nel momento in cui lasciando il teatro, Yannick sente che gli attori lo stanno canzonando e il pubblico rimasto ride. Allora rientra armato e rapisce tutti interrompendo definitivamente lo spettacolo e decide di scrivere lui una scena veramente divertente che i tre attori dovranno recitare.
Il discorso sulla rottura della quarta parete teatrale, il metateatro, i personaggi in cerca di autore appare un po’ trito e meno male che la regola di unità di tempo (poco più di un’ora) e spazio (la scena teatrale) aiutano a rendere digeribile il contesto per una storia che potrebbe ridursi a un cortometraggio scherzoso in cui le pretese intellettualistiche lasciano il tempo che trovano. In questo senso, il tema metateatrale è meno riuscito rispetto a quello metacinematografico di “Doppia pelle”.
Detto questo, ci sono un paio di intuizioni divertenti e fuori dagli schemi. Un esempio è la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto del protagonista. Yannick appare fin da subito come una persona disturbata, pur rivendicando che è un onesto lavoratore (guardiano notturno) che svolge la sua attività senza aver mai ricevuto un rimprovero. Parla in modo strascicato (da sentire in VO, il doppiaggio non rende giustizia), con voce cantilenante e muovendosi in modo sgraziato con le braccia dinoccolate, un parente stretto dei protagonisti di “Mandibules”. Usa un computer per scrivere la scena computando maldestramente sulla tastiera. Alla fine, produce un testo sgrammaticato che i tre attori recitano. Tutto fa presagire la stupidità della situazione (e del risultato), ma la sorpresa è che, alla fine, il testo regge alla messa in scena, il pubblico si diverte e i tre attori danno il loro meglio. Lo scarto tra pregiudizio dato dalle apparenze e risultato finale è costruito in modo graduale, riuscendo a dare un senso a tutta la pellicola.
Appare anche molto chiaro che chiunque possa fare arte, anche l’uomo comune per Dupieux. Anzi, Yannick è il suo alter ego: Mr Oizo da musicista si trasforma in Quentin che scrive, produce, fotografa, monta e dirige i film che gli piacciono perché gli altri sono tutti noiosi. Così l’incipit si ricollega anche nella forma con il finale. Fin dai titoli di testa c’è la dichiarazione estetica: su schermo nero il nome “Yannick” avanza con balzi dallo sfondo fino a riempire l’inquadratura così come il protagonista in carne e ossa farà nel teatro. Finita la rappresentazione con uno stacco sono ripresi gli uomini della BRI (Brigade de Recherche et d'Intervention), corpo di élite della polizia francese armati fino ai denti, che entrano nel teatro per liberare gli ostaggi. L’ultima inquadratura è di nuovo al nero, nel buio dell’entrata. Entrano in un buco nero, dove finisce Yannick, sia il personaggio sia l’opera. Perché tutto è effimero, tutto scompare nel nulla. E ci vuole la forza per riportare l’ordine.
cast:
Raphaël Quenard, Pio Marmaï, Blanche Gardin, Sébastien Chassagne
regia:
Quentin Dupieux
titolo originale:
Yannick
distribuzione:
I Wonder Pitcures
durata:
69'
produzione:
Chi-Fou-Mi Production, Atelier de Production, CNC
sceneggiatura:
Quentin Dupieux
fotografia:
Quentin Dupieux
scenografie:
Bruno Hadjadj
montaggio:
Quentin Dupieux
costumi:
Elfie Carlier