Dopo che è stato anche citato dalla giuria di Cannes il Bechdel test è ufficialmente mainstream. Il test è il seguente: nel film ci sono due donne che parlano tra loro di qualcosa che non sia un uomo? Facendo mente locale vi accorgerete di quanti pochi film passano questo test. Di solito c'è una sola donna. Se ce ne sono due, parlano di maschi. Poche le eccezioni, a meno che naturalmente non si tratti di film rivolti esclusivamente al pubblico femminile. Ecco, non si può negare che a "Wonder Woman" bastino dieci minuti per passare il Bechedel test a pieni voti - alle amazzoni di parlare di uomini non può importare di meno.
[Un discorso a parte merita lo scempio delle mitologie altrui. A me spiace molto per come è trattata - ridicolizzata - la mitologia Asgardiana nei film della Marvel. Ma in fondo è una mitologia limitata nello spazio nel tempo e nella creatività. Ma non mi puoi prendere la mitologia greca che è la base della civiltà europea e trasformarla in un pateracchio privo di senso alcuno. Mi offendi nel profondo. E se in India o in Cina girassero una commedia action in cui Cristo, incarnatosi ai giorni nostri, combatte a mazzate e battute contro Satana ma poi scopre nel terzo atto che il vero nemico è l'ambiguo Spirito Santo? Sareste contenti?]
Ma poi compare Gal Gadot, che è ultraterrena, quindi perfetta per il ruolo, ma comunque ultraterrena. La splendida donna guerriero alla fine è il paradigma del cinema commerciale dei nostri anni. Vedi "Resident Evil", ma soprattutto "Hunger Games". Persino quei sessuofobi della Disney si sono dovuti piegare e hanno trasformato "Star Wars" in una saga delle splendide donne guerriero. La splendida donna guerriero fa felici maschi e femmine, fa felici gli occhi, il cuore e pure la coscienza.
Tecnicamente. La sceneggiatura rispetta gli standard del genere, cioè è a blocchi singolarmente coesi ma tra loro non connessi (vedi il passaggio dalla Turchia a Londra in una notte in barca - ma perché?) e prevedibile come le fasi lunari. I dialoghi però, va detto, tendono ad essere più brillanti della media e la comicità non è la solita insopportabile ironia postmoderna ma si rifà efficacemente alla commedia brillante e alla commedia degli equivoci. Le scene d'azione sono belle, decisamente. Sono nel notevole stile snyderiano di "Man of Steel" e "300" cioè giocato sui cambi repentini di velocità più che sui tagli di montaggio. A questo si aggiunge una certa mano nella disposizione dei corpi negli spazi che rende possibili belle coreografie collettive. La fotografia riesce a ritagliarsi così delle pose epiche, che fanno molto bel fumetto, e danno nei momenti migliori il respiro che il film ambirebbe ad avere. Anche la palette dei colori vede un equilibrio interessante tra il pop iperrealista e momenti più realistici - si tratta pur sempre di un film in cui il nemico è la guerra stessa.
Se non vi piace il genere supereroistico, riassumendo, non c'è motivo di vedere questo film. Se vi piace il genere troverete un film con dialoghi, scene d'azione e fotografia migliori della media, con protagonista una splendida donna guerriero.
Ma l'unico, vero, bellissimo blockbuster femminista del decennio rimane sempre Mad Max: Fury Road.
cast:
Gal Gadot, Chris Pine
regia:
Patty Jenkins
distribuzione:
Warner Bros
durata:
141'
produzione:
Warner Bros
sceneggiatura:
Allan Heinberg
fotografia:
Matthew Jense
scenografie:
Alnie Bonetto
montaggio:
Martin Walsh
costumi:
Lindy Hemming
musiche:
Rupert Gregson-Williams