Dopo un'opera d’arte sul Tutto e sull’Ovunque quale è "Twin Peaks - Il ritorno" forse davvero David Lynch può definitivamente e con cognizione di causa rinunciare a girare una qualsivoglia immagine in movimento. Non che prima di allora ne avessimo messo in dubbio il genio e non che non accoglieremmo con somma gioia un futuro lungometraggio (o serie tv o una qualsiasi cinecosa), ma generando "The Return" uno spaesamento definitivo - mediante collisioni e vertigini che partono dal micro, passano per esseri umani e rispettivi cloni/doppi/opposti e finiscono in spazi-tempi indefinibili e al contempo sempre ritornanti - azzardare per il cineasta del Montana un nuovo inizio, una ricollocazione, sarebbe una ipotesi impossibile, per diversi aspetti addirittura ingenerosa.
Poco utile è pure quantificare la riuscita o meno, la bellezza e l’utilità dei minuti da lui realizzati successivamente alla serie trasmessa dalla televisiva Showtime.
I cortometraggi "Ant Head" (2018) e "What Did Jack Do?" (2017, ma diffuso soltanto nel 2020, grazie a Netflix) sono idealmente collocabili, con un azzardo, in un qualsiasi momento di una qualsiasi puntata di "Twin Peaks - Il ritorno". Una provocazione, magari, ma si ha ormai veramente l’impressione di un approdo ad un espressionismo astratto nei confronti del quale il tentativo di minuziosa decodificazione è esercizio di sterile pretesa.
Non si tratta solamente di tracciare un discorso che parte dalla narrativa audiovisiva tradizionale per giungere alla distruzione di codici masticati: il disorientamento maggiore lo si ottiene, forse, quando, inversamente, dal subconscio (talvolta coincidente con l'astrattismo di cui sopra) si arriva (o si ritorna) ad una supposta razionalità.
Dovendo scendere a patti con le convenzioni si può provare a descrivere cosa è e cosa non è questo "What Did Jack Do?" che ha, d’altra parte, alcune componenti ben chiare: è interamente ambientato in una stanza, una sorta di saletta di ristorazione situata all’interno di una stazione ferroviaria. Vi è, all’interno del locale, una finestrina al di là della quale si scorge una piccola porzione di paesaggio che sembra provenire da un hard-boiled a basso budget degli anni 40 (potrebbe essere un Dmytryk, un J.H. Lewis, un Ulmer).
Se escludiamo un frammento ove vi compare una cameriera e un’apparizione finale "a sorpresa" due sono i personaggi che fanno il film: il Detective (David Lynch) e l’imputato Jack Cruz (la scimmietta antropomorfa). Alla radice del confronto verbale c’è un omicidio, una storia di passione e di morte che coinvolge una scimmia cappuccino, un pollo e una gallina.
Ma in "What Did Jack Do?" non c’è nulla da ridere. L’arena del confronto dialettico è un altro teatrino dell’assurdo impresso con la fiamma ossidrica del grottesco.
Il film non risiede nelle trame della paradossale indagine. Il fulcro è allora nella scacchiera del campo e controcampo tra il Detective e la scimmia con un contrasto che capovolge anche le convenzioni dell’assurdo. David Lynch presta il suo volto al Detective ma al contempo doppia la scimmia e gli dona le sue labbra (applicate digitalmente sulle sembianze dell’animale). A ben vedere, con un contropiede geniale, per movenze, missaggio sonoro della voce, velocità stessa dei frame, è l’elemento di rottura (la scimmia) a ricordare figure braccate dalla legge in vecchi noir statunitensi, mentre è l’anziano regista (il Detective) che parla e gesticola come un uomo dell’odierna epoca storica.
Rispetto a passate escursioni il contenitore è svuotato da molti degli attesi umori: non un raccapriccio posto al capolinea, non un’aperta parodia verso un genere e i suoi clichè, anche il concetto di bizzarria è relativo.
Dopo "INLAND EMPIRE" - o meglio durante "INLAND EMPIRE", mentre ci stavamo perdendo - lo sguardo del cineasta ha sterzato verso un’ulteriore direzione, uno spazio ignoto. Fin dal principio il Lynch indagatore, osservatore, riproduttore, inventore, nell’aprirsi verso mondi o cose non disdegnava - e, al contrario, talvolta affermava con emozione - la sorpresa della scoperta, lo stupore che il suo stesso sguardo trovava verso impervie o lineari strade.
Da qualche anno, invece, le diramazioni accumulate hanno portato la sua mente e il suo obiettivo in un territorio che possiamo accostare solamente ai meandri dell’onirismo. La sorpresa del vedere e del sentire è già insita nell’artista (non a caso lui stesso già riprodotto e sdoppiato davanti alla sua macchina da presa) lasciando allo spettatore tutto il peso o la leggerezza del vedere negli occhi e del montare nell’inconscio. Riprendendo "Twin Peaks - Il ritorno", si ripropone allora il quesito esemplificatore: "Ma chi è il sognatore?". L’autore di ciò che stiamo vedendo? Noi stessi? Entrambi?
"What Did Jack Do?" non vuole essere la proposizione di un sogno, ma la cattura di un sogno che sta avvenendo. Per questo quando fa irruzione una dissolvenza – fascio di bianche luci del varietà – non siamo in un revival di un nascente musical hollywoodiano. È il nascente musical che sta sorgendo in quell’esatto momento. In che anno siamo?
cast:
David Lynch, Jack Cruz, Emily Stofle
regia:
David Lynch
distribuzione:
Netflix
durata:
17'
produzione:
Absurda
sceneggiatura:
David Lynch
fotografia:
Scott Andrew Ressler
scenografie:
David Lynch, Riley Lynch, Jesus Plasensia, Alfredo Ponce, Anna Skarbek, Sabrina S. Sutherland
montaggio:
David Lynch