Si chiama "El Pueblito". È uno dei penitenziari messicani più temuti del paese, al confine con la California. Ma più che per l'alto tasso di criminalità dei suoi ospiti, a destare una certa impressione è soprattutto la gestione totalmente corrotta dell'intero sistema direttivo e di vigilanza, oltre alla libertà di cui godono i malviventi. Tra i cortili del carcere sorge una mini città, una baraccopoli fatiscente dove si vendono droga e tacos, un micro-ghetto che brulica di donne e bambini che fanno da sfondo all'entrata in scena di un "gringo", rapinatore di professione ed ex cecchino dell'esercito degli Stati Uniti, pronto a prendere in mano la situazione per porre fine al potere della banda criminale che minaccia la sua persona e quella di un bambino di dieci anni particolarmente precoce.
Un Mel Gibson in forma smagliante produce, scrive e interpreta un action a elevato tasso adrenalinico e criminale tra le mura del pericolosissimo carcere di Tijuana in Messico. E non lo fa aggrappandosi solamente alla componente violenta tipica di qualsivoglia prison movie, bensì rispolverando la mitica maschera ironica e sorniona del celebre Martin Riggs di"Arma Letale".
Così, internato tra le mura di questa fetida dependance, i dialoghi e i monologhi interiori del personaggio interpretato da Gibson ricoprono una figura dominante e complementare al film di intrattenimento. A suo agio, tra i meccanismi di un genere per lui collaudato, l'attore si guadagna con facilità sorrisi (l'uso dell'ombrello all'appuntamento con l'uomo d'affari) e desta una forte simpatia al pubblico in sala nonostante la sua figura poco raccomandabile, merito anche del rapporto simbiotico venutosi a creare con il bambino (la figura maledetta del pater familias) oltre ai dialoghi decisamente taglienti e frizzanti ("La carotide? Troppo alta per te, ti serve la scala."). Fino all'esilarante parentesi citazionista, niente meno che una conversazione telefonica in cui si presenta come l' "uomo alto", Clint Eastwood.
Oltre al carisma del personaggio principale, l'altro protagonista della pellicola è il genere d'azione, tra violenza, inseguimenti e sparatorie (stilizzate a dovere dal ralenti) che scandiscono il ritmo in quella che rappresenta la via più immediata alla fruizione del film, quell'intrattenimento da "pop corn" che non delude anche per merito di una storia per niente banale (nel mezzo anche un losco giro di soldi e una minaccia che incombe sulle sorti del bambino), che ricorda molto l'istinto di sopravvivenza del recente film ispanico "Cella 211" ma che sostituisce al dramma proprio il carattere irriverente e volgare di una messa in scena tipicamente grottesca e dissimulata.
Certo, massicce sono le sequenze che rasentano il limite dell'improbabilità e pur rientrando nei canoni dell'opera votata all'eccesso, alcune rischiano di confinare nel kitsch più spinto (l'operazione chirurgica piuttosto "inverosimile"). E anche dinanzi a un epilogo sciatto e alquanto melenso si può chiudere un occhio, soprattutto se a dare man forte vi è la garanzia del Mel Gibson dei tempi passati, tonico, grintoso, pur con qualche ruga in più.
cast:
Mel Gibson, Peter Stormare, Dean Norris, Sofia Sisniega, Kevin Hernandez
regia:
Adrian Grunberg
titolo originale:
Get The Gringo / How I Spent My Summer Vacation
distribuzione:
Eagle Pictures
durata:
95'
produzione:
Airborne Productions, Icon Productions
sceneggiatura:
Mel Gibson, Adrian Grunberg, Stacy Perskie
fotografia:
Benoît Debie
montaggio:
Steven Rosenblum
musiche:
Antonio Pinto