Dorset, 1870. La giovane ed emancipata Bathsheba Everdene, pochi mezzi ma una spiccata personalità, eredita una fattoria fatiscente da un lontano zio e vi si dedica indefessamente per farla tornare agli antichi splendori, conquistandosi la stima e il rispetto di fittavoli e agricoltori.
Oltre all'ammirazione, conquista anche il cuore di qualche gentiluomo: la chiedono in moglie, con alterne fortune, il saggio e pacato pastore Gabriel Oak, il ricco vicino William Boldwood, rispettabile ma vagamente represso, e il tenebroso sergente Francis Troy. Un ménage à quatre che non potrà che sfociare in tragedia, ma che aiuterà infine Bathsheba a mettere ordine tra i suoi sentimenti.
Con un occhio al romanzo omonimo di Thomas Hardy e l'altro al film che John Schlesinger ne trasse nel 1967, lo sceneggiatore David Nicholls ha imbastito un melodramma cupo e dolente, dalle atmosfere (quasi) lugubri. Un'opera austera e coesa, di impianto solido e andamento stabile, ma certo priva di guizzi, anzi attraversata da una vena di mestizia insopprimibile, che fa perdere presto il sorriso tanto alla protagonista quanto allo spettatore.
I colpi d'ala (pochi, a dir la verità) sono esclusivamente estetici: le immagini del fervido brulichio del lavoro nei campi, le silhouette scure dei protagonisti che si stagliano contro un pallido sole, le suggestive panoramiche della rugiadosa campagna inglese. Un vero inno di efficace potenza visiva al celebre Wessex hardiano. Dietro la macchina da presa c'è infatti l'insospettabile Thomas Vinterber (esatto, proprio quello di "Festen" e "Il sospetto"), che compone le inquadrature con elegante asciuttezza e piacevole compostezza, salvando "Via dalla pazza folla" da quella fastidiosa patina polverosa che appesantisce tanti analoghi film in costume.
La protagonista Carey Mulligan, pur meno briosa della Julie Christie del '67, dimostra ancora una volta di possedere delicatezza e carisma nei panni di questa eroina romantica e modernissima allo stesso tempo (sarà interessante vederla interpretare l'attivista femminista dell'imminente "Suffragette"). E certo non fa rimpiangere chi l'ha preceduta quando intona con commovente candore la ballata "Let No Man Steal Your Thyme" (titolo che, a ben vedere, suona come una dichiarazione d'intenti). Nel terzetto maschile spicca invece il corpulento e gentile pastore di Matthias Schoenaerts, dallo sguardo mite e profondissimo.
Tutto concorre, insomma, a una messinscena pulita, ricercata e di nitido rigore, priva di inutili orpelli, decadentismi e sentimentalismi a buon mercato. Tuttavia il rischio del calligrafismo incombe sempre in adattamenti come questo, specialmente quando, con l'approssimarsi del finale, si inanellano con troppa disinvoltura svolte narrative e colpi di scena. Ma soprattutto, nonostante il risultato dignitosissimo, a fine visione si fatica a comprendere il senso dell'intera operazione.
cast:
Carey Mulligan, Matthias Schoenaerts, Michael Sheen, Tom Sturridge, Juno Temple, Jessica Barden, Bradley Hall
regia:
Thomas Vinterberg
titolo originale:
Far from the Madding Crowd
distribuzione:
20th Century Fox
durata:
119'
produzione:
DNA Films, Fox Searchlight Pictures, BBC Films
sceneggiatura:
David Nicholls
fotografia:
Charlotte Bruus Christensen
scenografie:
Kave Quinn
montaggio:
Claire Simpson
costumi:
Janet Patterson
musiche:
Craig Armstrong
Adattamento del romanzo omonimo di Thomas Hardy. La giovane ed emancipata Bathsheba Everdene si dedica indefessamente alla fattoria ereditata dallo zio, conquistandosi la stima e il rispetto di fittavoli e agricoltori. Oltre all’ammirazione, conquista anche il cuore di qualche gentiluomo: la chiedono in moglie, con alterne fortune, il saggio e pacato pastore Gabriel Oak, il ricco vicino William Boldwood, rispettabile ma vagamente represso, e il tenebroso sergente Francis Troy. Un ménage à quatre che non potrà che sfociare in tragedia, ma che aiuterà infine Bathsheba a mettere ordine tra i suoi sentimenti.