"La gente parte dal presupposto che i bambini abbiano sempre ragione... cosa che d'altronde molto spesso è vera...", dice un personaggio del film; partendo da questo stesso principio, mettendolo però in discussione, Lillian Hellman negli anni Trenta scrisse un testo celeberrimo, "La calunnia", che il grande William Wyler portò sugli schermi ben due volte. A uno spunto simile si rifà Thomas Vinterberg, ex-enfant prodige del cinema danese, con "Il sospetto", forte dramma civile presentato con successo all'ultimo festival di Cannes che, insieme al contendente agli Oscar "A Royal Affair" di Nikolaj Arcel (film col quale peraltro ha in comune il bravissimo protagonista, Mads Mikkelsen), si segnala come uno dei titoli più significativi "made in Denmark".
Sicuramente una bella soddisfazione per Vinterberg che sempre a Cannes, nel 1998, grazie a "Festen", si mise in mostra come uno degli esponenti più interessanti del Dogma '95, la corrente di autori nata intorno a Lars Von Trier (la sua Zentropa figura anche qui come produttrice).
Dopo quel film, premiato sulla Croisette e vincitore in seguito di un Golden Globe (ma non considerato dall'Academy, in una di quelle esclusioni a sorpresa che sono fra i loro pezzi forti!), Vinterberg aveva visto scemare a poco a poco il suo credito con le opere successive. Quest'ultimo lavoro, insieme al precedente "Submarino", forse contribuirà a rilanciarlo.
Come "Festen", anche "Il sospetto" ha a che fare con gli abusi sui minori, solo che in questo caso il regista (che firma anche la sceneggiatura, insieme a Tobias Lindholm) rovescia la situazione: nel primo un uomo denuncia le violenze subite da bambino senza essere creduto dai propri familiari, nel secondo invece il protagonista dichiara la propria innocenza di fronte all'accusa di avere compiuto molestie sessuali su minori, ma tutta la comunità (salvo poche eccezioni) lo crede colpevole.
Infatti, a differenza di quanto accade nel libro di Antonio Scutari "Il bambino che sognava la fine del mondo", dove l'opinione pubblica si divide fra innocentisti e colpevolisti (in fondo come succede di fronte a quei tanti fatti di cronaca che diventano l'ovvia fonte di ispirazione per opere come queste), stavolta nessuno sembra avere dubbi sulla colpevolezza di Lucas, un maestro di asilo divorziato, accusato di avere abusato di una bambina sul luogo di lavoro. Mikkelsen lo interpreta con sobrietà e intensità, facendo ben sentire la tragedia di quest'uomo toccato dal più infamante dei sospetti, in maniera talmente efficace da essersi meritato il premio di migliore attore a Cannes, battendo una schiera di avversari davvero temibili.
In verità Lucas è una persona tranquilla e gentile, perfettamente inserita nella sua comunità; ha amici con cui bisboccia e va a caccia (non a caso il più interessante titolo originale, "Jagten", si può tradurre come "cacciato"), ha una storia con la collaboratrice straniera dell'asilo (interpretata da Alexandra Rapaport) e un figlio adolescente, Marcus (Lasse Fogelstrom), che fa di tutto per andare a stare da lui invece di vivere con la madre (della quale ascoltiamo solo la voce, spesso ostile, al telefono). Questo idilliaco (ma neanche troppo...) quadretto di vita provinciale viene spazzato via quando la piccola Klara, figlia di un amico fraterno di Lucas, confida alla direttrice della scuola materna, Grethe (Susse Wold), che il maestro si è preso con lei delle libertà.
Lo spettatore conosce da subito come stanno le cose, perché Vinterberg sfrutta sapientemente il meccanismo del "sappiamo qualcosa in più dei personaggi", rendendo così lo svolgimento della vicenda ancora più angosciante. Soprattutto sconcerta la rapidità con cui la versione della bambina viene presa per buona, al punto da innescare una vera e propria paranoia collettiva nei genitori di altri bambini della scuola, che denunciano improvvisamente nuovi maltrattamenti; il protagonista resta incredulo di fronte al terribile mobbing di cui diventa vittima, che dall'iniziale (e prevedibile) allontanamento dal lavoro sfocia ben presto in minacce e violenze, senza risparmiare né il giovane Marcus né la povera cagnoletta Fanny.
Nonostante non sia difficile scagionare Lucas dalle accuse (le versioni offerte dai piccoli non quadrano più di tanto...), sono davvero pochi a restare dalla sua parte (uno di questi è il padrino del figlio, che ha il volto di Lars Ranth). I comportamenti dei membri della comunità, pur apparendo spesso paradossali, contribuiscono a rendere la vicenda ancora più agghiacciante, quasi un incubo kafkiano. Essendo il film ambientato fra novembre e dicembre, una scena madre coi fiocchi si consuma durante la messa di Natale, dove rancori e rivendicazioni esplodono nel tipico stile scandinavo. In questi frangenti, Vinterberg si affida molto alla resa degli interpreti (non si può dimenticare Thomas Bo Larsen che interpreta il padre della bambina) il risultato è considerevole, anche se probabilmente il film è più interessante nei passaggi in cui è meno esplicito (come quando suggerisce il vuoto affettivo della piccola Klara o i sensi di colpa dei suoi familiari). Vinterberg dà una conclusione alla storia, ma ci fa anche capire che certi dubbi, certi sospetti, certe onte non si cancellano mai del tutto.
Film amaro, non originalissimo nell'assunto ma decisamente coinvolgente, "Il sospetto" si avvale anche della efficace fotografia di Charlotte Bruus Christensen (premiata anche lei sulla Croisette) e c'è da credere che nei mesi a venire il suo successo continuerà.
Per saperne di più: Thomas Vinterberg, Mads Mikkelsen - Speciale Il sospetto
cast:
Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Lasse Fogelstrøm, Susse Wold, Anne Louise Hassing, Lars Ranthe, Alexandra Rapaport, Ole Dupont
regia:
Thomas Vinterberg
titolo originale:
Jagten
distribuzione:
Bim Distribuzione
durata:
111'
produzione:
Zentropa Entertainments
sceneggiatura:
Thomas Vinterberg, Tobias Lindholm
fotografia:
Charlotte Bruus Christensen
scenografie:
Torben Stig Nielsen
montaggio:
Janus Billeskov Jansen, Anne Østerud
costumi:
Manon Rasmussen
musiche:
Nikolaj Egelund