Christian è al suo primo giorno di lavoro come magazziniere in orario notturno di un grande supermercato, in un'anonima cittadina tedesca della Sassonia, ex DDR. I turni e i rituali dei colleghi si ripetono sempre uguali, scanditi dalla musica del celebre valzer di Strauss rilanciata dagli altoparlanti: sguardi rubati in mezzo a casse di birra e dolciumi, pause caffè, sigarette fumate in bagno, muletti impazziti dove si rischia di fracassare i rifornimenti o i piedi di qualche collega.
È un movimento lentissimo quello che propone il regista Thomas Stuber, anche sceneggiatore insieme allo scrittore tedesco Clemens Meyer (che avevano già firmato insieme il convincente “Herbert”). Christian (il bravo Franz Rogowski, visto nel cast di “Happy End” di Haneke) imparerà a conoscere l'ambiente di lavoro e i suoi nuovi colleghi, come il navigato Bruno, con una circospezione che lascia quasi interdetti: è taciturno ma puntuale, moderatamente imbranato, ed è plausibile che nasconda un passato burrascoso, affogato dentro la spettrale routine del suo lavoro. Di sicuro, nasconde i suoi enormi tatuaggi, coperti prima di iniziare il turno sotto le lunghe maniche e dietro il colletto della camicia. Il magnetismo di Christian, dimesso e proprio per questo affascinante, suscita l'interesse della collega Marion (Sandra Hüller, la co-protagonista di “Vi presento Toni Erdmann”); sposata e non più giovanissima, la donna si accorge che lo sguardo del nuovo arrivato cela una qualche tipo di disperazione e diventa, giorno dopo giorno, una calamita in grado di attrarre a sua volta le attenzioni del giovane. Si accende una speranza di vita, di amore, di rifiuto della solitudine, fino a quando Marion comincia ad assentarsi sul lavoro.
L'ambientazione inusuale conferisce a questa pellicola una prospettiva estrema, un non-luogo, l'avrebbe chiamato Marc Augé: gli spazi enormi del negozio e tuttavia ben delimitati dagli enormi scaffali; il paesaggio circostante, lo svincolo di un'autostrada grigia e desolante; e le merci, che giorno dopo giorno vengono ammassate le une sulle altre senza soluzione di continuità. E proprio con uno sguardo da antropologo, quasi documentaristico, si pone la regia di Stuber: Christian parla pochissimo, e quando lo fa quasi si confonde; ma anche gli altri personaggi, se si rivelano, restano circondati dal silenzio degli altri, cioè dall’impossibilità di uscire da tutta questa solitudine. È un gioco di monologhi, che diventano veri soliloqui dell'anima. Presentato alla scorsa Berlinale, questa pellicola tedesca ha un fascino errabondo, ma riesce a regalare emozioni autentiche; Stuber intraprende una precisa direzione artistica, ma a ben vedere anche politica, incastonata come un diamante irrimediabilmente grezzo dentro un mondo che sembra volere a tutti costi scappare da un’altra parte.
cast:
Peter Kurth, Sandra Hueller, Franz Rogowski
regia:
Thomas Stuber
titolo originale:
In den Gängen
distribuzione:
Satine Film
durata:
125'
produzione:
Jochen Laube, Fabian Maubach
sceneggiatura:
Thomas Stuber, Clemens Meyer
fotografia:
Peter Matjasko
scenografie:
Maria Klingner
montaggio:
Kaya Inan
costumi:
Juliane Maier