Aperta e chiusa la parentesi sci-fi con la saga del Ragazzo Invisibile, operazione transitoria che ha avuto il merito, se non altro, di rifornire freschezza e audacia all’interno del circuito italiano degli ultimi cinque anni, Gabriele Salvatores torna sul grande schermo rispolverando i tratti distintivi più lampanti del suo cinema, il viaggio, la fuga, l’atmosfera spoglia e nostalgica, perfetto contraltare dei sentimenti più intimi e complessi. Un ritorno alle origini nella speranza di resettare i mediocri risultati dell’ultimo ventennio. Il riscatto di Salvatores passa per il romanzo di Fulvio Elvas “Se ti abbraccio non aver paura” da cui trae origine il soggetto del film.
Se la celeberrima dedica di “Mediterraneo” (“a tutti quelli che fuggono”) chiudeva una trilogia autoriale assai ispirata, “Tutto il mio folle amore” si palesa in una continua, reiterata deriva citazionista pop. Già dalle ali del calabrone a scrivere l’incipit di pellicola o a quella del titolo che rimanda (poco a dire il vero) a Modugno e Pasolini, in una struttura scheletrica che richiama essenzialmente l'on the road di formazione, dove commedia e dramma concorrono a sviscerare il tema della diversità.
Il corpo di Vincent (interpretato da un promettente Giulio Pranno che gioca a fare il ruolo che fu di Di Caprio in “Buon Compleanno Mr. Grape”) è il fulcro attorno al quale gravitano le intricate vite del terzetto madre, padre naturale e padre adottivo. In un mare di argomenti contingenti, Salvatores sceglie l’ausilio dei luoghi comuni più banali senza voler mai affrontare seriamente anche solo uno degli argomenti sequenziali che i personaggi incontrano nel loro cammino, il rapporto padre-figlio, l’handicap e la diversità, il conflitto materno, la scoperta del sesso. Tutto rimane sulla superficie, privilegiando la fluidità di una scrittura del racconto a tratti pericolosamente abbozzata (il tema dell’immigrazione clandestina) e messo in scena attraverso un uso straripante della musica non originale alla ricerca di infarcire qualche emozione qua e là. Troppo poco e troppo già visto per poter celebrare l’auspicata resurrezione del regista napoletano.
Rimane la confezione, quella impeccabile. Perché va dato atto a Salvatores di essere un abile affabulatore in grado di persuadere con pochissimi mezzi il pubblico in sala. Non lo aiuta molto la svogliata performance attoriale, interamente rivedibile al netto del ragazzo esordiente. Sicuramente il più inesperto, ma anche quello che ha il merito di salvare più volte la credibilità del film. “Tutto il mio folle amore” è in definitiva un passo indietro, l’ennesimo, per il cineasta Premio Oscar che prosegue il suo inesorabile declino autoriale. Ed è davvero un peccato constatare tale débâcle alla luce di quanto fatto precedentemente, quando ha avuto il merito di ridare vita a generi in via di estinzione nel nostro Paese come la fantascienza, il superhero movie e in generale il mainstream, come dimostreranno successivamente gli exploit di Gabriele Mainetti e in parte di Matteo Rovere.
cast:
Claudio Santamaria, Giulio Pranno, Valeria Golino, Diego Abatantuono, Daniel Vivian
regia:
Gabriele Salvatores
titolo originale:
Tutto il mio folle amore
distribuzione:
01 Distribution
durata:
97'
produzione:
Indiana Production Company, Rai Cinema, EDI Effetti Digitali Italiani
sceneggiatura:
Umberto Contarello, Sara Mosetti
fotografia:
Italo Petriccione
scenografie:
Rita Rabassini
montaggio:
Massimo Fiocchi
costumi:
Sara D'Agostin
musiche:
Mauro Pagani