Simon (James McAvoy) è un modesto impiegato di una prestigiosa casa d'aste che batte i capolavori di Cézanne, Renoir, Vermeer e Delacroix. Quando gli arriva sottomano "Le streghe in aria", inquietante tela di Francisco Goya, il giovane decide di coinvolgere la banda di Frank (Vincent Cassel) per tentare il colpaccio.
Il piano sembra riuscire ma Simon, colpito in testa, si risveglia e pare non ricordare più nulla, soprattutto dove ha nascosto la tela del Goya. Ogni tentativo, compresa la tortura, non sortisce effetto, finché non viene deciso l'intervento di una psicoterapeuta, la seducente Elisabeth (Rosario Dawson) che, ultima spiaggia, prova la tecnica dell'ipnosi.
Arriva finalmente in sala l'ultima fatica di Danny Boyle, covata in grembo per quasi dieci anni.
Le inquadrature del film sembrano sottolineare il lungo travaglio e il difficile parto: il soggetto, già di suo complicato, assume le fattezze di un rompicapo; la sciarada che intrecciano i tre attori protagonisti si inabissa spesso e volentieri in improbabili e mai del tutto chiariti ménage à trois entro cui si dispiegano vendette inaspettate, colpi di scena e una inquadratura della Dawson in un nudo integrale (e implume!) in parte gratuito, in parte citazione de "La Maja desnuda", ma in ogni caso certamente gradito.
Capita nella carriera di un regista il momento in cui ingaggia battaglia contro un macigno inamovibile che sembra destinato ad aver la meglio, come la biografia di Napoleone (Stanley Kubrick) o "Il Capitale" di Karl Marx (S. M. Ejzenstejn) che non superarono la soglia del soggetto di venti righe.
Più modestamente, Danny Boyle ha invece realizzato il suo progetto-monstre al costo di una messa in scena non sempre limpidissima e una certa confusione tra il soggetto-civetta (la rapina) e il soggetto reale (i meandri del subconscio).
La palette dei colori che vira sui blu più gelidi e la fotografia di una Londra lunare e inquieta sono estremamente funzionali a quel micro-clima di sottile angoscia che si respira lungo tutto il film e che si nutre dell'uso intensivo della colonna sonora, le musiche soprattutto, che per lunghi tratti prendono il sopravvento e danno l'idea di un videoclip in cui le immagini fungono da commento ai suoni elettronici che diventano essi stessi tema e contenuto. Questi, ancorati all'idea di vero e proprio assedio temporale così come lo intendevano lungo tutti gli anni 90 DJ Shadow, Moby e Underworld (tutti i tre presenti nella colonna sonora del film) danno l'idea della concertazione tra i suoni annotati ed emergenti e lo spazio sommerso e commentato del coro.
Azzeccati i due ruoli maschili, in special modo Vincent Cassel, bravo sia nella recitazione verbale sia negli sguardi; è apparsa invece fuori fuoco la pur bravissima Rosario Dawson, più a suo agio in film di tipo comportamentista.
Altro punto a favore di Boyle è la coerenza con cui ormai impugna la telecamera. Persino in un film di modeste pretese quale "127 ore" aveva voluto dare l'idea di una storia paradigmatica, di un'idea aleggiante e che nello specifico riguardava la compressione ragionata dell'asse spaziale (l'uso dello split screen) e temporale (il meccanismo a orologeria delle 127 ore di sopravvivenza) talché il film si poteva seguire sul monitor del Pc mentre si stava aggiornando Facebook.
Così oggi dobbiamo dare atto al regista di essersi mosso sapientemente per non scivolare nella banalità e nel ridicolo, rischio assai elevato in una storia che fa dell'inverosimiglianza il suo punto di forza.
Un film perfettamente riuscito a metà.
cast:
James McAvoy, Vincent Cassel, Rosario Dawson, Danny Sapani, Tuppence Middleton
regia:
Danny Boyle
titolo originale:
Trance
distribuzione:
20th Century Fox
durata:
101'
produzione:
Pathé - Cloud Eight Films - Decibel Films - Film4
sceneggiatura:
Joe Ahearne - John Hodge
fotografia:
Anthony Dod Mantle
scenografie:
Dominic Capon
montaggio:
Jon Harris
costumi:
Suttirat Anne Larlarb
musiche:
Rick Smith