Le immagini iniziali del nuovo film di László Nemes sono innanzitutto un atto d'amore del regista nei confronti del suo personaggio. In una storia che di lì a poco precipiterà in un abisso senza fine, il regista approfitta dell'introduzione per celebrare il volto della giovane donna intenta ad ascoltare la voce fuori campo. Nemes manifesta la trepidazione verso l'oggetto amato attraverso la morbidezza della luce che ne incornicia il volto e poi nella scelta di concentrare l'attenzione del pubblico sull'espressione della ragazza invece che sulle parole - pur importanti - proferite dalla sua interlocutrice. Per capire che Irisz Leiter sta cercando di farsi assumere come modista nel negozio appartenuto ai genitori dovremo aspettare che la mdp si apra sullo spazio circostante, definendo personaggi e ambientazione. Il tempo che intercorre per arrivare a quel punto svolge anche una funzione di senso, non solo nel fare della protagonista il centro del film, quello deputato a tenere insieme la tendenza centrifuga della narrazione, ma anche a fissarne un certo tipo di reticenza, appartenente sia a Irisz (nella sequenza in questione rimane muta) che agli altri personaggi, tutti, in un modo o nell'altro, poco disposti a esternare le ragioni dei loro comportamenti.
D'altronde in "Sunset" (come pure nel film vincitore dell'Oscar) il buio della ragione è il segno dominante per eccellenza. Rispetto ai reali motivi che fanno precipitare la situazione, catapultando la ragazza in un'odissea senza fine, poco viene rivelato e molto è lasciato all'intuizione. Certo, sappiamo di trovarci nell'Impero austro-ungarico di inizio Novecento e, ancora, nella Budapest che alla vigilia del primo conflitto attraversa la stagione di massimo fulgore. A parte questo, il resto è destinato a rimanere oscuro: lo è il passato della protagonista in merito al tracollo dell'impresa di famiglia, così come la psicologia che determina i comportamenti della ragazza di fronte al male. Lo stesso si può dire del suo datore di lavoro, il Signor Brill, le cui intenzioni nei confronti del prossimo non ci vengono mai realmente rilevate. Se poi ci mettiamo che il passato torna a bussare con la comparsa di un fratello mai conosciuto (Kálmán) e a capo dell'organizzazione terroristica intenzionata a mettere a ferro e fuoco la città durante la visita dei regnanti, è chiaro l'intento del regista di andare oltre la contingenza per mettere in scena l'insorgere del caos che di lì a poco avrebbe travolto l'Europa e la fine di un mondo intesa anche come crisi di un intero sistema di valori.
Come era accaduto ne "Il figlio di Saul" anche in "Sunset" la forma risulta decisiva nel veicolare significati ed emozioni. Da autore di razza a Nemes non manca il coraggio per organizzare una messinscena radicale che rovescia i principi vigenti nei film in costume. Per capirne la misura basterebbe prendere come termine di paragone "The Favourite", diretto da un autore a cui tutto si può imputare tranne di essere conformista. Ebbene, seppur alla propria maniera Lanthimos non rinuncia ai benefici derivanti dal sontuoso e raffinato allestimento messo in piedi per ricreare la corte dei re d'Inghilterra. Al contrario, Nemes rimane fedele a un cinema incendiario, impostato su continui cortocircuiti sensoriali che, a livello visivo, deflagrano le immagini riportandole a una stato primordiale. Cosi succede anche in "Sunset", nel momento in cui la mdp, decidendo di raccontare gli avvenimenti attraverso gli occhi e lo stato d'animo di Irisz, li rappresenta con una realtà deformata e allucinatoria, e quindi con figure e cose spesso sfocate, inquadrate a malapena e nascoste dal buio della notte. Va da sé che, in questa maniera, a contare di meno sono proprio decor, costumi e scenografie, sacrificati in termini ottici alle continue astrazioni del regista, mentre a prendere piede è l'angoscia e la paura derivata dalla minaccia pendente sul destino dei personaggi. Inserito nella selezione del concorso ufficiale della Mostra del cinema, "Sunset", con il suoi febbricitanti personaggi, il nichilismo a oltranza e la carica rivoluzionaria sembra una versione filmata dei "demoni" dostoevskijani. Bellissima e struggente la regia di Nemes si candida al premio di categoria.
cast:
Juli Jakab, Vlad Ivanov, Marcin Czarnik, Evelin Dobos, Judit Bárdos
regia:
László Nemes
titolo originale:
Napszállta
distribuzione:
Movies Inspired
durata:
142'
produzione:
Laokoon Filmgroup, Playtime Production
sceneggiatura:
Clara Royer, Matthieu Taponier, László Nemes
fotografia:
Mátyás Erdély
scenografie:
László Rajk
montaggio:
Matthieu Taponier
musiche:
László Melis