Se "
Drag Me to Hell" di Sam Raimi è senza alcun dubbio il primo horror che riflette sulla crisi delle banche Usa, "Tra le nuvole", è la prima (tragi)commedia americana che ha come tema proprio il tracollo finanziario delle aziende statunitensi. A dirigere il tutto è il giovane Jason Reitman, figlio d'arte (il papà è il regista di "Ghostbusters" e tanti altri successi), già autore di argute e piacevoli opere come "
Juno" e "
Thank You For Smoking". Ma questa è indubbiamente la sua prova più matura e a fuoco. Benché, vada detto, la sceneggiatura rielabori schemi ben conosciuti e quasi logori.
George Clooney è Ryan Bingham, un "tagliateste" al soldo delle multinazionali Usa: il suo lavoro è licenziare (anzi no, "congedare") il personale non più richiesto. La sua specialità è farlo nel modo più professionale e distaccato possibile. La sua è una "non" esistenza, sempre sospesa tra un volo di linea e un altro, tra una lussuosa camera d'hotel e una scappatella occasionale senza ripercussioni emotive. L'incontro con una bella e saggia coetanea (Vera Farmiga) e l'affiancamento a un'ingenua e simpatica novellina (Anna Kendrick) gli faranno cambiare idea sulla vita? Sì. Lieto fine? No. Niente consolazioni per gli squali-yuppie dell'era post Bush, in questa commedia umana che pare riecheggiare l'amarezza di "
The Weather Man", altro cupo apologo sull'American Dream. Sceneggiatura (dello stesso regista e Sheldon Turner) come dicevamo legata a ferree regole di prevedibilità hollywoodiana (la canaglia Clooney che si redime, la contrapposizione adun'anima ancora pura, con conseguente sequenza in cui l'insegnante ragguaglia l'allieva sui trucchi, spietati, del mestiere), ma comunque efficace nel suo percorso tematico.
Il personaggio di Bingham è ben costruito, e, grazie soprattutto al volto spontaneo dell'ottimo Clooney, l'identificazione è obbligatoria: teorizzatore della solitudine come condizione di vita (il
leitmotiv dello zaino vuoto, che riporta alla mente la filosofia del protagonista di "Turista per caso"), minuzioso collezionista di miglia di volo (il suo obiettivo nella vita è totalizzarne dieci milioni), carte di credito e
badge di costosi hotel (come Tom Cruise in "Eyes Wide Shut" l'unica identità, l'unico specchio nel mondo reale, di Bingham, pare essere quello che proviene dalle carte magnetiche che sbandiera a ogni occasione), è un mostro dei nostri tempi, che Reitman si diverte a tratteggiare con calcolato cinismo, fortunatamente senza incappare in prediche o trappole sentimentali (uno dei lati deboli del precedente "Juno" era la sua natura sin troppo familista e consolatoria).
Regia, giustamente, "invisibile", dialoghi frizzanti e ottima direzione d'attori (a parte la conferma Clooney, sono da tenere d'occhio le donzelle Farmiga e Kendrick, ma è perfetto pure il cast dei "congedati", a partire da J.K. Simmons, presenza fissa nel cinema di Reitman), colonna sonora piena di malinconico folk (
Dan Auerbach,
Elliott Smith,
Graham Nash...) a sottolineare con garbo la solitudine dei tre protagonisti. "Tra le nuvole" è l'esempio perfetto di quel cinema americano genuinamente "medio" che ci piacerebbe vedere più spesso sul grande schermo.