"The Tracey Fragments" è un piccolo film canadese che, nonostante abbia avuto una misera distribuzione in patria (quattro sale in Canada e una negli Usa), è riuscito a far parlare di sé, partecipando a molti festival internazionali e grazie al passaparola via internet.
La curiosità intorno a questo lavoro dell'indipendente Bruce McDonald, che si avvale della presenza dell'ormai nota Ellen Page, la si deve alla sua particolare realizzazione.
"The Tracey Fragments", infatti, non si presenta con una narrazione montata normalmente, bensì procede tramite un susseguirsi di split-screen che frammentano la scena in un sovrapporsi di quadretti, in un frastagliato mosaico che de-compone l'immagine.
Diventa difficile anche parlare di trama, per un film che non segue un ordine stabilito, né di montaggio, né cronologico. Le scene si susseguono senza un ben preciso ordine - e senza un ben preciso motivo. Vediamo istantanee in diretta di emozioni, pulsioni, pensieri e sogni, flusso sub-cosciente che invade lo schermo, in totale sincronia col proprio protagonista.
Eppure qualcosa non va. La storia non si muove. Gli split-screen sono presto stucchevoli, affaticano la visione e, infine, annoiano. Ed ecco che i frammenti di Tracey si rivelano come un'opera vacua, priva di senso (cinematografico), priva di qualsivoglia sovrastruttura filmica che sorregga un pedante esperimento che diviene presto retorico e banale.
Il classico vuoto pneumatico teenageriale maschera la vera voragine del film, quella di idee in fase di scrittura, a cui si è ben pensato di sopperire con una forma nuova, eppure già vecchia, già decomposta.
La protagonista non fa altro che correre, scappare, fuggire da se stessa; con l'irritante voce over si traccia una galleria di figure secondarie grottesche, macchiette che riempiono uno spazio.
Non un solo aspetto dei personaggi o della vicenda è approfondito, si rimane sulla superficie.
Di domande da porre all'autore, per diradare almeno la metà delle questioni che il film apre e insensatamente non porta avanti, ce ne sarebbero tante, troppe: ad esempio, Tracey va dall'analista soltanto perché ha insegnato a suo fratello a fare il cane? Da quando, nel bulimico e anoressico mondo adolescenziale, la mancanza di seno è diventato l'unico motivo per la ghettizzazione di una giovane?
Dalle movenze, Tracey sembra la sorella dell'Alex di "Paranoid Park", ma il parallelo è tutto fisico e basato sull'apparenza, poiché né Tracey è paragonabile all'indifferente e "sospeso" personaggio vansantiano, persosi nel corridoio buio della maturità, né lo stile di McDonald è paragonabile alla fredda ed esatta forza vouyeuristica che permea il lavoro di Van Sant.
Bignami di problematicità adolescenziali, sconclusionate sottostorie di ribellioni apparenti. Lontanissimo dall'affrontare con organicità problemi reali, McDonald propone uno dei film più pretestuosi e finti degli ultimi tempi.
Lavoro che è caduto nell'oblio della distribuzione. E nessuno lo rimpiange.
Curiosità: il film è stato girato con una videocamera semiprofessionale e montato con attrezzatura quasi amatoriale. McDonald ha caricato il girato sul sito ufficiale del film, dando la possibilità a tutti di montarlo a proprio piacimento. I risultati migliori verranno pubblicati sul sito.
cast:
Ellen Page, Maxwell McCabe-Lokos, Erin McMurtry, Ari Cohen
regia:
Bruce McDonald
titolo originale:
The Tracey Fragments
durata:
77'
produzione:
Shadow Shows, Corvid Pictures, Alcina Pictures
sceneggiatura:
Maureen Medved
fotografia:
Steve Cosens
scenografie:
Ingrid Jurek
montaggio:
Jeremy Munce, Gareth C. Scales
costumi:
Lea Carlson
musiche:
Broken Social Scene