I distributori italiani di "The Last Stand", come sottotitolo, hanno scelto una tranquilla traduzione "adattata" del titolo originale del film. In realtà, a voler cercare una locuzione ancor più appropriata, l'ideale sarebbe stato qualcosa simile a "Bentornati negli anni 80". Sì, perché dietro uno spunto narrativo da western classico, con tanto di ispirazione diretta dal "Mezzogiorno di fuoco" di Fred Zinnemann, la prima fatica in lingua inglese del coreano Kim Ji-woon è un viaggio a rotta di collo nell'estetica e nei luoghi comuni dell'action movie di reaganiana memoria.
Sappiamo bene quale sia il polo d'attrazione più forte del film: è il ritorno sullo schermo da protagonista di Arnold Schwarzenegger, l'ex governatore della California che, dopo aver abbandonato l'esperienza politica, ha deciso di fare ritorno al cinema. Invecchiato, appesantito, ma per niente fuori forma, l'ex Terminator si cala perfettamente nella parte che gli compete, un ruolo che interpreta da decenni e che lo script di Andrew Knauer adatta a un'età non più florida. Carico di ironia verso se stesso, e dimostrandosi assolutamente di nuovo a suo agio davanti alla macchina da presa, Schwarzenegger va a vestire i panni di uno sceriffo che aspetta nel suo tranquillo villaggio l'arrivo della tempesta: un branco di criminali, capeggiati da un narcotrafficante psicopatico, intenzionato a varcare la frontiera con il Messico attraversando proprio la cittadina in questione.
In poco più di cento minuti di pellicola, Kim centra l'obiettivo: sbarca in una realtà così lontana dalla sua Corea rarefatta e fulgida e sceglie un registro narrativo cui tener fede, quello, appunto, dei film d'azione anni 80, fatti di violenza esibita, ibridata da quel tocco di comicità involontaria apportata da personaggi secondari completamente inadatti alla gravità della situazione. E il cineasta di Seul non si fa mancare niente per rispettare il canovaccio tradizionale: esaspera le sparatorie, si diverte con la cinepresa usando come protagonisti della causa gli spazi aperti, che si tratti di vicoli e grattacieli della Las Vegas notturna o di deserti e campi coltivati dell'Arizona più selvaggio. E così costruisce una pellicola solida, per niente autoreferenziale, che mette in scena un crescendo di tensione che porta all'inevitabile scontro tra i "buoni" che difendono il luogo e i "cattivi" che intendono violarlo.
Attraverso questa elementare contrapposizione di caratteri, invero per nulla aiutata da una sceneggiatura basica fin troppo elementare, il film rispolvera il sapore di quelle sensazioni adrenaliniche cui non eravamo più abituati; un po' perché al giorno d'oggi mancano a Hollywood giovani registi capaci di gestire la scena d'azione con sapienza e lungimiranza, un po' perché il fascino per il cinema di genere pare sempre più collocato in ambiti periferici dell'industria cinematografica, considerato quasi come una "riserva indiana" cui attingere solo per un manipolo di pochi e indomiti seguaci.
Ma quando ci si domanda che bisogno ci fosse di scomodare il regista di pellicole come "Two Sisters", "Bittersweet Life" o "Il buono il matto il cattivo", la risposta è proprio nell'esito finale: con l'approccio di chi conosce da lontano la realtà del cinema statunitense, Kim si è avvicinato al mito di Schwarzenegger con l'umiltà del turista, ma portando con sé il gusto estetico per una messa in quadro dell'azione (e anche della tensione) che lo hanno fatto notare per la capacità di non banalizzare mai, di elevare sempre le pellicole di genere, che fossero horror, noir o western. E con i mezzi e le atmosfere che Hollywood gli ha fornito in dote, il suo talento ha trovato, semplicemente, una cassa di risonanza.
cast:
Arnold Schwarzenegger, Forest Whitaker, Peter Stormare, Eduardo Noriega, Luis Guzman
regia:
Kim Ji-woon
titolo originale:
The Last Stand
distribuzione:
Universal Pictures/FilmAuro
durata:
107'
produzione:
Di Bonaventura Pictures
sceneggiatura:
Andrew Knauer, Jeffrey Nachmanoff, George Nolfi
fotografia:
Kim Ji-yong
scenografie:
Franco-Giacomo Carbone
montaggio:
Steven Kemper
costumi:
Michele Michel
musiche:
Mowg