La trama è presto detta: Sunwoo, un manager di un albergo, in realtà uomo di fiducia del gangster Kang, deve pedinare la giovane ragazza di questi e "liquidare la questione" in caso di tradimento. L'elegante, freddo, inespressivo e un po' arrogante "direttore" però se ne infatua e la salva, facendo finta che niente sia successo. Il capo scopre il tradimento della sua donna e decide di vendicarsi su Sunwoo, che riesce, però, a sfuggire ai suoi aguzzini e medita di distruggere il suo ex-mentore.
Pellicola elegante, con una fotografia magica e patinata che immortala le strade e i locali della città come potrebbe fare solo il grande Michael Mann con Los Angeles, "Bittersweet life" è dotato di un comparto registico studiato che raggiunge alti picchi di virtuosismo. Kim, com'era già evidente in "Two sisters", appare interessato alla superficie, il che non è necessariamente un limite, ma piuttosto un modo diverso di scavare all'interno dei personaggi, partendo dal mondo esteriore. Si sofferma soprattutto sulle superfici luccicanti (la carrozzeria dell'auto, il tergicristallo, la vetrata della finestra), e ne esalta i riflessi e le dicotomie percettive, chiudendo il film in un loop riflettente senza soluzione. In "Bittersweet life" tutti i luoghi, fisici o mentali che siano, rappresentano lo spazio adeguato dove Sunwoo porta avanti la sua malinconica lotta contro se stesso e i suoi sentimenti.
In conclusione: imperfetto, derivativo, a tratti anche esagerato quanto si vuole, ma una piccola grande lezione di come dalla pura estetica si possa giungere al puro sentimento.
cast:
Lee Byung-hun, Kim Yeong-cheol, Shin Min-a, Hwang Jeong-min
regia:
Kim Ji-woon
titolo originale:
Dal Kom Han In-Saeng
distribuzione:
Lucky Red
durata:
118'
sceneggiatura:
Kim Jee-woon
fotografia:
Kim Ji-Yong
scenografie:
Ryu Seong-hie
montaggio:
Choi Jae-geun
costumi:
Cho Sang-Kyung
musiche:
Jang Yeong-gyu