Nel corso degli anni la rappresentazione pratica delle grandi tragedie - dalle calamità naturali alle guerre - ha subito al cinema dei significativi sviluppi. Se i mezzi in passato permettevano risultati artigianali che facevano da decoro, gli sviluppi tecnologici hanno stravolto le metodologie. Può lo spettacolo hollywoodiano accompagnare con discrezione e di pari passo le lacerazioni prima individuali e poi collettive dovute alle sciagure del tempo? Fin dove può spingersi la macchina cinema prima di scardinare la dignità umana?
Lo Tsunami che apriva "Hereafter" di Clint Eastwood faceva da appendice ad un film che mirava e sfociava ad un altrove. Con "The Impossible", invece, si ha uno spettacolo catastrofico che in buona parte contamina il fattore emozionale dei e per i personaggi.
Le fasi del viaggio sono raccolte in una dimensione sottilmente turbata da ciò che accadrà, tanto che la sequenza aerea può far affiorare il ricordo del televisivo "Lost". L'approdo al sognato paradiso tropicale è tanto effimero quanto ingannatore.
Il resto del film è suddivisibile in due blocchi: quello più breve, condotto da Naomi Watts e il piccolo Tom Holland, il vero tessitore della ricognizione familiare (e, spiritualmente, globale), parte dai due trascinati da flutti d'acqua. Sorta di esorbitante catastrofico che Bayona frena puntualmente grazie a una realizzazione che rifiuta la tecnologia più spudorata (ma la differenza è davvero tanto vistosa?): set allestiti sui luoghi reali, utilizzo di vere cascate d'acqua e ricorso ben temperato al digitale. L'effetto ha un proprio vigore.
Paradossalmente si calca maggiormente la mano nel secondo blocco, dove agisce un Ewan McGregor fino ad allora semi-nascosto. A cataclisma avvenuto si eleva lo spettro delle immani ripercussioni su una sfaccettata e mai tanto conforme umanità. Un lungo ed estenuante crocevia tra il dolore fisico e morale che pone le ovvie domande sull'etica dell'immagine, sui limiti del mostrabile, dell'indicibibile che non riesce a rimanere tale. L'insanabile dolore è ispezionato con uno sguardo soffuso ma non abbastanza distaccato, tanto che quando le abrasioni che hanno segnato gli innumerevoli corpi delle vittime vengono messe in campo, il regista spagnolo è incapace di tirarsi indietro, di fare delle scelte eticamente mirate. Così come non riesce a indietreggiare davanti all'incubo della protagonista: un inabissamento catacombale tra acque abitate da fantasmi: un passaggio che vuol segnare una continuità con il precedente "The Orphanage" (il film che impose Bayona al grande pubblico) è una incursione orrorifica non propriamente richiesta.
L'affannosa perlustrazione in un territorio deturpato a tutti livelli è certamente una esposizione della possibilità di rinascita di una umanità comatosa, ma tra momenti simbolicamente efficaci (l'apparizione di Geraldine Chaplin) e lunghe fasi di stasi, il pur obbligatorio - il film è tratto da una storia vera - ritrovamento finale arriva quando il film non ha permesso allo spettatore di mantenere intatto un interesse pari alla commozione che pretenderebbe. Con l'inevitabile sensazione di aver buttato al vento una buona occasione per raccontare una delle tragedie di questo nuovo secolo.
cast:
Geraldine Chaplin, Douglas Johansson, Marta Etura, Oaklee Pendergast, Samuel Joslin, Tom Holland, Ewan McGregor, Naomi Watts
regia:
Juan Antonio Bayona
titolo originale:
The Impossible
distribuzione:
Eagle Pictures
durata:
114'
produzione:
Telecinco Cinema, Instituto de la Cinematografía y de las Artes Audiovisuales (ICAA), Canal+ España,
sceneggiatura:
Sergio G. Sánchez
fotografia:
Óscar Faura
scenografie:
Eugenio Caballero
montaggio:
Elena Ruiz, Bernat Vilaplana
costumi:
Anna Bingemann, Sparka Lee Hall, María Reyes
musiche:
Fernando Velázquez