"The Double" è un
thriller spionistico vecchia maniera con una storia che suona vecchia ed un protagonista invecchiato male. Partiamo
in medias res e diciamolo subito: in termini d'azione Richard Gere non può competere, ma nemmeno gareggiare nello stesso campionato, di Matt Damon nei panni di
Bourne. Mentre sarebbe stata molto più apprezzabile una interpretazione
à la Gary Oldman (del quale per altro Gere è più anziano d'una decina di anni) nell'eccellente spy movie "
La Talpa", un ruolo d'indagine ed introspezione, il regista e sceneggiatore Michael Brandt ha voluto invece mettere l'attore americano alla prova anche dell'azione. Prova fallita. Gli anni si fanno sentire e per riesumare le energie dell'ex
gigolò Gere non è sufficiente che anche lo
script sia vecchio stile e che la storia sembri un racconto perduto dei tempi della guerra fredda (indovina chi è la talpa sovietica che fa fuori il senatore americano?) e per distrarci non bastano nemmeno dei buchi nella trama che sembrano scavati con la pala.
Michael Brandt esordisce alla regia di questo "The Double" dopo aver firmato una lunga serie di sceneggiature di second'ordine ("2 Fast 2 Fourious", "Quel treno per Yuma", "
Wanted") e ci accompagna didascalicamente sulle tracce della temibile spia russa dal nome in codice "Cassio" pedinando l'ex agente CIA Paul Shepherdson (Richard Gere) richiamato in servizio per l'occasione e il novello dell'FBI Ben Geary (Topher Grace) che non vede l'ora di mettersi in mostra. Il regista ci regala qualche bella ripresa (sempre o panoramiche o claustrofobiche e cunicolari), ma nel gioco citazionista che probabilmente aveva in mente si perde completamente tirando fuori un film troppo aderente ai modelli cui si ispira.
La principale innovazione che questo "The Double" dovrebbe portare è anche la sua peggior pecca. Cercando di sovvertire il classico ordine degli avvenimenti in un
thriller il momento rivelatore (quello del grande WOW) è stato spostato approssimativamente verso la mezzora di visione mentre solitamente campeggia nel cuore pulsante del terzo atto. L'immaginabile risultato è il trovarsi a vedere un
thriller senza
thrilling perché ti hanno già detto che è stato il maggiordomo di turno, o come in questo caso rivelato l'identità della talpa. Perché allora continuare a vedere il film? Spesso si dice che non è tanto importante la meta quanto il viaggio stesso. Se il viaggio fosse, allora, affascinate non ci importerebbe affatto di dove ci sta conducendo e ci abbandoneremmo nell'estasi della visione, ma purtroppo nemmeno questo è il caso per tutte le ragioni già dette poco sopra e per un gioco del gatto col topo, che domina la parte finale del film, mal riversato sulla pellicola. Tutti i tentativi di finire col grande botto inserendo doppi giochi su doppi giochi lasciano un sapore che sa di ridicolo.
Meglio voltare pagina e puntare su qualche classico del genere:
speciale spy story