In tempo di crisi, i social network sono stati il palcoscenico ideale per la proliferazione di inquietanti figure quali i "guru digitali". Personaggi improbabili questi che, servendosi delle moderne piattaforme di comunicazione, incitano a perseverare nella formazione e nello sviluppo personale, tutti elementi essenziali e che portano al successo solo se, secondo la moderna retorica massmediale, affiancati da una mentalità propositiva e vincente.
Era solo questione di tempo prima che anche il cinema italiano contribuisse alla costruzione di questo immaginario e "The Startup" viene prontamente incontro a questa esigenza; come era auspicabile, lo fa nel modo più grossolano possibile.
La vicenda raccontata è ispirata alla storia vera di Matteo Achilli, un ragazzo romano che, appena diplomato, partorisce la brillante idea di una piattaforma sulla quale mettere in contatto diretto la domanda e l'offerta nel mondo del lavoro. Tutto questo filtrato da un algoritmo che piazza gli iscritti in una graduatoria meritocratica, calcolata sulla base di titoli di studio conseguiti e delle precedenti esperienze lavorative. Il progetto del giovane protagonista fatica a decollare, impantanato nelle paludi burocratiche tipiche del nostro Paese. Sarà, quindi, la partenza per Milano e il confronto con una realtà imprenditoriale più vivace a dare lo slancio giusto affinché Egomnia, questo il nome scelto da Achilli per la piattaforma, decolli definitivamente.
Le premesse, dunque, per toccare le facili corde della più bassa sensibilità nazionalpopolare c'erano tutte, quello che sorprende è la facilità con la quale il regista inanella una caduta di stile dietro l'altra confezionando un prodotto scialbo e insipido.
I problemi di sceneggiatura, che non si limitano a dei dialoghi che sciorinano banalità ad un ritmo insostenibile, vengono tappati qua e là con gli, ormai abusati, momenti videoclip, che però in questa pellicola trovano un impiego talmente reiterato da risultare nauseante. In tal senso, la caduta nel trash con l'arrivo del protagonista a Milano, abbacinato dai palazzi e dal traffico del capoluogo lombardo (e lui, romano, non è che fosse partito dall'ultimo dei paeselli molisani...), fa impallidire persino la pugnalata della scena onirica che scimmiotta il tuffo in acqua de "L'Atalante" di Jean Vigo.
Triste risulta essere anche la scelta scenografica di ambientare le sequenze romane insistentemente con lo sfondo del quartiere popolare del Corviale (non il vero quartiere d'origine del giovane startupper), a sottolineare l'epica del self made man partito dal nulla e giunto all'apice.
Una narrazione che, nella sua mediocrità, ben si inserisce in quella letteratura che, in piena crisi, mira a formare una generazione unita sotto il vessillo del "chi la dura la vince". Ma è una letteratura ormai satura e grottesca nel substrato culturale che ha contribuito a creare; per questo risulta inappropriato il tono di stereotipata speranza usato dal film e deboli i personaggi messi in scena, tra l'altro mal interpretati da un cast non in gran forma.
In definitiva, un fragoroso buco nell'acqua per un film che voleva essere la versione italiana di "The Social Network" ma che finirà immediatamente nel dimenticatoio.
cast:
Matilde Gioli, Paola Calliari, Andrea Arcangeli
regia:
Alessandro D Alatri
distribuzione:
01 Distribution
durata:
97'
produzione:
Casanova Multimedia, Rai Cinema
sceneggiatura:
Alessandro D'Alatri, Francesco Arlach
fotografia:
Ferran Paredes Rubio
montaggio:
Valentina Mariani
musiche:
Aldo De Scalzi, Pivio