L'ultimo lungometraggio di Anna Biller è stato presentato nella sezione After Hours del Torino Film Festival del 2016, dopo l'anteprima all'International Film Festival di Rotterdam. Omaggio cinefilo al Technicolor e ai b-movies d'exploitation, il film è stato girato nel fittizio formato Oscilloscope, in realtà il nome della casa di distribuzione. La pellicola porta avanti la ricerca estetica della filmmaker indipendente, che se con "Viva" (2006) aveva rispolverato il sexploitation, stavolta ha voluto replicare quel cinema artigianale, sempre a cavallo degli anni 60 e 70, della scuola di Roger Corman, del primo Jesús Franco e del nostro Mario Bava. "The Love Witch" ha però anche dei punti di riferimento più elevati, come i classici di Sirk e Hitchcock, o il "Decameron" di Pasolini.
Attraverso una trama diluita e ridondante, la Biller ostenta la propria padronanza della pellicola in ogni dettaglio, con minuzia certosina, da artigiana del cinema devota a una certa produzione dimenticata che vuole rigenerare attraverso le tinte del Technicolor.
"The Love Witch" conferma le potenzialità della cineasta che filtra la realtà attraverso lo sguardo al femminile di una strega che vuole amare, ma che si ritrova a essere inconsapevole vittima delle proprie azioni, influenzate da costrutti culturali fortemente maschilisti.
Protagonista del film è la bellissima strega Elaine: nell'incipit la vediamo vestita di rosso, con i lunghi capelli neri al vento, al volante di una decappottabile fiammante su un artificioso sfondo retroproiettato, come in un noir hollywoodiano. La giovane donna si trasferisce in una piccola città in seguito a una traumatica separazione dal marito e alla sua morte sospetta. La vedova è decisa a incontrare l'uomo dei suoi sogni e per riuscirci ritiene di doversi trasformare nella realizzazione di ogni sua fantasia ("Stepford Wives" viene citato a più riprese).
Insomma Elaine rifiuta categoricamente qualsiasi discorso sull'eguaglianza di genere, è anzi pronta a plasmare la propria personalità a seconda delle necessità dell'amante di turno.
Nella parentesi della sala da tè, dall'estetica zuccherina e kitsch, Elaine fa inorridire la sua nuova amica, Trish (Laura Waddell), dicendole che gli uomini desiderano semplicemente una donna che si prenda cura di loro e che si conceda sessualmente, solo in questo modo l'universo femminile può aprirsi all'amore. "Sembra che il patriarcato ti abbia fatto il lavaggio del cervello", le risponde Trish.
La vita di Elaine ruota attorno al desiderio e a un concetto malato d'amore, tra devozione servile e l'essere votata al piacere maschile, che la allontanano sempre più in modo violento e autodistruttivo dal suo "romantico" obiettivo. Riti satanici e pozioni magiche stregano gli uomini in cui si imbatte, che cadono innamorati ai suoi piedi. Dopo averli incantati e travolti con il suo fascino e i suoi "trucchi", Elaine, stanca e insoddisfatta, li elimina, più o meno accidentalmente, o li porta al suicidio. Samantha Robinson è perfetta nel ruolo: con gli occhi dolci e ipnotici accesi dall'ombretto turchese a celare una donna ossessionata che ferisce gli altri e se stessa.
"The Love Witch" è stato girato in 35mm e montato con una vecchia moviola. La Biller ha tagliato la pellicola e l'ha giuntata a mano personalmente: una scelta che nell'era del digitale rasenta la follia, oltre a richiedere grande dedizione, non solo per i costi che inevitabilmente crescono, ma per tutte le difficoltà pratiche che comporta. Non è solo un problema di supporto ma anche di linguaggio, se pensiamo alla trasformazione subita dal montaggio con l'introduzione dei programmi di video editing.
L'opera della Biller può suonare come un ripiegamento narcisistico: produttrice, regista, sceneggiatrice, montatrice, scenografa e costumista del film, cura personalmente anche le musiche. Una presunzione che può concedersi per via della sua approfondita conoscenza del genere e la versatile scrupolosità tecnica che la portano a realizzare una simulazione che va ben oltre i graffi sulla pellicola, i salti di fotogramma o le zoomate alla Mario Bava, l'uso dei voiceover o del flashback: la sua è un'operazione di recupero e riuso di un cinema minore e dimenticato, molto lontano dal gusto del grande pubblico di oggi, con tutti i suoi difetti. Dalla recitazione ingessata alla trama scarna e ridondante, il film si sarebbe potuto limitare all'estensione dei 70 minuti di stampo cormaniano, e invece la durata della pellicola si protrae per ben 120 minuti.
Una lentezza ritmica che ci riporta proprio ai b-movies degli anni 70 e infatti la povertà narrativa viene arricchita dalla stessa Biller con la soluzione dei siparietti erotici alla nudie cutie. La regista guarda a una produzione bassa, dimenticata, che ha trovato mercato proprio nel compiacimento dello sguardo maschile e ne offre una reinterpretazione satirica, il suo sguardo non ha però nulla a che vedere con il cinema retorico e del "messaggio" a cui tende la produzione contemporanea.
Niente pinkwashing o intenti didattici, ma malizia, erotismo, luoghi comuni: il sottotesto di "The Love Witch" è volutamente confuso. Manca la linearità e la chiarezza di un altro fantasy horror femminista figlio degli stessi anni come "A Girl Walks Home Alone at Night" di Ana Lily Amirpour (2014). Questo perché la Biller vuole discostarsi da una certa produzione indie alla moda e preferisce appropriarsi dei linguaggi di un'altra epoca, di un cinema caduto nel dimenticatoio e che di politicamente corretto non ha davvero nulla. Una produzione bassa, corporea, il cui pubblico rigetta i moralismi e non vuole di certo essere guidato.
Se "The Love Witch" sembra voler rivendicare una libertà creativa ed eversiva propria di certi sottogeneri medio-bassi, purtroppo finisce per lasciarsi limitare proprio dalla meticolosa opera d'artigianato a cura di Anna Biller. Ricostruzione ineccepibile, conoscenza enciclopedica dei generi, un'attenzione maniacale verso l'atto di simulazione che finisce per svilire il prodotto nel suo insieme e perdersi nell'autocompiacimento della messa in scena. Una visione interessante quella della eclettica regista che già nel 1994 si autocelebrava con ironia nel suo "Three Examples of Myself as a Queen", ma che sarebbe potuta andare oltre.
cast:
Samantha Robinson, Laura Waddell, Jeffrey Vincent Parise
regia:
Anna Biller
titolo originale:
The Love Witch
distribuzione:
Oscilloscope Laboratories
durata:
120'
produzione:
Anna Biller Productions
sceneggiatura:
Anna Biller
fotografia:
M. David Mullen
scenografie:
Anna Biller
montaggio:
Anna Biller
costumi:
Anna Biller
musiche:
Anna Biller