Sylvie Varheyde realizza il seguito di “Stella” (2008): entrambi sono film autobiografici, in cui la regista ha raccontato prima la sua infanzia e ora la tarda adolescenza. In “Stella è innamorata” ritroviamo dunque la stessa protagonista, alter ego della regista, cresciuta e al termine della propria fanciullezza, divisa fra la fine delle scuole superiori, le uscite e i litigi con le amiche e compagne di scuola, il rapporto conflittuale con la famiglia e le prime, travolgenti, esperienze amorose e sessuali.
La vita di Stella è composta da tre nuclei verso cui tanto le attività della ragazza quanto il film vertono: i genitori, le amiche e il ragazzo che le piace. A questi corrispondono altrettanti spazi che rappresentano le varie sfere affettive della protagonista: il pub della madre, la scuola e il locale notturno in cui si reca a ballare. Si tratta di ambiti e ambienti separati fra loro, che la protagonista vive come se fossero camere stagne, dato che spesso le sue amiche non riescono ad entrare nelle discoteche e Stella si aggira per la sala da ballo da sola, innamorandosi del bel ballerino Andé e coltivando questa storia d’amore nel solo spazio del night club e unicamente nel tempo della notte, evitando di relazionarsi a lui durante il giorno e in altri luoghi o presentandolo alla famiglia o alle amiche. Le esperienze di Stella sono quindi divise e disarticolate fra loro, così da simboleggiare le problematiche che vive nella sua tarda adolescenza, simboleggiate anche da questo frazionamento esistenziale.
“Stella è innamorata” è un film la cui storia si basa su relazioni conflittuali e difficili, che la protagonista rifugge e al contempo cerca, come ogni adolescente che si rispetti. La macchina da presa insiste in particolare sulla protagonista, che la regista pedina costantemente e di cui non perde mai un movimento del corpo o un’espressione del viso, al fine di rappresentare il complesso meccanismo di repulsione e attaccamento con il quale la ragazza si relaziona alle persone che la circondano. Sylvie Varheyde intende mostrarci non tanto le dinamiche sociali e interpersonali che attorniano Stella ma, piuttosto, le reazioni emotive che queste provocano alla sua alter ego: il rapporto conflittuale con i genitori, composti da un padre assente (dato che si è separato e vive con la sua nuova compagna) e dalla madre che cerca di sbarcare il lunario fra mille difficoltà economiche; la cotta fulminante per Andé, con cui non riesce a parlare e ad esprimersi, finendo col costruire una relazione unicamente carnale; le giornate passate con le amiche, con le quali Stella intrattiene un rapporto tanto conflittuale quanto di amicizia profonda.
Il film presenta un andamento circolare: inizia al termine di un amore estivo vissuto nel Bel Paese e finisce con una nuova estate in cui la protagonista si ritrova con il ragazzo italiano. Nel mentre, racchiusa in questo cerchio temporale atto a dare sostanza e forma al lungometraggio, viene raccontato un anno della vita di Stella: un eterno presente fatto di litigi e riappacificazioni con le amiche, di rapporti tesi con i genitori e di amori intensissimi che, tuttavia, finiscono con la stessa rapidità con cui nascono. La protagonista vive un costante hic et nunc fatto di passioni e desideri tanto brucianti e intensi quanto effimeri, oltre che da problematiche esistenziali (la famiglia disfunzionale ed egoista, le scelte su cosa fare della propria vita dopo la scuola) costantemente negate e rimandate per paura di affrontarle. La regia restituisce questo perenne e indefinito presente evitando di fornire allo spettatore delle coordinate temporali precise: le settimane e i mesi passano senza indicazioni, in una ripetizione senza sosta dei tre luoghi e degli altrettanti gruppi relazionali descritti poco sopra. In questo continuum la regista inserisce, con sempre maggior forza man mano che il film procede, sequenze dedicate al ballo e alla passione amorosa, volte a dilatare e rallentare la narrazione del film e a sospendere lo scorrere del tempo diegetico. Oltre a suggerire la difficoltà, propria della giovinezza, di inserire se stessi in una prospettiva cronologica dotata di passato e futuro (l’eterno presente di cui si parlava poco sopra), queste scene compartecipano anche alla rappresentazione della giovinezza. Ciò viene attuato tramite l’ambivalenza formale di queste sequenze, in bilico fra videoclip, pezzi di musical e semplici riprese di giovani che si muovono in una sala da ballo: sono scene indefinite da un punto di vista stilistico, alla ricerca di una propria identità tanto quanto lo è Stella e ogni tardo adolescente, attratto irresistibilmente dal momento presente, tato da volerlo esperire e godere in modo da dimenticarsi ogni altra preoccupazione relativa al domani.
cast:
Louise Malek, Benjamin Biolay, Marina Foïs, Flavie Delangle
regia:
Sylvie Verheyde
titolo originale:
Stella est amoureuse
distribuzione:
No.Mad Entertainment
durata:
110'
produzione:
Atelier de Production, Canal+, Ciné+, France 2 Cinéma, France Télévisions, TV5MONDE
sceneggiatura:
Sylvie Verheyde, William Wayolle
fotografia:
Leo Hinstin
montaggio:
William Wayolle
costumi:
Annie Melza Tiburce
musiche:
Nousdeuxtheband