Interpretato da Jamie Foxx, il cui consueto stile mimetico non si adatta completamente alle esigenze spettacolari del progetto, il presidente degli Stati Uniti preso in ostaggio nella sua regale residenza è un'evidente versione idealizzata di Barack Obama: nero, smaccatamente pacifista nel presente - con qualche piccola ombra nel passato -, tanto che decide di smantellare in blocco le basi militari in Medio Oriente, acculturato e sensibile, ottimo comunicatore. E, ovviamente, eroico. Il suo salvatore (Channing Tatun, molto peggio di Foxx, e soprattutto del Bruce Willis del modello "Die Hard - Trappola di cristallo"), attraverso il cui punto di vista è narrata la vicenda, è un reduce dell'Afghanistan che cerca di riabilitarsi agli occhi dell'intelligentissima figlia, che dopo la separazione con la moglie ha un po' troppo trascurato, portandola in visita alla Casa Bianca; e di far carriera nei servizi segreti. Un perfetto repubblicano, probabilmente, che è costretto a ricredersi al cospetto di cotanto leader, come rimarca non una, due volte. Insomma, pur realizzato da europei, per quanto perfettamente inseriti nel contesto hollywoodiano (il regista è il catastrofistico autore di "Indipendence Day" e "Godzilla"), "Sotto assedio - White House Down" è sì un appassionante film d'azione che fa passare d'un fiato due ore abbondanti, ma anche un rudimentale pamphlet di propaganda, che visti i tempi deve per forza essere progressista, se è vero che ai propositi quasi benefici del Presidente si oppongono - si scoprirà - militanti di estrema destra, esponenti della lobby militare-industriale, oltre a insospettabili collaboratori, pronti a scatenare una guerra atomica contro l'Iran. Uno più macchiettistico dell'altro; ma gli attori se la cavano, e bene.
Ma tra i congiurati figura anche un genio dell'hackeraggio, che ha in odio l'estasblishment dopo essere stato licenziato in tronco per essersi opposto alla politica sui diritti d'autore della Apple (!)... Roland Emmerich, oltre a strizzare l'occhio alle mode tecnologiche (citati Youtube e Wikipedia, mentre la parola blog, ci dice la ragazzina, è ormai solo per matusa) non si prende affatto sul serio - a parte un'automenzione un po' spocchiosa -, ed è bravo a punteggiare di momenti ironici (non sempre a segno ma spesso sì, ad esempio nel caso degli aneddoti sui vizi dei precedenti inquilini della Casa Bianca, grazie ai quali i protagonisti possono usufruire di insperate vie di fuga attraverso cunicoli segreti), una storia che non ha la minima pretesa di essere credibile. In questo senso, il fatto che il presidente persiano abbia un nome arabo la dice lunga...
L'intrattenimento, malgrado le sequenze d'azione di grana grossa, e il senso di già visto onnipresente (quanto tempo è passato da
"Attacco al potere - Olympus Has Fallen" di Antoine Fuqua?) funziona eccome, cosa non scontata per una messa in scena che mantiene una sostanziale unità di luogo. Si intravvede poi una passione per la storia e la cultura statunitense che pare sincera; citato anche l'incendio del 1814 ad opera degli inglesi, che però Emmerich batte tre assalti a uno, essendo tornato sul luogo del delitto già in "
2012". Infine la retorica, principale buccia di banana in questi casi, come ovvio fa capolino ripetutamente; ma con abilità è tenuta a freno, smorzata, talvolta addirittura ribaltata. Fino all'atroce finale con agnizione e buoni sentimenti, alquanto inguardabile. Ma del resto non si può pretendere troppo da una simpatica americanata, che non meritava il mezzo flop al botteghino che sta riscuotendo.
29/09/2013