Tra le foreste e i prati dell’altopiano di Asiago nessuno si muove, mentre la natura prosegue nel suo corso, fino a che dei possenti rombi, apparentemente tuoni, ma forse, chissà, cannonate, scuotono l’aria e spingono alla fuga ogni forma di vita animale, compresa una piccola figura umana che, una volta tagliato il filo spinato con le cesoie, si getta in una disperata corsa attraverso le trincee, verso il bosco. Inizia così (più o meno) "Soldato Peter", peculiare war movie senza armi, esplosioni (quasi) ed eserciti che segue il vagabondare dell’imperscrutabile soldato del titolo, il disertore austroungarico Péter Pan (pronunciato alla magiara /ˈpeːtɛr pɒn/, non all’inglese /ˈpitɚ pæn/), mentre tenta di dirigersi verso il mare per poter mantenere una non ben definita promessa. L’omonimia del soldato ungherese, storicamente esistito e sepolto al sacrario militare del Monte Grappa, col noto personaggio ideato da James Matthew Barrie non è prevedibilmente casuale e non è neppure un elemento accessorio nella pellicola di Gianfilippo Pedote e Giliano Carli ma si rivela presto esserne il nucleo concettuale, sfruttando l’apparente contraddizione fra il fiabesco personaggio di fiction e l’indefinito combattente della Prima guerra mondiale per generare varie riflessioni sul rapporto fra giovinezza, maturazione, guerra, tecnologia, natura. Sembra evidente a questo punto che, nonostante la breve durata e la modestia dei mezzi, "Soldato Peter" sia tutt’altro che un piccolo, semplice, film, quanto meno nelle intenzioni.
Giunti al loro esordio al lungometraggio di fiction alle soglie della terza età, il produttore Gianfilippo Pedote e lo scenografo Giliano Carli hanno contribuito, forse involontariamente, a rendere le contraddizioni al cuore di "Soldato Peter" ancora più profonde e ramificate, realizzando una pellicola che ha molti dei tratti tipici di un esordio (la forma quasi sperimentale dell’opera, il focus narrativo molto ristretto, una certa abbondanza di metafore piuttosto evidenti, etc.) con altri che rivelano il mestiere di due cineasti esperti, seppur di altri ambiti della produzione. È difficile negare infatti come alcuni reparti della produzione, come le scenografie minimali e molto efficaci (forse il miglior contributo estetico della pellicola) dello stesso Carli o l’indubbia capacità di un produttore come Pedote nel reclutare interpreti (Ondina Quadri, Peppe Servillo, Sergio Bustric) e tecnici (Benni Atria al montaggio) di spessore, si distinguano nettamente nel contesto di un’opera dal budget molto ridotto. Non è infatti il, pur indicativo, minimalismo narrativo e stilistico a rivelare la minore esperienza del duo registico al di fuori dei loro usuali ambiti produttivi quanto il contrasto fra la cura di certi aspetti della produzione e altri (in primo luogo narrativi), come se i registi fossero stati alla ricerca di una quadra della loro opera durante le riprese, similmente al loro smarrito soldato Péter Pan.
Interpretato da Ondina Quadri, ormai una habitué di produzioni indipendenti girate nel Nord-est e di ruoli androgini (vedasi "Piccolo corpo" di Laura Samani), il soldato ungherese al centro della pellicola è una figura inizialmente indefinita, un abito che l’attrice romana veste per dare corpo ai numerosi contrasti che animano la pellicola, in primis quelli fra giovinezza e maturazione e fra natura e guerra, mentre brevi flashback iniziano a dare forma al retroterra del personaggio. Questi assumono la forma di anacronistici filmati Super8, piccoli quadrati dai quali non si può quasi fuggire ma che al contempo danno conforto al protagonista, proponendo un passato fumoso, sfocato, e privo di orizzonte (dati i limiti del formato), un’efficace rappresentazione della nostalgia. Questi inserti illustrano il mondo interiore di Péter, permettendo di conoscere un personaggio che nella prima metà, praticamente muta, della pellicola vediamo agire, in modi a tratti anche contraddittori, ma mai esprimersi verbalmente. Sono similmente rilevanti anche gli incisi di live painting realizzati da Cosimo Miorelli, i quali accompagnano la narrazione, spesso generandosi propri dai succitati frammenti in Super8 e sovrapponendo alla lotta interiore (e poi anche esteriore) di Péter contro la guerra e contro le aspettative della società adulta e bellicosa quella del mitologico Dio Cornuto contro un drago di metallo e fuoco, fin troppo palese metafore della guerra e della civiltà industriale.
Tale stratificazione di formati e stili dona sicuramente a "Soldato Peter" una specifica identità, contribuendo anche alla molteplicità di registri e generi che informa l’opera di Pedote e Carli, la quale passa dal war movie più materico al fiabesco, inglobando anche citazioni letterarie (in primis al "Don Chisciotte" di Cervantes), parentesi oniriche e squarci nella contemporaneità. Tutto ciò rende l’esordio del duo interessante ma anche, come si accennava sopra, fortemente squilibrato, a tratti più focalizzato sulla metafora anti-bellica soggiacente o sulla convincente interpretazione di Quadri che sul dare coerenza a queste componenti all’interno di un’opera di fiction dalla durata inferiore ai 90 minuti. Esemplificativa al riguardo è la resa dell’interiorità di Péter, avvenente prima mediante le succitate parentesi nostalgiche o visionarie, le quali magari motivano alcuni comportamenti del protagonista, e che poi assume la forma di monologhi interiori, per convenienza in italiano (mentre invece nei flashback in Super8 sull’infanzia del personaggio si parla in ungherese), e infine di veri e propri dialoghi in quella che però non è la sua lingua madre, ribadendo sia l’impegno lirico della pellicola sia le incongruenze, concettuali, narrative ed estetiche, che si agitano sotto la superficie del film, aspettando solo di venire a galla (cosa che avviene più volte, soprattutto nell’ultimo terzo). Spetta allora alla riuscita di certi momenti, come la straniante danza fra Péter e il sergente italiano interpretato da Bustric, accompagnare con efficacia chi guarda verso la fine di questo strano viaggio fra i monti veneti squarciati (fuoricampo) dalla guerra, similmente a come i ricordi e le fantasie hanno scortato il soldato Péter Pan fino alla pointy end del suo viaggio terreno.
cast:
Ondina Quadri, Peppe Servillo, Sergio Bini Bustric, Benedetta Barzini
regia:
Giliano Carli, Gianfilippo Pedote
distribuzione:
Parthénos
durata:
84'
produzione:
JUNO11 Pictures, Jolefilm, Partner Media Investment, Rai Cinema
sceneggiatura:
Gianfilippo Pedote, Giliano Carli, Enrica Carli
fotografia:
Matteo Calore
scenografie:
Giliano Carli
montaggio:
Benedetto Atria, Alberto Masi
costumi:
Marianna Peruzzo
musiche:
Giancarlo Schiaffini