Dopo aver omaggiato e aggiornato nel 2016 il precursore della prima ondata di tokusatsu, il cinema di effetti speciali giapponese, con "Shin Gojira", dando anche il via al cosiddetto Shin Japan Heroes Universe, Anno Hideaki decide di porre fine al succitato universo cinematografico, o quanto meno alla sua prima fase, con l’omaggio al principale iniziatore della seconda generazione di film e serie tokusatsu, il supereroistico "Kamen Rider" di Ishinomori Shōtarō. Riaggiornando, in maniera piuttosto radicale, le vicende della prima serie dedicata al motociclista mascherato (1971-3), "Shin Kamen Rider", o, come è arrivato da noi grazie ad Amazon Prime Video, "Shin Masked Rider", non si limita però ad adattare una delle figure più iconiche della fantascienza nipponica al presente, in quanto negli ultimi 20 anni gli si sono state dedicate quasi ogni anno serie e opere cinematografiche, ma si dimostra in primo luogo un tentativo di reinterpretarlo alla luce della produzione di Anno Hideaki. Da questo punto di vista si può subito dire che "Shin Kamen Rider" sia un esperimento riuscito, proponendo l’ennesimo re-imagining di un’opera iconica secondo la sensibilità e lo stile del regista di "Neon Genesis Evangelion", serie, e franchise, che vengono continuamente, quasi ossessivamente, citati nelle due ore scarse della pellicola.
Se gli omaggi visivi, come i continui dettagli di mani che fanno cose ma soprattutto esitano a farle, possono alla lunga sembrare stucchevoli citazioni (fig. 1), più interessanti e significativi sono i punti di contatto tematici, alcuni già presenti nella lunga storia del franchise di "Kamen Rider", altri debitamente inseriti dal regista, per la prima volta al lavoro sul Shin Japan Heroes Universe senza il sodale e specialista di effetti speciali Higuchi Shinji. La connotazione riluttante dell’eroe viene enfatizzata fin dal frettoloso prologo, in cui si scopre che non è stato lui a liberarsi dall’organizzazione terroristica SHOCKER che l’ha geneticamente mutato ma che è stato praticamente messo sulla sua moto superaccessoriata ("Shinji, sali su quel robot", sembra quasi sentir dire) da Midorikawa Ruriko, giovane ricercatrice della SHOCKER che ha deciso di tradire l’organizzazione insieme al padre. Il seguente combattimento in cui mette fuorigioco orde di inseguitori, e con una crudezza che davvero ha pochi eguali nell’action contemporaneo, serve solo a esasperare i dubbi e i tormenti del giovane protagonista Takeshi, anche stavolta eroe suo malgrado. La subordinazione di Takeshi a Ruriko, e poi ai piani dell’organizzazione governativa che cerca di fermare la SHOCKER, contribuisce a ribadire questo tema e a esasperare il ruolo secondario dell’eroe nel procedere delle vicende, fungendo al massimo da braccio armato nella lotta contro i numerosi villain che si accumulano soprattutto nella prima metà della pellicola.
Fig. 1: "Suonala ancora, Hideaki" e l’eterno ritorno di "Evangelion"
Non sarebbe eccessivo a questo punto interpretare "Shin Kamen Rider" come il percorso di progressiva accettazione del proprio ruolo eroico da parte del protagonista, un’assunzione di responsabilità che non può che culminare dopo [SPOILER] la morte del mentore che, giocando coi cliché del genere, non è il macchiettistico professor Midorikawa interpretato da Tsukamoto Shin’ya, né uno fra gli agenti segreti Taki e Tachibana, ma la giovane e attraente Ruriko, tra l’altro vero motore narrativo degli eventi per due terzi della pellicola. Dopo aver pianto la persona a cui deve tutto, il cui sacrificio è stato inoltre fondamentale per portare dalla loro parte un altro dei transumani al servizio della SHOCKER (i cui fini ricordano più quelli della Seele di "Evangelion" che quelli del gruppo nella serie originale), Takeshi può divenire finalmente l’eroe senza macchia e senza paura che i protagonisti di Anno non sono mai riusciti a essere. D’altronde "Shin Kamen Rider" rimette in scena una serie tokusatsu dei primi anni 70, non un cupo coming of age post-apocalittico girato a metà della Lost Decade, il decennio di recessione degli anni 90, potendo così riproporre un eroismo purificato ed enfatizzato, e non compromesso, dalle tragedie della vita, per quanto destinato a lasciare presto il testimone a un eroe più disilluso e riflessivo, in un omaggio alla strana strutturazione delle serie originale (in cui due diversi protagonisti si susseguivano nel racconto in base a necessità produttive più che narrative).
A questo punto è legittimo chiedersi come sia complessivamente "Shin Masked Rider", al netto dei suoi riferimenti alle più celebri opere di Anno e della coerenza con cui sviluppa alcuni dei suoi temi principali. In realtà anche un’analisi stilistica della pellicola può difficilmente non partire dal considerare la produzione del regista, avvicinando "Shin Kamen Rider" alla prima pellicola tokusatsu di Anno, il film supereroistico sopra le righe "Cutie Honey", adattamento del 2004 delle avventure dell’omonima eroina scritte dal leggendario Nagai Gō fra 1973 e 1974. Oltre al periodo storico della fonte, d’altronde corrispondente all’infanzia del regista, i due film condividono, nonostante i quasi 20 anni che li separano, un approccio fortemente rielaborativo al materiale d’origine ma al contempo molto fedele alle stranezze e ai topoi di quella produzione, finendo per riempire una pellicola dal tono serioso (ben più di quanto "Cutie Honey", o i film di "Evangelion", fossero) di continui elementi camp, fra pose inverosimili, effetti speciali palesemente farlocchi e uno sviluppo narrativo talmente frettoloso da lasciare spesso basito lo spettatore che ignora le mitologia che sta dietro alla pellicola (fig. 2). Per il resto ritorna anche la straniante regia di Anno Hideaki, che alterna primi piani e dettagli a campi lunghi, spesso negando volutamente un termine medio che renda meno evidente l’isolamento di (tutti) i suoi protagonisti, in maniera simile a quanto si è visto in altre pellicole live action del cineasta, come il riflessivo e metacinematografico (strano) "Ritual".
Fig. 2-3: questione di stile, e di stili, nei live action di Anno Hideaki
Proprio per coloro che non fossero completamente consapevoli della natura diseguale della produzione del regista nipponico (la cui autorialità è stata d’altronde messa in dubbio anche da esimi colleghi) "Shin Kamen Rider" potrebbe rivelarsi spiazzante, mostrando un Anno diverso sia da quello delle serie animate sia da quello più introspettivo e sperimentale di "Ritual" e di "Love & Pop", il suo primo film live action (fig. 3). Si potrebbe concludere che, messa finalmente la parola fine sulla saga che l’ha accompagnato per metà della sua vita, il regista sia ormai più interessato a testare i limiti della sua eclettica espressività audiovisiva. "Shin Masked Rider" è da questo punto di vista un campo di prova sicuramente interessante, permettendo di ricombinare decenni di immaginario pop nipponico in un densissimo, e a tratti sconclusionato, catalogo di topoi del proprio cinema e del cinema tokusatsu nella sua interezza. Anno Hideaki ha d’altronde sempre amato fare le cose in grande e non si può negare che questo film, al netto di un budget che non può rivaleggiare con assimilabili pellicole hollywoodiane, abbia una sua strana grandezza: se sia dovuta all’accumulo di personaggi, ambientazioni e colpi di scena fino ad arrivare quasi all’incomprensibilità o alle personalità larger than life dei suoi eccentrici protagonisti, e del suo autore, spetterà al pubblico stabilirlo. La stessa ambizione e gli stessi contrasti stilistici che rendono esemplificativa e memorabile la battaglia finale fra i due rider e l’ultimo villain, la quale passa repentinamente da uno scontro ricco di effetti speciali e finemente coreografato a una sgraziata rissa di strada. Come sempre, senza soluzione di continuità.
cast:
Sosuke Ikematsu, Minami Hamabe, Shinya Tsukamoto, Tasuku Emoto
regia:
Hideaki Anno
titolo originale:
Shin Kamen Raidā
distribuzione:
Amazon Prime Video
durata:
121'
produzione:
Toei, Cine Bazar
sceneggiatura:
Hideaki Anno
fotografia:
Osamu Ichikawa, Keizō Suzuki
scenografie:
Yutaka Izubuchi, Mahiro Maeda, Ikuto Yamashita
montaggio:
Hideaki Anno, Emi Tsujita
costumi:
Hideaki Anno, Yutaka Izubuchi, Mahiro Maeda, Isao Tsuge, Ikuto Yamashita
musiche:
Taku Iwasaki