Riassunto delle puntate precedenti: nel 2004 la Toho Company Ltd. ritira Godzilla dal ring dopo cinquant'anni di carriera, fondi di barile raschiati, incassi in picchiata, dignità persa. Ventinove film suddivisi in ere (Showa, Heisei, Millennium e adesso Reboot), a partire dall'originale di Ishiro Honda, snodati lungo un itinerario di variazioni sul tema in cui il re dei mostri si è pestato di brutto con ogni tipo di kaiju disponibile sulla piazza.
Qualche tempo prima, nel 1998, Roland Emmerich sotterra la possibilità di una prevista trilogia-remake americana di produzione TriStar con un film che fa talmente schifo ai giapponesi da spingerli a ribattezzare la creatura riciclata dagli yankee semplicemente Zilla, per distinguerla dal pupillo nazionale Gojira.
Nel 2008 i tre moschettieri Abrams-Goddard-Reeves svecchiano il format mostro gigante vs. città con un doppio salto mortale: "Cloverfield" americanizza e attualizza, dotando il found footage della capacità di parlare con lucidità degli Usa post 9/11.
Nel 2013 Guillermo del Toro canta la serenata all'immaginario cinematografico, fumettistico e animato del Sol Levante, facendo lottare mostroni marini contro robottoni mecha in "Pacific Rim", mandando in visibilio cultori e non.
L'anno dopo Gareth Edwards resuscita una volta per tutte Godzilla, e con lui l'interesse della Toho, nel Capitolo Uno della saga MonsterVerse, megaproduzione che promette siderali legnate fra colossi per il primato di mostro gigante più redditizio della storia dei franchise su grande schermo.
Il film di Edwards è un cerotto altrettanto gigantesco sullo sbrego aperto da Emmerich nell'onore giapponese. La Toho si sente in parte moralmente risarcita ma soprattutto nota che su Godzilla si può ancora lucrare e ha l'ideona di affidare la realizzazione di un potenziale successo commerciale a un tizio che con il suo più grande successo commerciale ci campa tuttora, Hideaki Anno, artefice di "Neon Genesis Evangelion", pietra miliare per i fan degli anime.
Scusate il preambolo: eccoci a "Shin Godzilla", campione di incassi 2016 in patria, reboot in piena regola, in linea con le attuali disposizioni produttive dell'amata odiata concorrente Hollywood. Si ricomincia daccapo, quando invece tutti i film nipponici a oggi erano sequel ambientati in un universo dove Godzilla si era già manifestato. Hideaki Anno e il sodale Shinji Higuchi, esperto di fx, affrontano il mito alla radice e creano un mostro fedele graficamente a quello del '54, innestandoci sopra una potenza di fuoco (nucleare e ovviamente digitale) inenarrabile, ma il budget è nipponico, non americano. L'effetto, fra animatronic, modellini in scala, tute gommose e Cgi è sgraziato, rétro, non pretende alcuna sospensione di incredulità. Bene così: Anno e Higuchi procedono argutamente su altri terreni.
Una sinossi è inutile, è risaputa: Godzilla emerge dall'oceano, si incammina verso Tokyo, devasta. Più interessante è il modo in cui viene (bis)trattata la faccenda, la gestione del ritmo, la dissacrazione, il discorso mediale, i cenni metacinematografici.
Al mostrone viene accordato un pugno di scene madri la maggior parte delle quali però prosciugate da grandiosità epica. Dopo più di sessant'anni avrebbe senso creare suspense attorno al primo avvistamento? O celare l'aspetto complessivo del colosso fino all'ultimo? Magari no, anche Edwards era d'accordo, e dunque nel suo primo stadio evolutivo questo nuovo Godzilla è buffo, tartarughesco, nonostante la catastrofe che si porta appresso; e agisce spesso e volentieri alla luce del giorno, quasi sempre in interezza, ripreso da angolazioni che, sul piano prospettico, non tendono certo a ingigantirlo.
Se allora la spettacolarità disaster c'è ma non sta al centro (fatta eccezione per la sequenza dei raggi fotonici sparati da bocca e dorso, e conseguente carbonizzazione di Tokyo), al suo posto ruba la scena il blaterare burocratico degli inetti politici giapponesi. Una buona percentuale della pellicola si svolge dentro uffici, sedi istituzionali, a tavoli cui si riuniscono ministri e consiglieri intenti a opinare prolissamente. La forma-film si assesta fra l'anime e il reportage. Montaggio serratissimo, didascalie, interferenze transmediali vengono impiegati per satireggiare una classe dirigente innumerevole che non fa che incontrarsi e parlare, parlare, parlare. Almeno fin quando Shinya Tsukamoto (proprio lui) e il suo team di scienziati non hanno l'illuminazione e risolvono il grosso guaio a Japan Town prima che l'esercito americano sganci di nuovo l'atomica. Gli Stati Uniti sono l'altro grande bersaglio della satira di Anno e Highuchi, uno spernacchiata che va dalla politica estera alle recriminazioni storiche per giungere alle meta-diatribe sul nome Gojira/Godzilla, con contorno di frecciate ai remake.
Il risultato è piuttosto particolare e intermittente. Conserva mitologemi e frattanto si scrolla di dosso doveri da kolossal come climax, pathos, eroismi. I personaggi sono caricati, non caratterizzati, e riflettono un'umanità che sta chiusa altrove, sempre altrove. La metropoli congela la minaccia e al tempo stesso la incorpora, la statuisce come elemento di convivenza proveniente dagli abissi della natura quanto dalla stanza dei bottoni. Ci si può leggere moniti antinucleari, quesiti sulla nozione di città moderna, riferimenti a Fukushima, messaggi ecologici di critica al titanismo che sta conducendo all'apocalisse ambientale, cose alla "l'uomo che distrugge l'uomo" (la partenogenesi in coda - in tutti i sensi - sembra sostenere questa tesi), eccetera, ma "Shin Godzilla" è anzitutto commedia politica, una comica finale che muove in direzione di un sistema governativo il cui afflato patriottico muta in parodia con la stessa facilità con cui Godzilla, pardon, Gojira rade al suolo il Giappone da decenni.
cast:
Hiroki Asegawa, Yutaka Takenouchi, Satomi Ishihara, Shinya Tsukamoto, Ren Osugi
regia:
Hideaki Anno, Shinji Higuchi
titolo originale:
Shin Gojira
distribuzione:
Minerva Pictures, Dynit
durata:
119'
produzione:
Toho Company, Cine Bazar
sceneggiatura:
Hideaki Anno
fotografia:
Kosuke Yamada
scenografie:
Yûji Hayashida, Eri Sakushima
montaggio:
Hideaki Anno, Atsuki Sato
costumi:
Mahiro Maeda
musiche:
Shiro Sagisu