Modulato sulle estetiche di un cinema derivato dalla realtà, ma capace di superarla per diventare apologo esistenziale, e qui ci riferiamo alla fenomenologia del quotidiano dei fratelli Dardenne, ed al Krzysztof Kieslowski del "Decalogo", ripreso nella traslazione sul piano laico e prosaico di un tema evangelico e religioso, "Sette opere di misericordia" vive sul contrasto tra l'essenzialità di un racconto minimalista, quasi muto, costruito sulla gestualità, anche corporale dei personaggi, e la complessità di una messinscena, dalla fotografia desaturata al puzzle di suoni reali ed artificiali, organizzata per dare voce all'ineffabile, nel tentativo di far emergere l'universale dal particolare. Immergendo la vicenda in un paesaggio urbano tanto concreto, per la specificità di ambienti quasi sempre lontani dall'iconografia del benessere, quanto rarefatto, per il progressivo diradarsi degli elementi che normalmente costituiscono la cornice della storia, quelli che permettono di inserirla in un contesto geografico o temporale, i fratelli De Serio, al loro esordio in un lungometraggio di finzione, danno vita ad una serie di quadri, ognuno dei quali è introdotto da una didascalia riferita all'opera di misericordia (corporale) che i personaggi stanno per compiere. Ma è proprio nella corrispondenza tra i precetti religiosi indicati nel titolo, e le dinamiche comportamentali di Luminita ed Antonio, inizialmente segnate dalla costrizione e dalla minaccia con cui lei lo tiene segregato, e poi, con uno scarto a dire il vero un po' meccanico per quello che si è visto sullo schermo, trasformate in un amore compassionevole ed altruista, ed in cui la nudità dei corpi diventano scoperta dell'altro (similarmente a "Il matrimonio di Lorna" dei Dardenne), che "Sette opere di misericordia" non riesce a diventare quello che vuole essere. E' come se il film, chiamato a confrontarsi con un ambizione evidenziata non solo nell'importanza del tema, ma anche nei continui richiami ad un autorialità a tutto campo, il cinema ma anche la pittura (il titolo del film cita un famoso quadro del Caravaggio), finisse per essere più attento all'esibizione dei suoi talenti che alla sostanza di quello che vuol dire. A farne le spese sono soprattutto il cuore e le sue emozioni.
Presentato in concorso a Locarno, il film dei fratelli De Serio si avvale della presenza afflitta e misteriosa di Roberto Herlitzka nella parte del protagonista maschile, e di Olimpia Melinte, una scoperta, in quella della giovane romena.
cast:
Olimpia Melinte, Ignazio Oliva, Stefano Cassetti, Roberto Herlitzka
regia:
Massimiliano De Serio, Gianluca De Serio
distribuzione:
Cinecittà Luce
durata:
103'
produzione:
La Sarraz Pictures srl
sceneggiatura:
Massimiliano De Serio, Gianluca De Serio
fotografia:
Piero Basso
scenografie:
Giorgio Barullo
montaggio:
Stefano Cravero
costumi:
Carola Fenocchio
musiche:
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