Come è cambiato e in che direzione si sta muovendo il cinema horror degli anni duemila? Sono passati quindici anni dal primo episodio di "Scream" (1996) - e undici dal terzo, e apparentemente conclusivo, film della serie - opera spartiacque che pareva porre un punto di chiusura al genere horror, come aveva fatto qualche anno prima Clint Eastwood per il western con "Gli spietati". Da allora il cinema di genere pare essersi accartocciato su sé stesso, a metà via tra l'impasse e il ritorno alle origini: da una parte le torture e il sadismo fini a sé stessi dei vari "Saw" e "
Hostel" (per non citare il filone di torture-horror francesi) e il gioco al massacro (video)ludico e svuotato da ogni sottotesto dei "
Final Destination", dall'altro l'horror orientale ("The Ring", "Dark Water", "Ju On", "The Eye" su tutti) opportunamente riproposto in discutibili rifacimenti Usa, e appunto il ricorso, sempre più frequente e deprimente, a remake di classici di genere del passato (una valanga, da "
Non aprite quella porta" al recentissimo "
Nightmare").
"Scream 4", ancora diretto da Wes Craven, ma soprattutto scritto da Kevin Williamson (è lui il vero "
factotum" della serie) dopo la dèbacle del terzo capitolo (affidato alla penna del modesto e maldestro Ehren Kruger), non vuole assurgere a pietra tombale dell'horror del duemila, ma piuttosto ridere di esso. Non c'è nessuna riflessione sui meccanismi di genere perchè nessuna riflessione è possibile, e l'unica regola è "l'assurdo". Le motivazioni del killer questa volta sono consone al degrado della cultura e della società contemporanea: uccidere per diventare famosi, conquistare la notorietà con il minimo sforzo possibile e senza possedere nessun tipo di talento. Nell'era del reality, dei social network, delle immagini in tempo reale, l'orrore (e il terrore) diventa una forma di spettacolo come le altre, da dare in pasto ad un pubblico che si ciba di immagini riciclate e già viste. Per Craven e Williamson l'unica via coerente da percorrere in questo nuovo film è allora quella del "
remake" (così come il secondo "Scream" rifletteva sul concetto di
sequel e serialità), e difatti "Scream 4" ripercorre filologicamente la struttura del primo capitolo (battute e sequenze, come il pre-finale con lo svelamento dell'identità dell'assassino, sono riprese pari pari), innestandovi sopra una robusta dose di ironia (e parodia). Ciò è chiaro sin dall'incipit che parte con una classica sequenza di tensione (l'assassino che tormenta al telefono due giovani vittime) per poi rivelare la sua natura "fittizia". Ciò che vediamo è solo un film...all'interno di un altro film (all'interno di un altro film!).
Il nuovo "Scream" gioca astutamente con l'autoreferenzialità e rischia di rimanere un oggetto "per pochi" (stessa sorte a cui sono stati condannati "
Rango" o "
Boris - Il Film"), ma è soprattutto uno specchio consapevole della crisi del cinema horror-adolescenziale degli ultimi dieci anni. In fondo non ci importa più sapere chi si cela dietro la maschera del killer: "Ghost Face" è ormai diventato una voce riconoscibile, un'icona incontestabile della nostra era, un prodotto in serie (nel film si ironizza sul fatto che la saga dei film "Stab - Squartati" sia giunta al settimo episodio), che non spaventa il pubblico (in mezzo c'è stato anche il primo "Scary Movie") ma suscita quasi nostalgia nei confronti di un tipo di cinema, e di paura, che non esiste più. Il lato più originale dello
script di Williamson sta proprio in questa presa di coscienza. Chiaramente il risultato finale è diseguale e porta alle estreme conseguenze il mix di tensione e risate che caratterizzava i primi due episodi della saga (il terzo, macchinoso e anemico, è meglio dimenticarlo), mette in ballo forse troppi personaggi ed ha un avvio faticoso, ma se si sta al gioco è anche affascinate, divertente e raffinato come pochi horror hanno saputo essere negli ultimi tempi.