Arriva finalmente nelle sale italiane "Scompartimento N.6", film-rivelazione a Cannes (dove ha vinto il Gran Premio della Giuria), ispirato all'omonimo romanzo di Rosa Liksom (Iperborea edizioni). "Un road movie artico su un treno che intreccia due destini", secondo la definizione del regista, il finlandese Juho Kuosmanen, che in Italia si era già fatto apprezzare al Festival di Torino del 2016 con il suo bizzarro "pugile sentimentale" di "La vera storia di Olli Mäki".
Totalmente girato in 35mm e introdotto dalle trascinanti note della sempiterna "Love Is The Drug" dei Roxy Music, il film affonda nell'intimità dei personaggi fin dal suo incipit, che ci catapulta a Mosca, nel pieno degli anni 90, all'interno di un party di pseudo-intellettuali, in cui la studentessa finlandese Laura (Seidi Haarla) viene sottoposta a un fuoco di fila di domande e curiosità per verificarne il livello di erudizione. Il senso di disagio è accentuato dal palese rapporto di subordinazione emotivo della protagonista nei confronti della sua amante, la professoressa di letteratura russa Irina, più colta, matura e strutturata, ma al contempo meno coinvolta dal punto di vista sentimentale.
Per sfuggire ai suoi tormenti, come in una disperata ricerca di sé, Laura decide di intraprendere un lungo viaggio in treno lungo la Transiberiana, fino alla cittadina di mare di Murmansk, remota provincia dell'impero nell'estremo nord-ovest che ospita un sito archeologico dove si possono osservare i Petroglifi, incisioni rupestri, tra le prime manifestazioni dell'arte creata dall'uomo. Senza anticipare l'esito dell'impresa, va comunque segnalato il significato allegorico dei Petroglifi nel film: sono segni durevoli del nostro passato e la protagonista pensa che vedendoli potrà entrare in contatto con qualcosa di permanente, ma al tempo stesso trattasi di fredde pietre, attraverso le quali si potranno percepire soltanto momenti fuggevoli che forse, però, sono l'unica cosa che conta, perché la ricerca dell'eterno potrebbe impedirci di assaporare la realtà che stiamo vivendo adesso.
Il cuore della storia è però la lunga traversata in treno, tutta giocata sul contrasto stridente - e non privo di risvolti comici - tra Laura e Ljoha (Yuriy Borisov), il giovane minatore russo con cui sarà costretta a condividere l'intimità del vagone letto fino alla destinazione finale. Rozzo, sgradevole, maschilista, sessista, Ljoha incarna il bersaglio ideale dei succitati salotti buoni moscoviti, così come del musicista alternativo finlandese che sale a bordo del treno giusto il tempo di strimpellare due canzoni e offrire a Laura una temporanea (ma tristemente illusoria) via d'uscita dal compagno di cuccetta. La sua frase sprezzante nei confronti di Ljoha ("Ma li producono tutti in serie così da queste parti?") segna una sorta di spartiacque del film: proprio al culmine dell'esasperazione verso il suo compagno di viaggio, ma dopo aver capito di essere stata raggirata dal suo più seducente connazionale, Laura inizia un percorso di avvicinamento nei confronti di Ljoha, che la porterà a mettere in discussione le sue certezze e a cercare di accettare "l'altro da sé", attraverso un doloroso scavo psicologico.
Costretti a seguire la linea del destino tracciata dai binari, i due daranno così vita a un rapporto inaspettato, dove a unirli, paradossalmente, sarà proprio l'enorme distanza che li divide (e a sottolinearla contribuisce anche l'aspetto linguistico: pur essendo finlandesi sia il regista, sia la protagonista, il film è quasi interamente parlato in russo).
Con il suo stile asciutto, fatto di pause, di dettagli, di sguardi rubati, Kuosmanen sembra volerci suggerire che solo al cospetto della diversità, di chi è totalmente estraneo, possiamo tentare di ritrovare davvero noi stessi, rimettendoci in gioco attraverso una nuova purezza sentimentale – quasi infantile – in grado di rimuovere le incrostazioni sociali e culturali che ci portiamo faticosamente addosso ogni giorno. Messaggio indubitabilmente romantico, che in molti hanno colto definendo il film "la love story dell'anno" (qualcuno spingendosi fino a improvvidi paragoni con "Titanic").
Ma al di là del lato sentimentale, "Scompartimento N. 6" propone anche una potente riflessione sul viaggio – che, com'è noto, non è tanto la destinazione finale, quanto il tempo trascorso tra luoghi e tempi inconsueti per raggiungerla - attraverso una suggestiva messa in scena tra i vagoni del leggendario treno della Transiberiana diretto a Ulan Bator, in Mongolia, facendoci vivere in presa diretta i suoi corridoi decadenti attraversati dall'inflessibile provodnitsa (la bigliettaia, il personaggio più "sovietico" del film), la sua affascinante sala ristorante, i suoi odori e i suoi stridori, con squarci poetici degli sterminati paesaggi spogli e innevati catturati dal finestrino.
Senza farsi mancare riferimenti classici – da Omero al Cechov dell'opera teatrale "Il Gabbiano" – Kuosmanen ci offre una via d'uscita da certezze e pregiudizi, dove un vaffanculo può tradursi in "ti amo" (letteralmente). Una storia di sentimenti al calor bianco, immersa nelle distese gelate dell'Artico.
cast:
Seidi Haarla, Yuriy Borisov, Dinara Drukarova
regia:
Juho Kuosmanen
titolo originale:
Hytti nro 6
distribuzione:
Bim
durata:
106'
produzione:
Jussi Rantamäki, Emilia Haukka Per Aamu Film Company, In Coproduzione Con Achtung Panda!, Amrion Pro
sceneggiatura:
Andris Feldmanis, Livia Ulman, Juho Kuosmanen
fotografia:
J-P Passi
scenografie:
Kari Kankaanpää
montaggio:
Jussi Rautaniemi
costumi:
Jaanus Vahtra