Ondacinema

recensione di Alberto Mazzoni
5.0/10

La trama è semplice: Frost ha abbandonato la CIA e commercia in dati segretissimi. West nella CIA è appena entrato e ambisce a entrare in azione. Le loro strade si incontreranno.

Qual è però il messaggio che intende comunicarci il regista inserendo nei primi quindici minuti ben tre sequenze identiche a scene già viste nella trilogia Bourne (il conto finale ammonterà almeno a una dozzina)? Siamo forse di fronte a una operazione sullo stile di "Funny Games US" di Haneke o "Psyco" di Van Sant, inquietanti rifacimenti frame-by-frame dei capolavori originali? In fondo il direttore della fotografia (Oliver Wood) è lo stesso della trilogia. Purtroppo non è questo il caso. Il pathos e l'ethos di Greengrass non abitano qui, se ne è solo replicata la forma senza capirne il senso. Si veda ad esempio la scena della manifestazione: in "The Bourne Supremacy" fornisce contesto storico (lo spirito dei manifestanti e dell'agente ribelle non sono poi così diversi), rappresenta il conflitto tra spontaneità caotica e tecniche del controllo (la folla è usata per elidere il controllo visivo/sonoro delle apparecchiature della CIA) e ci sorprende con una rapida serie di spiazzamenti. In "Safe House" l'agente Frost usa la folla per confondere inseguitori, come visto in mille altri film: la scena non crea tensione, non crea significato, invece di una manifestazione poteva essere la fila alla posta. In fondo al di là di Greengrass è tutto il genere spy story ad essere saccheggiato, fino a raggiungere una densità di clichè imbarazzanti. Il film è prevedibile su tutte le scale temporali, dalla trama generale, alle singole scene, fino alle singole inquadrature, come da copione inutilmente traballanti.

Certo, a furia di copiare il prodotto non è interamente da buttare, ad esempio gli insegumenti automobilistici non sono malvagi, ma ad ogni passaggio lo spettatore spera in un guizzo di ingegno che non viene mai. Ryan Reynolds - che semplicemente non sa recitare - interpreta un agente della CIA (West) che ne sa meno di come funziona quel mondo di uno spettatore medio di film di spy story: vede agenti della CIA praticare torture basate sull'annegamento (come in "The Bourne Ultimatum") e si meraviglia e chiede se è legale; crede che nessuno noterà se se ne va in giro tra la folla con un uomo ammanettato, si chiede se dopo che ha sparato a mezza Cape Town la sua ragazza sarà controllata dalla polizia etc etc. Denzel Washington (anche produttore) è palesemente convinto di essersi ritagliato un ruolo epico (Frost), e il suo personaggio ha un qualche carisma, ma i dialoghi non sono all'altezza. Brendan Gleeson e Vera Farmiga interpretano ruoli stereotipati (lei potrebbe essere letteralmente lo stesso personaggio di "Source Code" trasferito a un'altra sezione).

In definitiva l'unico momento in cui tensione e arte si fondono in questo film è nella canzone dei titoli di coda (di Jay Z e Kayne West). Se vi interessa vedere un film d'azione avvincente e girato bene, invece, "Knockout" dovrebbe essere ancora nelle sale.


01/03/2012

Cast e credits

cast:
Denzel Washington, Ryan Reynolds, Brendan Gleeson, Vera Farmiga


regia:
Daniel Espinosa


titolo originale:
Safe House


distribuzione:
Universal Picture


durata:
117'


produzione:
Relativity Media


sceneggiatura:
David Guggenheim


fotografia:
Oliver Wood


montaggio:
Rick Pearson


Trama

Frost ha abbandonato la CIA e commercia in dati segretissimi. West nella CIA è appena entrato e ambisce a entrare in azione. Le loro strade si incontreranno.