La presenza in concorso di un film rumeno è solitamente segno di una visione che susciterà un certo interesse, poiché parliamo di una cinematografia che negli ultimi anni ha espresso registi del calibro di Cristian Mungiu ("
4 mesi, 3 settimane e 2 giorni", "
Oltre le colline") e Cristi Puiu ("La morte del signor Lazarescu"). E l'opera seconda di Andrei Gruzsniczki, ambientata negli anni 80 durante la dittatura di Ceaușescu, il
vulnus che ha segnato un'epoca e che ancora gli artisti rumeni tentano di metabolizzare, ha vinto il Premio Speciale della Giuria all'
ottavo Festival di Roma.
Gruzsniczki ragiona sulla vita della gente comune, mettendo in scena solo gli effetti di una dittatura invasiva: non a caso il nome di Ceaușescu non viene mai tirato in ballo, si parla del regime del Partito e del suo segretario, ma mai del "capo". I protagonisti che si alternano sulla scena sono essenzialmente tre: Sorin Parvu, un matematico di genio che non riesce a concludere il suo dottorato e che fa pubblicare un suo importante studio presso una rivista americana, ha l'impedimento maggiore nel suo essere non iscritto al partito; Elena Buciuman è una sua amica ed ex-compagna di università, sposata con un altro matematico che, partito per la Francia con la regolare autorizzazione, si è trattenuto in Europa in maniera illegale, e vorrebbe ricongiungersi al marito per ricostituire la famiglia; Alecu Voican è un rigido e indottrinato ispettore del Dipartimento di Sicurezza, frustrato per non aver avuto la carriera che meritava.
Gruzsniczki mette a confronto tre persone sole, infelici e, seppur in maniera e su piani differenti, in forte difficoltà: Sorin vorrebbe ricevere i riconoscimenti accademici per il proprio talento, visto che sul privato la sua vita non va a gonfie vele, e il sentimento che prova per Elena è ricambiato solo in termini di amicizia; dal canto suo, il segugio Alecu rivorrebbe sua moglie e, nel frattempo, si butta a capofitto sul lavoro sorvegliando, spiando e ricattando gli altri due personaggi per far cadere Parvu nella sua rete. Tra di loro si muove Lucian, un altro compagno di università che fa l'informatore e che riallaccia i contatti con Sorin per capire quanto valga la nuova teoria che sta sviluppando: la sicurezza nazionale, ovviamente, non c'entra niente, la questione è puramente di principio. La regia di Gruzsniczki usa piani fissi e
long take prendendosi il suo tempo per descrivere personaggi e situazioni: tutt'altro che rocambolesca, la storia è priva di sussulti, permeata solo da una sottile vena di ironia. L'
understatement dei protagonisti, la loro recitazione compassata che sagoma rapporti umani freddi sembra parodiare una società in cui ogni gesto non viene realizzato senza un opportuno calcolo.
Evitando la drammaticità tragica de "
Le vite degli altri", a cui pure somiglia per alcuni aspetti, e ricordando la leggerezza da fiaba di Kaurismaki, "Quod Erat Demonstrandum" è un'opera a cui sicuramente manca qualcosa per dirsi realmente compiuta. Adagiandosi sul suo piano espressivo, rischia di appiattirsi. Il finale, nel quale tutti i personaggi protagonisti si ritrovano all'aeroporto, elimina anche il possibile colpo di scena, perché nulla pare succedere veramente: alla luce di un mesto bianco e nero, vediamo solo la tristezza di uomini e donne che svelano le proprie miserie e che comprendono la meschinità delle loro azioni.
21/11/2013