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recensione di Antonio Pettierre
4.0/10

Il revenge movie è un sottogenere delle pellicole di azione in cui il protagonista consuma la sua vendetta nei confronti di altre persone che gli hanno arrecato un danno permanente. Di solito, la struttura filmica è basilare: la descrizione di una famiglia felice, l’incontro casuale con dei malviventi dediti a diversi loschi affari che, in modo barbaro, trucidano le vittime. Il protagonista è anch’esso vittima, ma in qualche modo sopravvive e pianifica nel tempo la sua vendetta uccidendo i colpevoli dopo che la giustizia si è rivelata impotente nel perseguire i colpevoli.

Uno tra i più famosi capostipiti di questo tipo di film è “Il giustiziere della notte” (1974) di Michael Winner con il marmoreo Charles Bronson che ha creato un’icona e di cui recentemente si è visto il remake con Bruce Willis. Neil Jordan con “Il buio nell’anima” ha tentato una sperimentazione facendo rivestire i panni della “giustiziera” a Jodie Foster con approfondimenti della psicologia dei personaggi non banale.

Il regista francese Pierre Morel specializzato nei film di azione – il più riuscito “Taken” e i modesti “From Paris With Love” e “The Gunman” - con “Peppermint – L’angelo della vendetta” riprende il filone facendo interpretare il ruolo della protagonista a Jennifer Garner, famosa per la serie televisiva “Alias”. La sceneggiatura di “Peppermint” è molto semplice facendone una versione al femminile del film di Winner, ambientandola nei bassifondi di Los Angeles. Alla bancaria Riley North un gruppo di trafficanti di droga legati a un cartello messicano uccidono il marito e la figlioletta; ferita gravemente, riesce a sopravvivere e a indentificare i colpevoli, ma il sistema corrotto composto da poliziotti e giudici compiacenti li assolvono e tentano di internare la donna in un ospedale psichiatrico. La donna scappa e riappare dopo cinque anni per consumare la propria vendetta.

“Peppermint” inizia immediatamente con l’uccisione di uno degli assassini dei suoi congiunti da parte della Riley e poi con un breve flashback e poche scene di raccordo si spiega allo spettatore la causa scatenante della vendetta. Si viene informati durante una riunione tra il FBI e la polizia di Los Angeles come la Riley si sia trasformata in una spietata vendicatrice, vivendo in Thailandia e combattendo nel pugilato locale. Già queste soluzioni narrative danno la cifra di “Peppermint”: i nessi causali sono un orpello di cui il regista si libera come una pratica necessaria, ma superflua visto che tutta la sua attenzione è nelle scene di azione in cui la Garner uccide tutti quelli che in qualche modo sono stati coinvolti con la morte del marito e della figlia.

Non cerchiamo temi impliciti e nascosti in una pellicola il cui unico scopo è quello di divertire. Gli elementi che permettono a “Peppermint” di essere una pellicola di genere di puro intrattenimento non sono solo al di sotto del minimo sindacale, ma completamente deficitari. Se la sceneggiatura è tutta focalizzata su un susseguirsi di scontri e di sparatorie di vario genere con dialoghi didascalici e rozze descrizione dei personaggi, la regia di Morel si riduce a un utilizzo della macchina da presa che registra gli avvenimenti in modo sequenziale e il flashback è quasi un corpo estraneo che persino rompe il ritmo della narrazione. La Garner è brava nei ruoli fisici (non utilizza quasi mai controfigure), ma la sua recitazione in “Peppermint” si trasforma in un puro esercizio ginnico ripetitivo e persino noioso.

Insomma, Morel porta a casa un prodotto che appare sempre più a un videogioco (e la fotografia satura con i colori nitidi) già visto e senza alcun nerbo. Il finale poi apre le porte a eventuali sequel con un’affermazione del fallimento non solo della giustizia, ma soprattutto del cinema.


23/03/2019

Cast e credits

cast:
Jennifer Garner, John Gallagher Jr, John Ortiz


regia:
Pierre Morel


titolo originale:
Peppermint


distribuzione:
Universal Pictures


durata:
101'


produzione:
Lakeshore Entertainment, Huayi Brothers e Tang Media Productions


sceneggiatura:
Chad St. John


fotografia:
David Lanzenberg


scenografie:
Ramsey Avery


montaggio:
Frédéric Thoraval


costumi:
Lindsay Ann Mckay


musiche:
Simon Franglen


Trama
Riley North, moglie felice e madre modello, assiste impotente all’omicidio del marito e della figlia per mano di alcuni narcotrafficanti. Gli autori sono catturati, ma sono liberati grazie a un sistema giudiziario corrotto. Alla donna non resta che scappare e preparare la sua vendetta solitaria.
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