È un cinema sulla resilienza, sull’affettività e il timore della solitudine, quello cui ci ha abituato il giovane regista francese Mikhaël Hers. Se in "Quel giorno d’estate" (2018), il giovane protagonista, in seguito a un attacco terroristico, perde la sorella e deve suo malgrado prendersi cura della piccola nipote Amanda, affrontando al contempo il proprio vuoto affettivo e le ansie della giovane orfana, in "Passeggeri della notte", l’evento traumatico è uno e bino: la separazione della protagonista Elisabeth e la necessità di trovare un lavoro, ma soprattutto di reinventarsi socialmente e affettivamente.
Il titolo del film prende apparentemente spunto dal titolo di una trasmissione radiofonica cui la protagonista partecipa in veste di centralinista prima e di conduttrice poi. In realtà, quella di essere come dei viaggiatori alla ricerca soprattutto di sé stessi è sotto traccia una dimensione esistenziale che coinvolge, oltre alla protagonista, anche coloro che le si muovono attorno: la figlia Judith e il figlio Matthias, desiderosi di fare esperienze, e Talulah, una giovane che sotto la scorza e l’abbigliamento della ribelle nasconde un animo fragile e bisognoso d’affetto. Talulah è accostabile alla Mousse protagonista de "Il rifugio" (2009), di Francois Ozon: introversa, spigolosa, con un passato difficile - e insondabile agli occhi dello spettatore - che le ha lasciato in eredità il pesante fardello della dipendenza dagli stupefacenti come contraltare della indipendenza dalla famiglia d’origine. Sul piano della sceneggiatura, la giovane età di Elisabeth abbatte i muri delle convenzioni sociali e favorisce l’interazione affettiva, anche grazie alle frequenti atmosfere notturne presenti in buona parte della diegesi, che ovattano le vite dei personaggi appianando molte delle distanze iniziali. La notte è infatti la dimensione temporale perfetta di una giovane madre che lavora in radio perché la mansione di bibliotecaria si è improvvisamente rivelata inadeguata, così come per Matthias e Talulah rappresenta la suggestiva cornice all’interno della quale fantasticare contemplando Parigi dal tetto della propria abitazione. Altra ambientazione che concilia il prevalere del pensiero sull’azione è il cinema: non solo Matthias e Talulah assistono alla proiezione di "Le notti della luna piena" (di Eric Rohmer), ma la giovane al cinema finirà per lavorarci. Il citazionismo cinefilo degli anni 80 si sostanzia anche della locandina che pubblicizza "Paris, Texas" di Wim Wenders. Con la pellicola di Wenders il film di Hers presenta diversi punti di contatto: ovviamente il titolo della prima rimanda alle location del secondo; in entrambe le opere vi è il tentativo da parte del/della protagonista di ricostituire i legami familiari, con la differenza che nel regista francese i ruoli sono meno polarizzati e schematici e si dà maggiore risalto al sentimento di famiglia più che alla famiglia nel senso tradizionale del termine; a sua volta il titolo "Passeggeri della notte" riecheggia un aspetto importante della trama del film di Wenders per il fatto che il protagonista di quest’ultimo vada insieme al figlio (passeggero nella sua auto) alla ricerca della moglie. Hers si conferma regista a suo agio con un sistema dei personaggi ridotto all’essenziale, ma efficacemente caratterizzato. Sopraffina la prova attoriale di Charlotte Gainsbourg, quanto mai calata nella parte, con il suo aspetto fisico che già parla di fragilità grazie a un’espressività mai debitrice dell’uso della parola. Dai tempi di "Jane Eyre" (1996) è passata parecchia acqua sotto i ponti, eppure il vino è invecchiato bene perché di qualità.
Per quanto riguarda le scelte di inquadratura, è ai frequenti totali a camera fissa della seconda parte del film che Hers affida il compito di sottolineare la ricerca del senso del nido familiare, sentimento che assimila Elisabeth al ruolo di chioccia, mentre le mezze figure o i primi piani con la cinepresa per lo più mossa evidenziano le sequenze nelle quali la solitudine è associata al rischio della solitudine. "Passeggeri della notte" è infine l’ennesimo esempio di cinematografia che guarda agli anni 80 con empito nostalgico, a prescindere dalle specificità del genere di film preso in considerazione. Tendenza, questa, che accomuna il cinema transalpino a quello nostrano ("Quando", "Stranizza d’amuri") e a quello a stelle e striscie ("Top Gun: Maverick").
cast:
Charlotte Gainsbourg, Quito Rayon Richter, Noée Abita, Megan Northam
regia:
Mikhaël Hers
titolo originale:
Les passagers de la nuit
distribuzione:
Wanted Cinema
durata:
111'
sceneggiatura:
Mikhaël Hers, Maud Ameline, Mariette Désert
fotografia:
Sébastien Buchmann
scenografie:
Charlotte de Cadeville
montaggio:
Marion Monnier
costumi:
Caroline Spieth
musiche:
Anton Sanko